martedì 31 maggio 2011

Triplice fisco finale

Non è mai bello quando vedi che della tua terra si parla per gli aspetti negativi. Soprattutto è un problema quando c'è il rischio strumentalizzazione. Un rapporto di Unioncamere Veneto e del Centro Studi Sintesi fotografa una mappa dell'evasione fiscale in Italia. E, sorpresa, la provincia più "infedele" è Ragusa. Trieste è la più "buona". Lo studio ha preso in esame sette indicatori, dai consumi di energia e carburante al parco auto ai depositi bancari, misurandone la coerenza con il reddito disponibile. A Ragusa (ma non solo, anche nel resto della Sicilia e del sud; la penultima è Catania), abbondano le auto di grossa cilindrata, le ville e i conti gonfi in banca. Però i redditi e dunque il gettito fiscale non sono adeguati ai consumi: la forbice è troppo ampia e quindi la provincia iblea è ampiamente all'ultimo posto di questa classifica.
Manco a dirlo, l'Italia è spaccata in due: il nord è "virtuoso", o meglio c'è coerenza tra l'alto tenore di vita e i redditi, il sud presenta mediamente un'alta incoerenza tra consumi e gettito fiscale. In realtà, trattandosi di uno studio statistico, è sempre da prendere con una certa cautela. I dati sono indicativi e dimostrano che la lotta all'evasione va oltre il semplice accertamento della Finanza o dell'Agenzia delle Entrate, però non si può dire che il nord è sempre buono e il sud è brutto, sporco e cattivo. Certo, nel Meridione conta molto anche la criminalità organizzata, oltre al lavoro nero e sommerso.
Fatto sta che gli "ottimi risultati" nella lotta all'evasione, tanto vantati da Tremonti, sono stati praticamente solo al nord. In Sicilia nel 2010 l'imposta accertata è diminuita del 6%. Io le tasse le pago, qualcun altro evidentemente no.

La Sicilia al voto

Non si è votato solo per i ballottaggi a Milano, Napoli e altre grandi città. Domenica 29 e lunedì 30 maggio i cittadini di ventisette comuni siciliani hanno votato per sindaco e consiglio comunale. Originariamente erano 28, ma il paese di Castrofilippo (AG) è stato escluso dalla lista dei comuni al voto perché lo scorso 15 aprile è stato sciolto il consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. Quasi 400mila i siciliani chiamati alle urne. L'eventuale secondo turno sarà il 12 e 13 giugno, in coincidenza con il referendum.
Affluenza. Sono andati a votare circa 280mila siciliani, il 71% degli elettori chiamati alle urne, in alcuni comuni addirittura l'affluenza è in positivo rispetto alle precedenti elezioni. Solo gli elettori di Vallelunga Pratameno (CL) sono veramente disamorati: meno dieci per cento rispetto al 2006. Ma qui c'è un motivo preciso. Nel 2009 il comune è stato sciolto per infiltrazioni mafiose, ma il Tar ha riconosciuto un vizio di forma e dunque si ricandida il sindaco che guidava quella giunta, Giuseppe Montesano. L'avversario è il suo ex vicesindaco Pino Piraino... Poco affezionati al voto gli abitanti di San Biagio Platani (AG): solo il 45,61% alle urne (ma cinque anni fa era il 50 per cento e poco più). Il comune con l'affluenza più alta è il messinese Antillo (77,03%, addirittura più delle scorse elezioni). A Ragusa, unico capoluogo di provincia interessato, ha votato quasi il 72% dei cittadini, poco meno del 70 a Vittoria.

Questi i risultati nei comuni con più di 10mila abitanti.
Ragusa. Nello Dipasquale (centrodestra, 57,2%) si riconferma sindaco al primo turno. Il candidato Pd Sergio Guastella si ferma al 36,26%, più lontano l'Mpa Salvatore Battaglia (6,54%). La trans Morgana Gargiulo, di cui tanto si è parlato, ha contribuito all'elezione di Dipasquale con 18 voti.
Vittoria. Sarà ballottaggio tra il sindaco uscente di centrosinistra Giuseppe Nicosia e il deputato regionale (già An, poi Pdl, poi Fli, ora con Micciché in Forza del Sud) Carmelo Incardona. Il redivivo ex sindaco Ciccio Aiello prende il 21% dei voti e ora, da vecchio leader della sinistra, si sta riconvertendo nella nuova guida dell'Mpa nel post-Minardo. L'ex comunista Aiello darà i suoi voti all'ex An Incardona... Ma d'altra parte a Vittoria ricordano che il giovane Incardona era un sostenitore dell'Aiello del Pci.
Bagheria. Anche qui si andrà al secondo turno. Sfida tra Lo Meo (Udc-Fli) e Di Salvo (Pdl). Rimarrebbe dunque fuori Sciortino, sindaco uscente del centrosinistra.
Terrasini. Gallina non ce l'ha fatta a far schiudere il futuro. Il candidato che aveva fatto parlare di sé per i manifesti che giocavano sul suo cognome, è rimasto molto indietro nella sfida che si risolverà nel ballottaggio tra Cucinello e Cammilleri.
Noto. Nella capitale del barocco tra due settimane si torna a votare. Ballottaggio tutto interno al centrodestra, tra Bonfanti del Terzo Polo e Leone del Pdl.
Lentini. Nello Neri del centrodestra è riuscito a portare al ballottaggio il sindaco uscente Mangiameli, appoggiato da Pd e Rifondazione (i vendoliani correvano da soli).
Ramacca. Nel comune del catanese, quattro candidati tutti sopra il 20%. Lotta serrata, al secondo turno vanno il Pd Zappalà e l'autonomista Musumeci.
Capo d'Orlando. L'uscente Sindoni prende il 48%, che naturalmente non basta. Se la vedrà con Librizzi, civico di centrosinistra. Flop del Pdl.
Patti. Al secondo turno la sfida sarà tra Gullo (centrosinistra) e Aquino (centrodestra). Ma l'Udc qui sta con il Pd.
Campobello di Mazara. Ballottaggio tra il sindaco uscente di centrosinistra Caravà e l'ex sindaco Mangiaracina (liste civiche di centrodestra). Il Pdl prende poco più della metà dei voti di Sinistra e Libertà...
Canicattì. Pd e Pdl fuori dal ballottaggio. Scorporato il Terzo Polo: tra due settimane è sfida tra l'uscente Corbo (ex Mpa) e il futurista Cani (insieme all'Udc).
Favara. Il centrosinistra qui evidentemente non c'è. Il candidato Pd non arriva neanche al 10%, dunque il ballottaggio sarà tra Manganella (caso ormai insolito di alleanza tra Pdl e Mpa) e Vitello di Futuro e Libertà.
Porto Empedocle. Imbarazzante la vittoria di Calogero Firetto. Il candidato Udc, sostenuto da Pd, Fli, Mpa e miccicheani, schiaccia il povero Paolo Ferrara dell'Idv (93,31% a 6,69%, 10mila voti contro 766!). Non c'era il Pdl, giusto notarlo per la cronaca.

Nei piccoli comuni, spicca la rielezione del sindaco di Vallelunga Pratameno, con il 96% dei voti, in una sfida al limite del ridicolo con l'ex vicesindaco.
Gli altri sindaci eletti:
Montevago (AG), Impastato; San Biagio Platani (AG), Bartolomeo; Antillo (ME), Paratore; Caronia (ME), Beringheli; Falcone (ME), Cirella; Ficarra (ME), Ridolfo; Galati Mamertino (ME), Bruno; Sant'Angelo di Brolo (ME), Caruso; Torregrotta (ME), Caselli; Ferla (SR), Giansiracusa; Sortino (SR), Buccheri; Campofelice di Roccella (PA), Vasta.
Impossibile però fare ragionamenti sulla portata politica di queste elezioni siciliane. Anche nei grandi centri, escludendo proprio Ragusa, la sfida è caratterizzata da candidati appoggiati da liste civiche, che spesso superano i più accreditati aspiranti sindaci dei partiti "ufficiali". Allo stesso modo, gli apparentamenti strani già al primo turno non permettono di trarre conclusioni lineari sulla strada intrapresa dalla politica siciliana. O forse la conclusione è fin troppo chiara: la strada è sempre dissestata.

giovedì 26 maggio 2011

Siamo tutti clandestini

Oggi è stata resa nota la sentenza della Corte d'Appello di Catania che ha condannato Carlo Ruta per stampa clandestina. La storia risale al 2004, quando il procuratore di Ragusa Agostino Fera lo denunciò per ciò che aveva scritto sul suo blog. Un blog, non un giornale. La sentenza del 2008 era assurda: il tribunale di Modica equiparava un blog a un giornale cartaceo quotidiano. Quindi per poter scrivere le sue inchieste sul caso Spampinato, Carlo Ruta avrebbe dovuto registrare il blog come testata in tribunale. Eppure il blog non era aggiornato periodicamente, requisito fondamentale di una testata registrata. Ora la conferma della condanna in appello rischia di fare giurisprudenza: pubblicare un blog può essere considerato stampa clandestina. E questo è il primo caso che viene punito un reato previsto nel 1948.
Segnalo qui l'articolo che ho scritto per La Sestina, quotidiano online della Scuola di Giornalismo "Walter Tobagi" di Milano. Aggiungo con un pizzico di orgoglio (professionale) che questa è la prima intervista rilasciata da Carlo Ruta dopo la condanna in appello.

La legge stampa risale al 1948, quando ancora c’erano solo giornali e radio. Prevedeva – e prevede tuttora – il reato di stampa clandestina, mai riconosciuto prima del 2008. In quell’anno, il giornalista, storico e blogger siciliano Carlo Ruta è stato condannato dal Tribunale di Modica per aver pubblicato sul suo blog documentazioni sul caso di Giovanni Spampinato, giornalista ucciso dalla mafia a Ragusa nel 1972.
Il procuratore di Ragusa Agostino Fera aveva denunciato Ruta perché si riteneva danneggiato dall’attività di accadeinsicilia.it, sito ormai inesistente. La sentenza di primo grado, che aveva suscitato polemiche e proteste nel mondo politico e sul web, equiparava un blog a un giornale cartaceo quotidiano, che dunque doveva essere registrato presso il tribunale. In realtà il sito di Carlo Ruta non era aggiornato con regolarità periodica. Il 2 maggio scorso la Corte d’Appello di Catania ha confermato la sentenza di primo grado, ma la notizia è stata diffusa solo oggi, giovedì 26 maggio. Un giudizio di merito che fa giurisprudenza.
«È una sentenza liberticida che non colpisce solo me personalmente, riguarda tutto il web che vuole fare informazione in un certo modo», dice Carlo Ruta. Il reato è ormai andato in prescrizione ma Ruta annuncia il ricorso in Cassazione: «Si tratta di una questione di interesse generale, per la quale chiederemo alla Suprema Corte un giudizio di legittimità». Il giornalista vede nella condanna in appello un “intento intimidatorio” contro la libertà di stampa e informazione. «Casi di chiusura di siti web d’informazione sono successi solo in Cina, Birmania e a Cuba», ricorda Ruta. «Questa è una decisione unica a livello europeo. In Italia non esiste un singolo caso di applicazione del reato di stampa clandestina, neanche sul cartaceo». Altrimenti, sottolinea il giornalista, sarebbero a rischio centinaia di pubblicazioni, addirittura i bollettini parrocchiali.

mercoledì 25 maggio 2011

Lo Saya o non lo Saya?

Gaetano Antonio Maria Saya
Gaetano Saya (si legge Saìa), segnatevi questo nome. Nel Paese dei cento partiti, dei movimenti ultrapersonalistici (che esultano per un 1,3% in un'elezione comunale), dei leader improvvisati e responsabili, Saya si distingue più degli altri. Forse non tutti sanno che esiste ancora un Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale, quello che in pratica Fini fece scomparire a Fiuggi nel 1995. A capo del nuovo Msi-Dn c'è il messinese Saya, un fascista vecchio stampo, uno che avrebbe fatto parte pure di Gladio e che l'anno scorso aveva fondato una "guardia nazionale italiana", una specie di polizia parallela. Tanto per capirci, si autodefinisce "il Capo degli Ultranazionalisti Italiani". In realtà nega di essere fascista, o perlomeno si riconosce nel fascismo dal 1922 al 1943, quello creatore di uno Stato, non in quello repubblichino di Salò.
Dunque un uomo di estrema destra, di quelli che invocano la triade "Dio, Patria, Famiglia". Come spesso succede, chi sta molto a destra ce l'ha abbastanza con chi occupa il centrodestra dello schieramento politico. Berlusconi ha fatto in passato accordi elettorali anche con le destre estreme, ma il presidente del Consiglio piace poco al nuovo Msi. Per questo motivo Saya, o meglio la moglie Maria Antonietta Cannizzaro, presidente del movimento, ha fatto sapere che la Destra Nazionale appoggerà al ballottaggio il candidato sindaco di centrosinistra a Grosseto, anche se non c'era una lista dell'Msi al primo turno. «Meglio appoggiare i nostri avversari e anche il diavolo piuttosto che il Pdl e Berlusconi», parola della signora Cannizzaro in Saya. Ancora più clamorosa la mossa pre-ballottaggio a Cagliari. Lì il movimento dovrebbe sostenere al secondo turno Massimo Zedda, il giovane candidato sindaco di Sinistra Ecologia Libertà. Cosa non si fa in nome dell'odio viscerale per Silvio... L'Msi porta con sé la dote dello 0,28% di voti alla prima tornata, ma perde il proprio candidato Gianmario Muggiri che lascia il movimento perché si sente «bypassato da un'avvilente imposizione dall'alto».
Misteri della contrapposizione politica: l'ultradestra promette i suoi (pochissimi) voti alla sinistra. Immagino, anzi mi auguro, l'imbarazzo degli aspiranti sindaci "progressisti". Ma spero che l'imbarazzo colga l'Italia dei Valori per un'altra sortita brillante di Saya. Il nazionalista messinese ha scoperto chi potrebbe guidare prossimamente la direzione nazionale del nuovo Msi-Dn: è il suo conterraneo Domenico Scilipoti. La nuova star della politica italiana, il responsabile ex dipietrista che ha salvato la maggioranza il 14 dicembre e che da allora imperversa su tv, radio e giornali. L'agopuntore è "uomo probo e onesto", dice Saya. «Ha riscattato con il suo gesto decenni di servilismo parlamentare», testuale. Scilipoti d'altra parte è uomo di sani valori cristiani e patriottici e ha militato nel Fuan (il movimento universitario di destra). Mica ha copiato a caso il manifesto fascista di Giovanni Gentile del 1925 per il programma dei Responsabili. Che Scilipoti accetti o meno la proposta, due considerazioni. Uno: Saya cerca il salvatore nell'uomo che a sua volta ha salvato l'odiato Berlusconi. Due: il legalitarismo alla Di Pietro è molto di destra, attenti a cercare lì l'homo novus della sinistra.

Aggiornamento del 22 agosto 2011. A tre mesi dalle esternazioni elettorali di Gaetano (Antonio Maria) Saya, il nome dell'ultranazionalista messinese è balzato agli onori della cronaca per un proclama contro stranieri, omosessuali, "nuovi barbari". Tra le altre cose è arrivato a proporre la nazionalizzazione della stampa italiana (con annesse minacce a Marco Pasqua di Repubblica) e l'introduzione della pena di morte per "usurai, approfittatori e politicanti". In realtà nulla di tutto quel che ha detto è nuovo, nel programma politico del redivivo Msi di Saya. Anzi, ancora peggio, si tratta di idee e concetti che abitano anche nelle stanze delle altre destre italiane, comprese quelle di governo. Forse bisognerebbe riflettere su questo comune patrimonio culturale di una certa Italia, piuttosto che buttarla sul folklore o sulla macchietta. Non sottovalutare il fenomeno non vuol dire sopravvalutare Saya, ma riconoscere che, al di là dei personaggi plateali, certi messaggi e certe opinioni (r)esistono ancora e sono forti. Pure nell'Italia repubblicana nata sul sangue della Resistenza. E scusate la retorica.

martedì 24 maggio 2011

Le corna nell'urna

Avete presente Antonio Albanese e Cetto La Qualunque? Qualche mese fa ho visto uno spettacolo in cui Albanese spiegava la genesi del suo personaggio. Il politico rozzo, ignorante, disonesto e misogino non è altro che la trasposizione sul palcoscenico di personaggi realmente esistenti. La realtà supera la fantasia, soprattutto quando si parla di politica locale (nel sud Italia). L'ispirazione per Cetto era un candidato sindaco - forse in Calabria - che si presentò ad un comizio mostrando una foto della moglie del candidato avversario. Il succo del suo discorso era: «Non potete votare per un cornuto». Cetto è un moderato, a confronto.
Il riferimento alla fedeltà coniugale è quasi irrinunciabile nelle campagne elettorali "paesane". Ricordo che a Modica nel 2007 spuntarono manifesti anonimi che svelavano alla cittadinanza (che in realtà già lo sapeva) le scappatelle di un candidato sindaco. E Modica non è un paesino. Le corna, croce e delizia della politica e della società siciliana. Manco la riforma del codice di famiglia è riuscita a cancellare la sacralità del senso dell'onore. Offendere qualcuno dandogli del cornuto va oltre la sfera del semplice insulto.
Sarà per questo che a Campobello di Mazara, in provincia di Trapani, due buontemponi hanno disegnato un bel paio di corna sul manifesto di un aspirante consigliere comunale. Di solito sui manifesti si vede di tutto: baffi, barbe, disegni osceni. Stavolta il candidato però non ha gradito lo scherzetto e ha presentato una querela contro ignoti. I carabinieri sono riusciti a identificare i due improvvisati grafici da marciapiede, che si sono beccati una denuncia per diffamazione. I due hanno offeso il candidato in pubblico, quindi è diffamazione e non semplice ingiuria. Ah, uno dei due disegnatori (ma poi ci vogliono due persone per disegnare un paio di corna?!?, ndr) è candidato al consiglio comunale, nella coalizione opposta al "cornificato".
Se dunque un politico fa il gesto delle corna a un altro, potrebbe scattare addirittura la diffamazione. Pensaci, Josep Piqué.