martedì 22 marzo 2011

La fitta Cassazione dell'ingiuria

Ora provate a dare del "mafioso" a un siciliano. Provateci. Vedrete cosa vi si scatenerà contro. E non è una minaccia mafiosa. Quando l'offesa e l'ingiuria si basano sugli stereotipi più scontati e datati... beh, almeno un po' di fantasia, suvvia. Dire a un siciliano "sei un mafioso" per offenderlo, è come dare del camorrista a un campano, 'ndranghetista a un calabrese, sequestratore a un sardo. Sto estremizzando, è un paradosso, spero si capisca. Se uno prova a darmi del mafioso, me la prendo molto seriamente, beninteso. Ma ora è arrivata una chiara sentenza della Cassazione a togliere ogni dubbio. Lo so, di sentenze strane e curiose la Suprema Corte ne ha offerte tante negli ultimi anni. Però questa volta si è superata, nel senso buono. Offendere qualcuno dandogli del "mafioso" costituisce reato di ingiuria.
Andiamo con ordine. Il fatto risale al 2006, quando una signora di Pistoia offese i suoi vicini, originari di Palermo, con i quali aveva da anni una causa civile per un appezzamento di terreno. La donna, incontrando la vicina e il marito, disse davanti ad altre persone: «Delinquenti, lei e suo marito. Sono solo dei mafiosi». Apriti cielo. La coppia si sente denigrata, perché l'offesa nasce solo da un pregiudizio "etnico" (il virgolettato è mio e si prega di rafforzarlo in lettura, ndr). Insomma, ha detto così solo perché sono siciliani. Siciliani onesti e incensurati, ricordano giustamente i legali della coppia. La donna, denunciata ai carabinieri, viene condannata per ingiuria e diffamazione dal giudice di pace e dal tribunale di Pistoia. La signora presenta ricorso ma la Cassazione lo rigetta, conferma le sentenze precedenti e afferma il principio che quell'insulto costituisce reato di ingiuria (o diffamazione, quando la parola è pronunciata davanti ad altre persone).
Al Palazzaccio di Roma non hanno avuto dubbi. Mafioso sarà lei.

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