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venerdì 20 novembre 2015

Ich bin ein Agrigentiner

Giusto un paio di giorni fa è uscito il suo nuovo libro, Chi ha paura non è libero, in cui racconta, con una prosa molto "istituzionale", la lotta italiana contro il terrorismo. Libro scritto prima dei fatti di Parigi, va sottolineato. Ma quello che mi ha colpito è che nel risvolto di copertina, Angelino Alfano parla di sé citando le sue esperienze politiche ma senza mai nominare la Democrazia Cristiana né Forza Italia. Curioso: solo Pdl e Ncd. Poi, qualche giorno dopo, il nome del ministro dell'Interno finisce sulle prime pagine di tutti i giornali e non solo, per le intercettazioni tra mafiosi corleonesi che avrebbero progettato di ucciderlo. «Deve fare la fine di Kennedy», dicevano più o meno. Naturalmente ad Alfano è arrivata tutta la solidarietà di rito, anche dagli avversari come Salvini (che però ne ribadisce «l'incapacità e l'inadeguatezza»); spicca per assenza Matteo Renzi, in realtà...
Ma è il paragone con Kennedy che cattura l'attenzione. Premesso che la stessa Procura di Palermo nutre dubbi sulla consistenza delle minacce, e considerato che pure lo stesso Totò Riina si lascia ogni tanto andare a improbabili commenti e valutazioni dal carcere, il parallelo tra l'enfant prodige della Dc siciliana e il fascinoso rampollo della dinastia irlandese è interessante. Solo alcuni, a sinistra, hanno sommessamente fatto notare che le motivazioni del presunto attentato starebbero in un "tradimento" di fantomatiche promesse fatte ai boss. Dice uno dei mafiosi intercettati e poi arrestati: «Questo Angelino Alfano è un porco con le persone, chi minchia glielo ha portato allora qua con i voti di tutti, degli amici? È andato a finire là, insieme a Berlusconi ed ora si sono dimenticati di tutti». In pratica gli rimproverano di aver dimenticato i suoi trascorsi politici... Proprio come è successo nel risvolto dell'ultimo libro di Angelino.
E JFK? Semplice: aveva vinto le elezioni con i voti della mafia italo-americana (fatto conclamato) e poi aveva voltato le spalle agli "amici". Secondo questi corleonesi sarebbe stata la mafia stessa a fargliela pagare. Ad Alfano avrebbero voluto dunque riservare la stessa «botta in testa», interpretata dunque come la fucilata che uccise 52 anni fa a Dallas, Texas, il 35esimo presidente degli Stati Uniti d'America, John Fitzgerald Kennedy.
Stavolta però i boss non erano neanche d'accordo sul luogo dell'attentato: Roma o Agrigento? E chi avrebbe recitato la parte di Lee Harvey Oswald?
I motivi di tanto odio risiedono nell'inasprimento del carcere duro (il 41 bis) per i condannati per mafia. Sembra un revival del famigerato papello di Riina... O dello storico striscione alla Favorita di Palermo: 22 dicembre 2002, «Uniti contro il 41 bis. Berlusconi dimentica la Sicilia».
Alfano replica, con una teatralità di linguaggio che ne qualifica perfettamente le origini agrigentine, «la liberazione della nostra amata Sicilia e del nostro Paese da questi maledetti vale più della vita di ciascuno di noi». Kennedy disse pure: «Perdona i tuoi nemici, ma non dimenticare mai i loro nomi».

martedì 24 marzo 2015

Torna a casa Alessi

Io me lo ricordo bene quando nacque il Pd. Nel 2007 ero a Firenze all'ultimo congresso, quello di scioglimento, dei Democratici di Sinistra. Una delle principali critiche che venivano mosse allora era che il Partito Democratico stava nascendo come una fusione a freddo tra due partiti, appunto i Ds e la Margherita. Ho sempre sottoscritto l'obiezione e, nonostante i risibili tentativi di negare che i partiti fondatori fossero solo l'erede del Pci-Pds e uno dei tanti nipotini della Balena bianca, quando vedo come è finito il Pd di adesso, mi sembra che la vecchia critica rimanga sempre attuale. Soprattutto perché, a qualche anno di distanza, la situazione è degenerata.
Naturalmente lo spunto è il caso di Agrigento con le sue grottesche primarie per il candidato sindaco. Non uso termini come "assurdo" né "incredibile" o simili. Perché ormai, e non lo dico per rassegnato fatalismo terrone, di incredibile e assurdo nella politica siciliana rimane ben poco. Nel senso che anche le più strane situazioni rispondono alle logiche del potere. E così è persino comprensibile che il Pd (tanto quello della "Ditta", quanto quello che twitta), pur di vincere e governare, a più livelli, finisca per accettare e anzi sponsorizzare alleanze indifendibili, glissando su Silvio Alessi, presidente dell'Akragas, legato a Forza Italia e sospinto dai voti degli elettori di centrodestra verso la vittoria delle primarie di centrosinistra. Alessi è lo stesso che due anni fa ringraziò pubblicamente il compaesano Angelino Alfano, senza il cui interessamento la locale squadra di calcio non avrebbe ottenuto la sponsorizzazione dell'Enel. Senza buttarla sui soliti cliché della Sicilia irredimibile sciasciana, dei paradossi pirandelliani o del famigerato laboratorio politico, quello che è successo all'ombra dei templi (d'altronde, il più importante si chiama "della Concordia") è la conferma di ciò che quel partito, che nasceva sotto lo stereotipo della formazione progressista-ma-anche-moderata, è ormai da qualche anno. Una macchina elettorale oliata solo per vincere. In cui la parola "sinistra" provoca reazioni allergiche, o perlomeno fastidi. E basta con questa vecchia politica, gli stereotipi, i luoghi comuni, bla bla bla, sembrano ripetere i nostri eroi democratici. La politica è cambiata. Le ideologie sono morte. Silvio Alessi è legittimamente il candidato sindaco del centrosinistra ad Agrigento, e può continuare a raccontare la favoletta dell'esponente della società civile su cui convergono voti e sostegno dei partiti. Lo confermano le dichiarazioni del presidente della Regione Crocetta, peraltro, secondo cui ad Agrigento «Forza Italia è spaccata in due e non alleata del Pd». Parole e concetti che neppure un renziano di ferro, finanche Renzi stesso...
Nella città che ha avuto per sette anni un sindaco eletto in una spuria coalizione di centro-centrosinistra, Marco Zambuto, riconfermato dopo passaggi vari tra Udc e Pdl, infine approdato al Pd renziano, di cui è diventato uomo di punta nell'Isola (presidente dell'assemblea regionale del partito; a sorpresa trombato alle Europee; dimessosi da sindaco per una condanna a due mesi e 20 giorni per abuso d'ufficio, poi annullata in Appello), ecco, in una città così Alessi è la perfetta prosecuzione del Pd con altri mezzi. Con buona pace di von Clausewitz.

lunedì 22 settembre 2014

Mi è semblato di vedele un patto

A volte non bastano neanche 4mila e 500 preferenze (4.584, per la precisione) per entrare in un consiglio regionale, ché poi, trattandosi dell'Assemblea regionale siciliana, la famigerata Ars, è una specie di parlamentino a parte. Ecco, nell'ottobre 2012 Giambattista Bufardeci, detto "Titti" (sic), non ce l'ha fatta a essere eletto a Palazzo dei Normanni nonostante questi numeri. Era il capolista in provincia di Siracusa di Grande Sud, l'ennesima sigla elettorale del presunto smarcamento di Gianfranco Micciché dal centrodestra berlusconiano.
Ora Titti ha aderito a Centro Democratico. Sì, il partito di Bruno Tabacci, il "compagno Bruno" (anzi, BR1), quello che piace a certi buontemponi marxisti. Quindi ora Bufardeci sta dalle parti della maggioranza di Crocetta. E, chissà quanto casualmente, il presidente della Regione ha designato proprio l'ex sindaco di Siracusa come membro del Cga, il Consiglio di giustizia amministrativa che in Sicilia agisce come se fosse il Consiglio di Stato. L'altro membro, en passant, è Elisa Nuara, ex assessore a Gela quando Saro ne era il sindaco.
Saranno coincidenze, saranno cattivi pensieri, ma intanto la Regione designa due persone sulla carta "favorevoli" alla vigilia della decisione del Cga sulle elezioni suppletive in nove sezioni tra Rosolini e Pachino, provincia di Siracusa. La questione l'ha ben spiegata qualche giorno fa su Repubblica Emanuele Lauria: gente eletta con il Pdl che ora sta con Alfano, eletti con l'ala destra dell'Udc che invece appoggiano la maggioranza di Crocetta, candidati casiniani che si sono riconvertiti in berlusconiani e via dicendo. Compresi i "santini" elettorali vecchi di due anni riproposti nonostante sia cambiato quasi tutto (cioè niente, per restare al solito stereotipo gattopardiano dell'Isola).
Ecco, in tutto ciò arrivano le nomine puntuali di Crocetta. Bufardeci al Cga e il renziano Piergiorgio Gerratana (di Rosolini, guarda caso) assessore regionale all'Ambiente. Uno si gioca le carte che ha.
Giovedì 25 settembre il Cga dovrà decidere se confermare le elezioni suppletive nell'estremo sud della Sicilia. La decisione dovrà prenderla quindi anche Titti Bufardeci, sindaco di centrodestra a Siracusa dal 22 dicembre 1999 al primo marzo 2008, poi vicepresidente della Regione per quasi due anni con Lombardo presidente (ruolo ricoperto, peraltro, per sei mesi già a fine anni Novanta quando il presidente era il mio compaesano Peppe Drago). Alle Regionali del 2008 aveva ottenuto la bellezza di 17.216 preferenze. Ah, da ex capogruppo di Grande Sud è indagato per le spese pazze dei rimborsi ai gruppi consiliari.
Ma Crocetta, non ho dubbi, sa essere garantista.

Aggiornamento del 26 settembre 2014. Con un po' di ritardo, il Cga ha deciso. Il 5 ottobre si voterà alle mini-elezioni regionali di Pachino e Rosolini. Immagino un'affluenza da plebiscito.

sabato 12 aprile 2014

Sì, la vita è tutta è un quid

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Ncd: per presidenza partito candidatura unitaria Alfano
(ANSA) - ROMA, 12 APR - È scaduto alle ore 17 di oggi il
termine per la presentazione delle candidature a presidente del
Nuovo Centrodestra e della raccolta delle firme necessarie a
sostegno. È stata presentata la candidatura unitaria di
Angelino Alfano.
   L'elezione avrà luogo domani mattina, nella terza e ultima
giornata dell'assemblea costituente di Ncd. Alle ore 11 di
domani, Alfano terrà il suo intervento conclusivo. (ANSA).
     FTM-COM/FTM
12-APR-14 18:57 NNNN
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Questa valeva davvero la pena metterla per intero... È una di quelle volte in cui il copia e incolla aiuta moltissimo a spiegare. La brevità di un'agenzia di stampa è di straordinario conforto per capire dove sta la vera notizia. E la notizia è che Angelino Alfano ha finalmente trovato il quid: un partito tutto suo in cui è sostanzialmente leader incontrastato. Da vero delfino (post)berlusconiano. D'altra parte il ministro agrigentino può vantare un primato: è e rimarrà l'unico politico nella storia a potersi vantare di essere stato segretario politico del Popolo della Libertà. Se non altro perché è stato davvero l'unico, non solo il primo...
E dunque, leggendo quell'agenzia Ansa (ma anche le analoghe Agi e LaPresse), non ho potuto far altro che richiamare alla mente il 1° luglio 2011. Vale a dire quella volta in cui Alfano fu nominato segretario del Pdl. Eletto per «applauso, a suffragio generale». Una modalità che forse andrebbe inserita anche tra le varie ipotesi di riforma elettorale, perché no. Quell'acclamazione plebiscitaria, a candidatura unica, fu proposta e ottenuta dall'allora padrino (per cortesia: alla latina, nel senso di sponsor) di Alfano. Silvio, rimembri ancora?

P.S. Ncd, oltre che acronimo di Nuovo Centrodestra, nel latino giuridico (e Alfano, d'altra parte, è avvocato) significa "nemine contradicente", cioè "all'unanimità". Appunto.

domenica 2 marzo 2014

Verde, bianco e Granata

"Che fine ha fatto Fabio Granata?". Partiamo da questa domanda, che giusto qualche giorno fa mi è stata riproposta dal mio caposervizio al giornale. Tempo fa avevo scoperto che in Italia, dove nascono più partiti politici che imprese, stava per vedere la luce un nuovo movimento ambientalista, Green Italia. Normalmente, nel panorama politico europeo e soprattutto italiano, un partito ecologista lo collocheresti quasi automaticamente a sinistra. Ma Green Italia regalava una sorpresa: oltre a gente che veniva dai Verdi (quelli del "sole che ride", compreso lo stesso Angelo Bonelli oggi consigliere comunale a Taranto), da Legambiente, dalla Cgil, ex deputati del Pd (gli ecodem Ferrante e Della Seta), c'è proprio lui, Granata, tra i fondatori del movimento.
I servizi tv che in questi giorni parlavano di Green Italia dicevano "né destra né sinistra, un movimento trasversale", e spuntava appunto Granata. Solo che, andando sul sito del nuovo partito, forse non si capisce il perché di questa premessa. Ecco come lui stesso si presenta:
Avvocato penalista, Assessore ai Beni Culturali fino al 2004 e poi Assessore al Turismo della regione Sicilia. In questa veste si adopera per bloccare le trivellazioni petrolifere che erano state autorizzate nel Val di Noto, patrimonio dell’Umanità per l’Unesco, e istituisce la Soprintendenza del mare. Dal 2008 al 2013 è Vicepresidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.
Un siciliano antimafia, ambientalista (è anche nel direttivo nazionale di Legambiente), impegnato nella promozione culturale, europeista. Uomo di destra. Di una certa destra siciliana non democristiana e pre-berlusconiana, a voler banalizzare tantissimo, borselliniana. Epperò, Benedetto Fabio Granata, classe 1959, siracusano ma nato a Caltanissetta, nella sua biografia su Green Italia non parla affatto di questa sua militanza politica. A leggere quelle righe, sembrerebbe persino un "tecnico" prestato alla politica... Elenchiamo invece in breve: Fronte della Gioventù, Msi (corrente Pino Rauti...), Alleanza Nazionale, poi Pdl e infine Futuro e Libertà. Di Fli anzi era una delle anime più dure e pure, un fedelissimo finiano anti-berlusconiano. Negli anni Novanta ci fu anche un fugace avvicinamento a La Rete di Leoluca Orlando. Ora l'ambientalismo "trasversale". Nel mezzo, tanto per non farsi mancare nulla, l'apertura di un blog su ilfattoquotidiano.it, in ossequio alla massima "il nemico del mio nemico è mio amico", credo. Ultimo post: 25 settembre 2012.
Più recente invece quello che ha detto di Matteo Renzi: «In Parlamento non ha pronunciato una sola volta la parola mafia: come in Johnny Stecchino, con la burocrazia al posto del traffico». Il traffico è una grande minaccia per l'ambiente, in effetti.

mercoledì 10 aprile 2013

Via Crucettis

Chissà come ci starebbe anche la bandiera siciliana...
Finalmente anche la Sicilia ha i suoi tre delegati per l'elezione del presidente della Repubblica. Di solito a votare per il capo del Quirinale vanno il presidente della Regione, il presidente dell'Ars (il parlamentino siciliano) e un esponente dell'opposizione. Non sempre è così, comunque: nel 2006, ad esempio, andarono il deputato regionale di Forza Italia Giuseppe Catania (si disse che era un risarcimento per la mancata ricandidatura alle regionali...), il presidente dell'Ars Guido Lo Porto (Alleanza Nazionale) e l'allora capogruppo dei Ds Calogero "Lillo" Speziale, compaesano di Crocetta.
In Sicilia, quando c'è di mezzo la politica, le cose non sono mai troppo scontate. Così, la nomina del governatore Rosario Crocetta e del capo di Palazzo dei Normanni Giovanni Ardizzone è dovuta passare dal voto dell'aula. Sì, sono stati effettivamente scelti, come era previsto, ma il sistema di voto segreto ha garantito qualche sorpresa e forse fatto emergere alcune crepe nella maggioranza.
Sembrava che la partita si dovesse giocare tutta sulla nomina dell'esponente di opposizione. E la lotta era tra il centrodestra e il Movimento 5 Stelle, due modi diversi di fare opposizione (però tutti e due hanno votato provvedimenti della maggioranza di Crocetta). Alla fine l'ha spuntata Francesco Cascio del Pdl, ex presidente dell'Ars. Nel voto segreto a doppia preferenza ha avuto il sostegno di tutto il centrodestra ma anche quello trasversale di alcuni franchi tiratori della maggioranza. Cascio ha superato il grillino Salvatore Siragusa, che però a sua volta ha preso soltanto quattro voti in meno di Crocetta.
Ecco il problema. Ardizzone ha fatto en plein, mentre Crocetta ha dovuto fare i conti con 12 franchi tiratori del centrosinistra. In un momento in cui i malumori della maggioranza si fanno sentire, soprattutto per alcune nomine dirigenziali (non ultima quella pensata per Ingroia) e per le prossime alleanze alle amministrative. Naturalmente tutti i partiti della coalizione di Crocetta, Udc compresa, rivendicano la correttezza delle loro azioni e ribadiscono di aver votato il presidente. Sarà, ma intanto quei dodici voti mancanti sono finiti a Siragusa del M5S.
Dunque ai parlamentari in seduta congiunta per scegliere il prossimo inquilino del Quirinale si aggiungeranno: uno di (centro)sinistra, un centrista ma coalizzato con il Pd e uno del Pdl. Ah, naturalmente i grillini parlano di inciucio. E lo chiamavano "modello Sicilia"...

Questi i risultati dettagliati:
Giovanni Ardizzone (Udc) 46
Francesco Cascio (Pdl) 33
Rosario Crocetta (lista Crocetta - Il Megafono) 29
Salvatore Siragusa (M5S) 25
Gianina Ciancio (M5S) 16
Marco Falcone (Pdl) 2
Nello Musumeci (La Destra, lista Musumeci) 2
Salvatore Cascio (Pid - Cantiere Popolare) 2
Valeria Sudano (Pid - Cantiere Popolare) 1
Antonio Malafarina (lista Crocetta - Il Megafono) 1
Antonino D’Asero (Pdl) 1
Toto Cordaro (Pid - Cantiere Popolare) 1
Roberto Clemente (Pid - Cantiere Popolare) 1
Antonio Venturino (M5S) 1
Raffaele Nicotra (Udc) 1
Vincenzo Fontana (Pdl) 1
Nino Germanà (Pdl) 1
Una scheda nulla perché c'erano scritti tre nomi, anziché due. Chissà chi era l'intruso.

lunedì 23 gennaio 2012

Cammarata con svista

Non sono palermitano e devo ammettere che ogni tanto mi dà pure fastidio quando si tende a identificare l'intera Sicilia con il suo capoluogo. Palermo non è tutta la Sicilia, la Sicilia non è tutta a Palermo. Però è ovvio che quello che succede lì è fondamentale per tutta la regione e gli sviluppi politici della "capitale" sono importanti a livello nazionale.
prego
Nella prossima primavera i palermitani andranno a votare per il nuovo sindaco della città. Il primo cittadino uscente, Diego Cammarata, ha già raggiunto i due mandati ma una settimana fa ha pure deciso di lasciare in anticipo. E oggi è stata nominata Luisa Latella, attuale prefetto di Vibo Valentia, come commissario straordinario fino alle elezioni. Palermo è sommersa dai rifiuti, Cammarata è stato spesso assente, la sua attività amministrativa è stata mediocre, la sua maggioranza ha perso pezzi per strada, eppure l'abbronzatissimo Diego ha rivendicato i meriti della sua sindacatura. Rilanciando, peraltro.
«Mi dimetto perché non intendo dare alibi a nessuno in vista delle elezioni di primavera e rimanere abbarbicato alla poltrona per l'indennità. Sicuramente, non me ne vado perchè mi sono stancato di fare il sindaco, questa è una sciocchezza. Ma è atto di amore e responsabilità per questa citta. Chiudo 10 anni di amministrazione e posso andare a testa alta e reggere lo sguardo di alleati e avversari, senza la necessità di dovere abbassare gli occhi. Tra le ragioni delle mie dimissioni c'è anche l'immobilismo del Consiglio comunale che da due anni è in mano al centrosinistra e ha prodotto solo gettoni di presenza per i consiglieri. Il consiglio è stato vergognoso e l'atteggiamento sciagurato mi ha indignato»
Così diceva Cammarata al momento delle sue dimissioni. Insomma, non difetta certamente di autostima, l'amico di Gianfranco Micciché. E siccome Palermo non può venir meno alla tendenza recente di un centrodestra siciliano spaccato, ecco che Cammarata si scaglia contro la Regione, dunque contro Raffaele Lombardo e contro l'Mpa: «Una gestione commissariale costringerà la Regione ad assumersi piena responsabilità nei confronti della città. Lombardo non lo ha fatto nel passato e con me sindaco non lo farebbe di certo nei prossimi mesi di campagna elettorale». Volano parole grosse in quella che una volta era la grande famiglia della destra siciliana; per il governatore, Cammarata è stato il peggiore sindaco di Palermo.
Give him five
LAGALLA NEL POLLAIO. Tra una smentita e un'accusa («Mediaset? Ipotesi di fantasia. Non ho nessuna poltrona pronta, torno a fare l'avvocato e mi occuperò della mia famiglia»), l'ex sindaco di Palermo, andandosene, lascia comunque un vuoto nel centrodestra, costringendo il Pdl a trovare un candidato valido. Ai palermitani non piacerà il paragone, ma la situazione è simile a quella della Catania post-Scapagnini. Già prima che Cammarata si dimettesse, avevo azzardato un'ipotesi: Roberto Lagalla. Ex assessore alla Sanità in una giunta regionale Cuffaro e ora rettore dell'università di Palermo. Avevo notato che il professore stava godendo di un discreto trattamento stampa e mi sembrava che si stesse preparando una campagna sotterranea per lanciarlo.
Pare proprio che sia così, anche perché Lagalla potrebbe raccogliere attorno a sé l'Udc e partiti e movimenti finora recalcitranti come Grande Sud di Micciché. Il rettore potrebbe ricostituire un solido polo di centrodestra. Mpa escluso, ovviamente. I vertici nazionali e regionali pidiellini sono netti: nessuna alleanza con Lombardo. Dalla parte degli autonomisti è sceso già in campo Francesco Musotto, che contro Cammarata si presentò nel 2002. Lagalla comunque dovrebbe (dovrebbe) passare per le primarie.


lunedì 7 novembre 2011

61-0, e palla al Centro

Diversi modi di gestire la sconfitta in Sicilia... (da Rosalio.it)
La prima volta che ho votato alle elezioni era il 13 maggio 2001 (sì, quelle elezioni). Io sono un assiduo frequentatore dei seggi, le elezioni per me sono sempre un appuntamento molto importante, nonostante tutto e tutti. Certo, un battesimo di fuoco come quello non lo dimentico: erano le elezioni del famoso e famigerato 61-0, il "cappotto" siciliano dell'armata berlusconiana sulle macerie del centrosinistra. Risultato che ha lasciato più di un trauma. Col tempo, comunque, le risposte al perché l'Ulivo perse così sono arrivate da sole: ad Acireale schierò Vittorio Cecchi Gori, tanto per dirne una. Cecchi Gori? Ad Acireale?!?
Ora quella Sicilia politicamente (forse) non c'è più, ma non per eventuali meriti del centrosinistra, quanto per le acrobazie, i trasformismi e i ribaltoni della sterminata galassia della destra siciliana. La verità l'ha detta Angelino Alfano nove mesi fa, prima di diventare il segretario politico del Pdl, ma già ben consapevole del suo ruolo. Alfano ammoniva che "la maggioranza dei siciliani resta di centrodestra". E non gli si può dare torto. Sono le elezioni a confermarlo. Solo che è cambiato il centrodestra. Frammentato, spaccato, l'un contro l'altro armati.
Spesso si sente ripetere banalmente che la Sicilia è un laboratorio politico: non si può negare in effetti che la Trinacria inauguri fenomeni e tendenze che poi trovano (più o meno) fortuna anche a Roma. Vero che Futuro e Libertà è sostanzialmente Gianfranco Fini, ma tra i nomi di spicco ci sono i falchi siciliani Fabio Granata e Carmelo Briguglio. E l'Mpa è una creatura del governatore siciliano Raffaele Lombardo.
Ed è qui che volevo arrivare. Lasciando perdere le complicate e a volte inspiegabili geometrie dei palazzi palermitani, stavo notando in questi giorni che tra i tanti, veri o presunti "traditori", ex fedelissimi che stanno (starebbero) abbandonando Berlusconi, i siciliani fanno la loro bella figura. Si va dalle ex colombe di Fli Adolfo Urso e Pippo Scalia, che hanno lasciato il gruppo finiano per il misto, hanno dato la loro fiducia l'ultima volta ma ora sembrano insofferenti. Poi c'è il battitore libero Domenico "Mimmo" Scilipoti che, sempre parlando di sé in terza persona, non esclude sorprese. Figurarsi.
Il nuovo approdo dei delusi del Pdl sembrerebbe essere l'Udc. Eppure dai centristi fuoriusciti che facevano capo al ministro Saverio Romano (e ancora prima a Cuffaro) arrivò alla maggioranza la stampella salvifica del Pid. Quel partito-movimento però ha perso per strada pezzi importanti come Calogero Mannino, e ora Pippo Gianni non garantisce nulla sulla fiducia.
Uno dei critici della prima ora era stato Antonio Martino, ex ministro e tessera numero 2 di Forza Italia. Uno degli ultimi è invece suo cugino Francesco Stagno d'Alcontres, barone di Scuderi, nato a Malta. Da qualche mese tra i transfughi miccicheani, ha lasciato poco spazio ai dubbi, con un realismo politico da manuale: «Un sacco di deputati, annusando l'emergenza, vanno a Palazzo Grazioli per ricattare il premier. Io non posso perdere la faccia con i miei elettori, quindi chiedo anche io». Apprezzabile l'onestà intellettuale, diciamo così. E comunque le sue richieste, almeno, riguardano gli aiuti per le zone di Messina sommerse dal fango nel 2009.
I nomi sarebbero ancora tanti, soprattutto se si va ad analizzare cosa succede nelle singole realtà locali, nelle amministrazioni e nei circoli di partito in Sicilia. Quasi tutto sembra muoversi in quel variegato magma che è il centro cattolico, nella migliore tradizione della Sicilia come feudo democristiano (ex-, post-, neo-).
Prima e Seconda Repubblica
Vorrei chiudere però con un'eccezione di grande rilievo. Si chiama Carlo Vizzini, un nome per niente sconosciuto a chi abbia qualche ricordo della cosiddetta Prima Repubblica. Il senatore Vizzini è stato segretario dell'ormai disciolto Partito socialdemocratico (Psdi) e non ha mai dimenticato le sue origini politiche. Il Pdl vuole diventare il raggruppamento dei cattolici moderati, quindi non c'è più spazio per un socialista come lui. E infatti ha precisato, a scanso di equivoci, di aver aderito al Psi di Riccardo Nencini, che sta dalle parti del centrosinistra: «Non morirò democristiano, io che nel 1992 fondai con Craxi e Occhetto il Partito socialista europeo».
Avevo nove anni quando vidi il primo comizio della mia vita: 1992, Achille Occhetto a Modica. Il cerchio si chiude?

Aggiornamento dell'8 novembre 2011.
Il voto alla Camera sul Rendiconto dello Stato per il 2010 ha decretato ormai la fine della maggioranza di centrodestra. Al colpo hanno contribuito anche le assenze di Mannino e Stagno d'Alcontres. Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?

venerdì 1 luglio 2011

L'Angelino custode, segretario e tuttofare

Niente burocrazia, per favore. Mica abbiamo tempo da perdere. Le nomine si fanno per acclamazione. Quindi Angelino Alfano diventa segretario politico del Pdl in pochi secondi. «Gli organizzatori del Pdl hanno previsto da statuto una votazione che prevede i due terzi, ma io da presidente e fondatore del partito vi propongo l'elezione di Alfano con questo applauso, a suffragio generale», Berlusconi dixit al Consiglio nazionale del suo partito. Basta con le burocrazie interne, facciamo presto, siamo il governo (e anche il partito) del fare. Un solo voto contrario su 1.107, quello del consigliere friulano Antonio Pedicini.
L'Angelino e il santino
Dunque Angelino, il giovane Angelino, il quarantenne Angelino, il ministro Angelino, il "mai menzognero" (cit.) Angelino, il giornalista pubblicista Angelino, l'avvocato Angelino, è da oggi il segretario Angelino. A 19 anni è diventato pubblicista, a 24 è stato eletto consigliere provinciale ad Agrigento, a 26 deputato all'Ars (il più giovane di quella legislatura), dal 1998 al 2001 capogruppo regionale di Forza Italia, a 31 anni eletto per la prima volta alla Camera, a 37 anni e mezzo è il più giovane ministro della Giustizia della storia repubblicana. Giovane, ma da un po' studia da leader. E a 40 diventa il più giovane segretario politico della storia del Pdl. Come dite, è il primo? Ah. E chiede pure che sia il "partito degli onesti"? Ah.