Giusto un paio di giorni fa è uscito il suo nuovo libro, Chi ha paura non è libero, in cui racconta, con una prosa molto "istituzionale", la lotta italiana contro il terrorismo. Libro scritto prima dei fatti di Parigi, va sottolineato. Ma quello che mi ha colpito è che nel risvolto di copertina, Angelino Alfano parla di sé citando le sue esperienze politiche ma senza mai nominare la Democrazia Cristiana né Forza Italia. Curioso: solo Pdl e Ncd. Poi, qualche giorno dopo, il nome del ministro dell'Interno finisce sulle prime pagine di tutti i giornali e non solo, per le intercettazioni tra mafiosi corleonesi che avrebbero progettato di ucciderlo. «Deve fare la fine di Kennedy», dicevano più o meno. Naturalmente ad Alfano è arrivata tutta la solidarietà di rito, anche dagli avversari come Salvini (che però ne ribadisce «l'incapacità e l'inadeguatezza»); spicca per assenza Matteo Renzi, in realtà...
Ma è il paragone con Kennedy che cattura l'attenzione. Premesso che la stessa Procura di Palermo nutre dubbi sulla consistenza delle minacce, e considerato che pure lo stesso Totò Riina si lascia ogni tanto andare a improbabili commenti e valutazioni dal carcere, il parallelo tra l'enfant prodige della Dc siciliana e il fascinoso rampollo della dinastia irlandese è interessante. Solo alcuni, a sinistra, hanno sommessamente fatto notare che le motivazioni del presunto attentato starebbero in un "tradimento" di fantomatiche promesse fatte ai boss. Dice uno dei mafiosi intercettati e poi arrestati: «Questo Angelino Alfano è un porco con le persone, chi minchia glielo ha portato allora qua con i voti di tutti, degli amici? È andato a finire là, insieme a Berlusconi ed ora si sono dimenticati di tutti». In pratica gli rimproverano di aver dimenticato i suoi trascorsi politici... Proprio come è successo nel risvolto dell'ultimo libro di Angelino.
E JFK? Semplice: aveva vinto le elezioni con i voti della mafia italo-americana (fatto conclamato) e poi aveva voltato le spalle agli "amici". Secondo questi corleonesi sarebbe stata la mafia stessa a fargliela pagare. Ad Alfano avrebbero voluto dunque riservare la stessa «botta in testa», interpretata dunque come la fucilata che uccise 52 anni fa a Dallas, Texas, il 35esimo presidente degli Stati Uniti d'America, John Fitzgerald Kennedy.
Stavolta però i boss non erano neanche d'accordo sul luogo dell'attentato: Roma o Agrigento? E chi avrebbe recitato la parte di Lee Harvey Oswald?
I motivi di tanto odio risiedono nell'inasprimento del carcere duro (il 41 bis) per i condannati per mafia. Sembra un revival del famigerato papello di Riina... O dello storico striscione alla Favorita di Palermo: 22 dicembre 2002, «Uniti contro il 41 bis. Berlusconi dimentica la Sicilia».
Alfano replica, con una teatralità di linguaggio che ne qualifica perfettamente le origini agrigentine, «la liberazione della nostra amata Sicilia e del nostro Paese da questi maledetti vale più della vita di ciascuno di noi». Kennedy disse pure: «Perdona i tuoi nemici, ma non dimenticare mai i loro nomi».
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