Uno studio dell'Università di Zurigo, pubblicato cinque anni fa sulla rivista Annals of Epidemiology, diceva che "la morte preferisce i compleanni". L'analisi, effettuata sulle statistiche di 40 anni di decessi in Svizzera (2,4 milioni di persone), arrivava alla conclusione che le morti avvenute nei giorni di compleanno sono state il 13,8% in più rispetto a qualsiasi altro giorno dell'anno. Chiedere per informazioni a William Shakespeare o Ingrid Bergman.
Perché succede? Naturalmente è fortissima la componente del caso. Ma non solo: il fattore di rischio sale al 18% tra gli ultrasessantenni, a volte legato a una serie di tendenze psicologiche che favorirebbero il decesso, soprattutto tra gli uomini e gli anziani.
Ci si lascia andare alla tristezza, pare. Oppure, al contrario, c'è la "teoria del rinvio": resistere almeno fino al giorno del proprio compleanno e poi magari abbassare le difese. Questo, scrivevano gli studiosi svizzeri, capita in generale tra le persone gravemente ammalate. E poi ci sono quelli che muoiono pochissimi giorni prima o pochissimi giorni dopo il compleanno, naturalmente.
Insomma, un po' è il caso, un po' anche le coincidenze hanno un fondamento scientifico.
Dunque: un uomo, anziano, gravemente ammalato. Degnamente e dignitosamente assistito, peraltro. Ecco, Totò Riina stava per morire il giorno del suo compleanno. E invece, lui che se ne è sempre fregato di qualsiasi regola e non ha mai avuto rispetto per nulla in vita, ha fatto a modo suo anche in punto di morte, rinviando di un giorno. Giusto in tempo per ricevere gli auguri social del figliolo. Perché alla fine i Riina si lamentano e chiedono silenzio, ora. Silenzio, cioè la parola d'ordine della filosofia mafiosa dell'omertà. Chiedono silenzio però usano Twitter e Facebook per rivendicare un orgoglio di famiglia di cui francamente faremmo un po' tutti volentieri a meno.
Io, da parte mia, non dico altro sulla morte della belva di Corleone, criminale e stragista. Vogliono il silenzio? Lo avranno, se proprio ci tengono. Una forma singolare di garantismo... Ma non è oblio. Possiamo anche non parlarne più, signori Riina-Bagarella, ma star zitti non vuol dire dimenticare. Io continuerò a ricordare tutto lo schifo che ha commesso.
E ricorderò una persona straordinaria che al contrario è morta effettivamente il giorno del suo compleanno. Si chiama don Pino Puglisi. Lui è beato, Riina invece non avrà i funerali in chiesa. Giusto così, questo è l'unico silenzio che merita un boss.
sabato 18 novembre 2017
lunedì 6 novembre 2017
Status qui pro quo
Dunque, qualche domanda, per quanto retorica.
Se alle regionali in Sicilia vince il centrodestra, però per governare ha bisogno dei voti di parte del centrosinistra, la colpa è della sinistra?
Se il Movimento 5 Stelle è il primo partito ma non riesce a governare, la colpa è solo della legge elettorale?
Se il centrosinistra perde malamente (perché - spoiler - HA PERSO), la colpa è del presidente del Senato che non si è voluto candidare, facendo "perdere tempo" alla coalizione?
Se a Matteo Renzi non è mai fregato granché della Sicilia, e di buona parte del Sud in generale, la colpa è solo ed esclusivamente del Sud e della Sicilia?
Se l'anonimo candidato di centrosinistra Fabrizio Micari ha perso, la colpa è del candidato di sinistra Claudio Fava e del governatore uscente Rosario Crocetta, nonostante Micari avesse designato il suo stesso assessore al Bilancio imposto da Roma?
Perché quasi nessuno ha parlato di immigrazione in campagna elettorale, nonostante la collocazione, non solo geografica, della Sicilia?
Perché anche la mafia è rimasta il solito convitato di pietra, nonostante Nello Musumeci abbia riproposto una vecchia frase di Paolo Borsellino e la sinistra abbia candidato il vicepresidente della commissione Antimafia?
Insomma, tutte queste domande hanno già tutte una risposta abbastanza chiara, appunto retorica. Quindi è piuttosto singolare che in questo continuo ping pong, tra rimpalli di responsabilità e pretese di aver vinto (in Sicilia, più ancora che in Italia, nessuno perde mai davvero alle elezioni...), nessuno dica l'unica vera verità: è successo quel che si sapeva sarebbe successo.
Perché Musumeci sarà pure una brava persona, ma dietro c'è Gianfranco Miccichè, architetto di qualsivoglia alleanza post-elettorale in Sicilia. Cinque anni fa furono i centristi-autonomisti di Miccichè a garantire la maggioranza all'Ars al sinistro Rosario Crocetta, ora saranno i centristi-moderati di alcune liste di centrosinistra a tappare quei piccoli buchi che separano Musumeci dal governare con relativa tranquillità.
Vero che il trasformismo lo "inventò" il lombardo Depretis, ma è con l'agrigentino Francesco Crispi che raggiunse grandi e ineguagliate vette. Se dall'Ottocento la Sicilia è la terra che più di tutte codifica la logica del ribaltone, milazzismo compreso, non c'è allora da meravigliarsi se anche stavolta andrà così. D'altra parte, forse il Pd se l'è dimenticato, ma le giunte regionali dell'impresentabile Lombardo si sono rette sulla convergenza del centro-sinistra (col trattino).
Sarà la mutazione genetica, sarà la retorica nuovista del renzismo, sarà quel che si vuole, ma se il centrosinistra perde in alleanza con Angelino Alfano, è mai possibile che da quelle parti non si faccia autocritica e anzi si imputi la sconfitta ad altri, persino alla seconda carica dello Stato, per Costituzione il vicepresidente della Repubblica? L'elettorato siciliano, lo disse non troppo tempo fa lo stesso Alfano, è tendenzialmente di centrodestra. Quindi, morale finale, la colpa è della sinistra...
Se alle regionali in Sicilia vince il centrodestra, però per governare ha bisogno dei voti di parte del centrosinistra, la colpa è della sinistra?
Se il Movimento 5 Stelle è il primo partito ma non riesce a governare, la colpa è solo della legge elettorale?
Se il centrosinistra perde malamente (perché - spoiler - HA PERSO), la colpa è del presidente del Senato che non si è voluto candidare, facendo "perdere tempo" alla coalizione?
Se a Matteo Renzi non è mai fregato granché della Sicilia, e di buona parte del Sud in generale, la colpa è solo ed esclusivamente del Sud e della Sicilia?
Se l'anonimo candidato di centrosinistra Fabrizio Micari ha perso, la colpa è del candidato di sinistra Claudio Fava e del governatore uscente Rosario Crocetta, nonostante Micari avesse designato il suo stesso assessore al Bilancio imposto da Roma?
Perché quasi nessuno ha parlato di immigrazione in campagna elettorale, nonostante la collocazione, non solo geografica, della Sicilia?
Perché anche la mafia è rimasta il solito convitato di pietra, nonostante Nello Musumeci abbia riproposto una vecchia frase di Paolo Borsellino e la sinistra abbia candidato il vicepresidente della commissione Antimafia?
Insomma, tutte queste domande hanno già tutte una risposta abbastanza chiara, appunto retorica. Quindi è piuttosto singolare che in questo continuo ping pong, tra rimpalli di responsabilità e pretese di aver vinto (in Sicilia, più ancora che in Italia, nessuno perde mai davvero alle elezioni...), nessuno dica l'unica vera verità: è successo quel che si sapeva sarebbe successo.
Perché Musumeci sarà pure una brava persona, ma dietro c'è Gianfranco Miccichè, architetto di qualsivoglia alleanza post-elettorale in Sicilia. Cinque anni fa furono i centristi-autonomisti di Miccichè a garantire la maggioranza all'Ars al sinistro Rosario Crocetta, ora saranno i centristi-moderati di alcune liste di centrosinistra a tappare quei piccoli buchi che separano Musumeci dal governare con relativa tranquillità.
Vero che il trasformismo lo "inventò" il lombardo Depretis, ma è con l'agrigentino Francesco Crispi che raggiunse grandi e ineguagliate vette. Se dall'Ottocento la Sicilia è la terra che più di tutte codifica la logica del ribaltone, milazzismo compreso, non c'è allora da meravigliarsi se anche stavolta andrà così. D'altra parte, forse il Pd se l'è dimenticato, ma le giunte regionali dell'impresentabile Lombardo si sono rette sulla convergenza del centro-sinistra (col trattino).
Sarà la mutazione genetica, sarà la retorica nuovista del renzismo, sarà quel che si vuole, ma se il centrosinistra perde in alleanza con Angelino Alfano, è mai possibile che da quelle parti non si faccia autocritica e anzi si imputi la sconfitta ad altri, persino alla seconda carica dello Stato, per Costituzione il vicepresidente della Repubblica? L'elettorato siciliano, lo disse non troppo tempo fa lo stesso Alfano, è tendenzialmente di centrodestra. Quindi, morale finale, la colpa è della sinistra...
venerdì 3 novembre 2017
Sei gradi di separatismo



Morale: son tutti siciliani, con l'autonomia degli altri.
giovedì 2 novembre 2017
Liste ciniche

Dunque, almeno la candidatura di Roberto La Rosa ha il pregio della chiarezza. La faccia, il nome, il movimento, il simbolo, lo slogan. Tutto chiaro, senza particolari equivoci.


Invece mi ha colpito, forse anche perché l'ho visto di persona, il manifesto elettorale di Fabrizio Micari. Criptico, non so quanto volontariamente. Un slogan apparentemente inoffensivo ("La sfida gentile") e la totale assenza di simboli di partito. Molti ritengono che una chiave fondamentale del voto siculo risieda nella possibilità del voto disgiunto e ciò spiegherebbe la strategia di andare a intercettare delusi e disillusi di tutti gli schieramenti. Già Micari è poco conosciuto, se poi nessun simbolo di partito campeggia nei suoi manifesti... è difficile che sia identificato come il candidato del centrosinistra.



Così come Musumeci non ha simboli di partito sui suoi manifesti, anche Claudio Fava, candidato della sinistra... a sinistra del Pd. L'unico simbolo è quello della sua coalizione, "Cento passi per la Sicilia", un'altra evidente personalizzazione politica, essendo stato lui tra i soggettisti/sceneggiatori del bellissimo film di Marco Tullio Giordana su Peppino Impastato.
Morale: come sempre la Sicilia prova ad anticipare tendenze politiche nazionali. Fingendo che contino più le persone dei partiti. Quando invece lo sanno tutti che gli elettori vanno a votare soprattutto per il "loro" consigliere regionale... In quel caso sì che conta pure il simbolo del partito.
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