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sabato 12 ottobre 2013

Emolumento per l'Autonomia


Anni fa, in uno dei miei tanti viaggi in treno su e giù per l'Italia, mi capitò di sentire un dialogo interessante. Stavo tornando in Sicilia per le elezioni. Nel mio scompartimento c'erano altri ragazzi che approfittavano come me degli sconti elettorali e tornavano perché erano davvero interessati a votare. Uno di loro disse timidamente di essere elettore berlusconiano. L'altro, con l'aria di chi ha capito come vanno le cose e può insegnare agli altri come si vive, disse più o meno "ma quale Berlusconi e Forza Italia, io voto Mpa". Il senso della sua frase era: io voto per la novità, per il futuro e per chi pensa davvero alla Sicilia. Fino ad allora aveva votato Berlusconi.
Dunque l'Mpa, cioè Raffaele Lombardo. Il Movimento per l'Autonomia (ma dal 2009 la "a" è plurale, Autonomie) per alcuni anni è stato oggetto dell'infatuazione dei miei corregionali. Ma poi, anche nel laboratorio-Sicilia, le cose finiscono. Adesso è diventato il Partito dei Siciliani. Piaceva l'idea del partito che si dichiarava autonomista, per il bene dell'Isola. Certi temi e parole d'ordine non sono mai stati sopiti del tutto in Sicilia. Poi qualche scricchiolio, diciamo così: perché in effetti allearsi nel 2006 con la Lega Nord e ricevere un bel po' di finanziamenti dai padani non ha contribuito molto all'immagine del movimento...
Statura politica
E proprio di soldi voglio parlare. Qualche giorno fa sulla Gazzetta Ufficiale sono stati pubblicati i rendiconti dei partiti per il 2012. C'è pure l'Mpa, con i conti in negativo come quasi tutti gli altri partiti italiani. Il bilancio del movimento è in disavanzo di 787.036,19 euro, ma l'anno prima il rosso superava il milione di euro. Io non sono un grande esperto di bilanci, ma qualcosina la capisco o perlomeno ci sono voci e aspetti che catturano la mia attenzione. Soprattutto a livello politico. L'Mpa, tra 2011 e 2012, ha ricevuto infatti 95mila euro di rimborsi elettorali in meno, oltre ad aver perso i 91mila euro che arrivavano come contributo dal Partito socialista-Nuovo Psi.
La vera autonomia, per Lombardo, a dire il vero è sempre stata quella di fare quello che voleva, inventandosi alleanze a destra e a manca e tirando dentro tanti fuoriusciti dal centrodestra e dal centrosinistra (quanti ex comunisti hanno ri-scoperto il valore dell'autonomismo...). Tanto per ricordarlo, il movimento era nato nel 2005 quando Lombardo era presidente della Provincia di Catania con l'Udc e alle comunali etnee presentò, in supporto al centrodestra e a Scapagnini, quattro liste civiche (appunto il nascente Mpa, Famiglia Lavoro Solidarietà, In Centro democratico e Ama Catania) che in totale presero il 20,1%, una quindicina di consiglieri e quattro assessori.
L'Autonomia a tutti i costi...
Ma quando cominciano a mancare i voti arrivano sempre meno soldi.
Nelle attività messe a bilancio ci sono 450mila euro di crediti che l'Mpa vanta dal movimento La Destra di Francesco Storace e Nello Musumeci, con cui fece una lista per le Europee del 2009 insieme all'Alleanza di Centro di Francesco Pionati e al partito dei Pensionati di Carlo Fatuzzo, chiamata L'Autonomia (appoggiavano la lista anche la Lega Italia di Carlo Taormina, la Lega d'Azione Meridionale di Giancarlo Cito, la Lega Padana di Max Ferrari e S.O.S. Italia di Diego Volpe Pasini: più liste che voti, prese il 2,22%, con un picco del 12,4% nell'Italia insulare, ovviamente grazie alle 200mila preferenze per Lombardo). Si tratta di "importi esigibili entro l'esercizio successivo", recita il rendiconto. Ma 450mila euro erano segnati anche nell'esercizio precedente, cioè al 31 dicembre 2011. Fino al bilancio del 2008 erano noti peraltro i nomi dei sostenitori del partito: allora il maggiore "contribuente" dell'Mpa fu con 200mila euro il presidente del Palermo calcio Maurizio Zamparini (nella stagione 2008/'09 pagava uno stipendio di 1,2 milioni a Fabrizio Miccoli e Fabio Liverani, tanto per fare un confronto).
Ma più dei numeri, a volte, contano le parole, anche in un bilancio. Cito testualmente dalla relazione del tesoriere Natale Giuseppe Strano:
Il risultato prevedibile della gestione 2013 è stato caratterizzato dagli eventi politici che si sono succeduti nel corso dell'anno, come ad esempio le elezioni politiche tenutesi nel mese di febbraio e quelle amministrative tenutesi nel corso del mese di giugno.
Tali eventi hanno influenzato, sulla base delle scelte politiche deliberate dagli organi del Partito, il risultato economico, finanziario e gestionale del corrente anno 2013.
Nel mese di marzo è stato licenziato tutto il personale in forza a tale data e successivamente sono state disdettate le sedi politiche di Roma e di Catania.
Insomma, le elezioni sono andate male (alle politiche nessun eletto dell'Mpa, a parte tre esponenti autonomisti candidati con il Pdl), ed evidentemente le "scelte politiche deliberate dagli organi del Partito" hanno inciso sulle casse del movimento, a tal punto che nel 2013 è stato smantellato quasi tutto: già alla data del 31 dicembre 2012 i dipendenti erano appena tre (un addetto alle mansioni di segreteria, un fattorino e un responsabile dei servizi della segreteria politica).
Neanche Lombardo è riuscito a farsi eleggere al Senato. Più che l'aula di Palazzo Madama, gli toccherà frequentare quelle di piazza Verga. Cioè quelle del Tribunale di Catania.

venerdì 21 giugno 2013

Meno male che Silvio c'era

[In questi giorni sto pensando molto a Milazzo. No, non la città. Mi piace, da lì si prendono le navi per le Eolie, bello il borgo vecchio, il castello, il promontorio: per carità, nulla da ridire – raffinerie a parte, naturalmente. Ma non è "la" Milazzo, è "il" Milazzo. Un cognome, non un nome di città. Milazzo, Silvio Milazzo]
Una croce sopra Milazzo
Silvio Milazzo fu un politico di una certa rilevanza per la Sicilia e non solo. Se ancora oggi si dice con parecchia approssimazione che la Sicilia è un "laboratorio politico", beh, qualche responsabilità ce l'ha proprio lui, l'esponente Dc di Caltagirone che nel 1958 lanciò una sfida al suo stesso partito con un'operazione che, semplicemente, è passata alla storia come milazzismo. Come molti "-ismi", anche questo termine porta con sé accezioni negative e controverse. Il 30 ottobre 1958 Milazzo fu eletto presidente della Regione con i voti all'Ars dei partiti di destra e di sinistra, contro il candidato ufficiale indicato dai vertici della Dc, allora guidata da Amintore Fanfani.
Nel suo primo governo fece la mossa sorprendente: mise insieme esponenti del Pci e del Msi, comunisti e post-fascisti alleati "in nome dei superiori interessi dei siciliani", come dissero il segretario regionale comunista Emanuele Macaluso e il capogruppo missino all'Ars Dino Grammatico. Milazzo fu espulso dalla Dc e formò un nuovo partito, l'Unione Siciliana Cristiano Sociale (USCS), che ottenne 10 deputati all'Ars nelle elezioni regionali del 1959. L'esperienza del milazzismo finì presto: dopo le elezioni, il 12 agosto 1959 il presidente Milazzo formò un secondo governo, dove però non entrò più il Msi. C'erano le sinistre, i monarchici, i vertici di Sicindustria, allora guidata da Domenico La Cavera. Per non farsi mancare nulla, i "tecnici di laboratorio" misero tra gli ingredienti pure esponenti vicini alla mafia. Scandali, tentativi di corruzione, compravendita di parlamentari (sì, stiamo parlando del 1959...): ecco come e perché finì male l'avventura donchisciottesca di Silvio Milazzo.
La premessa è stata lunga, adesso bisogna spiegare perché penso a lui e alla sua operazione. Innanzitutto mi preme sottolineare che qualche anno fa don Mimì La Cavera ebbe a dire che il vero erede di Milazzo si chiama Raffaele Lombardo: il suo autonomismo, in fondo, altro non sarebbe (sarebbe...) che la prosecuzione di quella politica "in nome dei superiori interessi dei siciliani". Poi, e qui veniamo al punto, da qualche giorno in Sicilia è venuta fuori un'operazione che ha un vago sapore di milazzismo. La notizia è che al ballottaggio a Ragusa è arrivato il candidato del Movimento 5 Stelle Federico Piccitto, una boccata d'ossigeno in questo momento un po' complicato per la creatura politica di Beppe Grillo. E per provare a vincere, Piccitto rompe il tabù e per la prima volta il M5S si allea con altre liste. Primo e unico caso italiano. Apparentamento con alcune liste civiche, ma poi a Piccitto è arrivato pure il sostegno – non richiesto ma non rifiutato, a quanto pare – di Sel e La Destra. Cioè dei "comunisti" e dei "post-fascisti" (semplifico, lo so, ma le virgolette le hanno inventate apposta, ndr).
Due considerazioni. Beppe Grillo ha gridato all'inciucio perché l'altro candidato, Giovanni Cosentini, ex cuffariano già vicesindaco con il centrodestra, corre per Udc e Pd e si è apparentato con il Pdl. Tecnicamente, le larghe intese riproposte anche all'estremo sud della Sicilia. Grillo certifica un dato di fatto, innegabile. Come è un dato di fatto che qualcuno tra i 5 Stelle inizi a guardare oltre. Forse troppo?
Quello che a Ragusa si fa al ballottaggio, invece a Messina non si è voluto fare al primo turno, in ossequio alle rigide e non emendabili regole del MoVimento. Renato Accorinti, il pacifista e storico leader No Ponte arrivato a sorpresa al ballottaggio, aveva chiesto al M5S di correre insieme, tanto il programma e le istanze erano molto simili. La risposta fu negativa, perché Accorinti aveva nella sua lista esponenti verdi, ex Idv, rifondaroli, persino autonomisti. Lui ha preso il 23%, la candidata grillina il 2,87.

[P.S. Per la cronaca, il sindaco della città di Milazzo, Carmelo Pino, già uomo di Forza Italia, nel 2010 è stato eletto al ballottaggio con l'apparentamento tra le sue liste civiche riconducibili al cosiddetto Pdl Sicilia di allora (l'ala vicina ai finiani e a Micciché), il Pd e gli autonomisti di Raffaele Lombardo. Milazzo, milazzismo.]

Aggiornamento del 24 giugno 2013. Sorpresa – ma fino a un certo punto. A Ragusa ha vinto Piccitto del M5S e a Messina il no global Accorinti. Il laboratorio-Sicilia colpisce ancora? Forse. O più semplicemente perde il Pd che si allea con il centrodestra e con gli eredi della stagione cuffariana, in un malriuscito esperimento di milazzismo del Terzo millennio. Vincono i candidati che rompono con quegli schemi, evidentemente. Piccitto vince perché si è alleato con altri esponenti della "società civile" contro l'abdicazione del Pd, non per la discesa salvifica di Grillo a Ragusa. E Accorinti vince contro tutti, forse persino contro se stesso, dato che non avrà la maggioranza in consiglio comunale. Il messaggio, se ce n'è uno, farebbero bene a leggerlo dalle parti del Pd. Alla voce "larghe intese" e dintorni.

martedì 17 gennaio 2012

Forca d'urto

E siamo arrivati al secondo giorno del blocco stradale in Sicilia. Andiamo con ordine, se si riesce.
C'è crisi, e fin qui ci siamo. La benzina costa uno sproposito. Lavoratori e famiglie hanno difficoltà ad arrivare alla fatidica fine del mese. Alcune manovre del governo non aiutano di certo, in generale. E allora le proteste, soprattutto quelle di alcune categorie, sono prevedibili - ma anche strumentali.
Il blocco dei Tir alla barriera autostradale di San Gregorio a Catania
Ora, bloccare il traffico in tutta la Sicilia per non far arrivare rifornimenti e merci ai negozi o impedendo la libera circolazione non mi sembra una modalità corretta di fare protesta. Io posso pure essere d'accordo con le ragioni della mobilitazione, spacciata da più parti come pacifica e benaccetta alla popolazione. Però sul modo c'è molto da ridire. A parte che non sono convinto che tutti siano così contenti di trovarsi strade, autostrade, accessi a porti e aeroporti bloccati e negozi vuoti e neanche un goccio di carburante; ho anche qualche dubbio sulla correttezza di andare in giro, come viene riportato dalla giornata di ieri, a chiedere - più o meno gentilmente - ai commercianti di aderire alla protesta.
Il blocco dell'autotrasporto proseguirà sicuramente almeno fino a venerdì. Il movimento Forza d'urto (che riunisce gli Autotrasportatori Aias, il cosiddetto movimento dei Forconi - che gode anche dell'appoggio del presidente del Palermo Maurizio Zamparini, più altre associazioni di categoria dei camionisti e degli agricoltori) non vuole tornare indietro sui propri passi. Io ammetto che non trovandomi in Sicilia posso sicuramente avere una visione distorta delle cose: rimango comunque della mia idea, il caos non mi sembra la soluzione. Come ogni movimento di protesta, registro che ci sono favorevoli e contrari, e questo mi dà un'ulteriore conferma al fatto che sia legittimo nutrire dei dubbi.
Il dubbio maggiore me lo tengo per la fine. Questa "forza d'urto" è davvero così spontanea? Apartitica? Apolitica? Forse lo è sulla carta e nelle intenzioni (soprattutto in quelle di chi manifesta davvero perché è incazzato). Giuseppe Richichi, presidente dell'Aias, se la prende con la politica siciliana, assente e disinteressata. Mah, a me così disinteressata non sembra proprio. Fatto sta che tra ieri e oggi sono venuti fuori i nomi di Forza Nuova (cui parrebbe vicino il capo dei Forconi, Martino Morsello), dell'Mpa, dei miccicheani di Grande Sud, di Gioventù Italiana, la giovanile della Destra di Storace, come sostenitori più o meno espliciti del movimento di protesta.
Ma anche in questo caso deve essere l'influsso malefico della Milano comunista di Pisapia a farmi pensare male.

Aggiornamento del 19 gennaio 2012. A proposito di Milano, i forconi siculi ora godono pure dell'appoggio più insperato: la Lega Nord. Il quotidiano del Carroccio La Padania, infatti, esalta "la ribellione dei siciliani". La regione è in tilt, ma "il popolo spiazza i palazzi". Mari e Monti...

martedì 19 aprile 2011

Volti nuovi Nello esecutivo

Mi ricordo che quando Prodi vinse le elezioni del 2006, c'era una certa aspettativa sulla nomina dei ministri. E non solo per l'inconcludente eterogeneità della coalizione. Fu grande la delusione che onestamente gli elettori siciliani di centrosinistra provarono nel non vedere neanche un ministro dell'Isola nell'esecutivo prodiano. Non credo che occorrano quote regionali per i ministeri, ma è inevitabile che qualcuno si senta tagliato se nel governo non c'è alcun rappresentante del territorio (magica parola che ormai abbonda sulla bocca di tutti i politici italiani, e in Sicilia è un mantra).
Invece nei governi berlusconiani i siciliani hanno sempre avuto una presenza importante e numerosa. Del resto era la regione del 61-0. In passato nomi come Antonio Martino e Enrico La Loggia, forzisti della prima ora. Ora il governo quasi abbonda di miei corregionali. Stefania Prestigiacomo, il delfino Angelino Alfano, il "milanese" Ignazio La Russa, il neo esperto di agricoltura Saverio Romano, più qualche sottosegretario come Gianfranco Micciché. Non si dice nulla di nuovo a sottolineare che le nomine sono spesso spartizioni di poltrone per i partiti, vecchi e/o nuovi. Dopo l'uscita dei finiani, la maggioranza si è puntellata con chi fosse disponibile, pardon responsabile.
E adesso tocca persino a La Destra, il movimento di Francesco Storace, il "fascista col refuso" (© Enzo Biagi). Entra nel governo, come sottosegretario al Lavoro, l'ex presidente della provincia di Catania, Nello Musumeci. Di cui si è sempre detto bene come amministratore, soprattutto quando collaborava con l'avversario Enzo Bianco, sindaco della "primavera catanese". Evidentemente Berlusconi cerca di erodere un po' di consenso a destra, Musumeci potrebbe pescare tra i delusi dell'ennesima svolta di Fini. La generazione di Fiuggi è in perenne diaspora.
Però solo lui saprà e potrà spiegare come mai è ancora all'opposizione del sindaco Pdl di Catania, Raffaele Stancanelli (altro ex An). La generazione di Fiuggi è in perenne diaspora...

P.S. Racconto un episodio curioso, che c'entra solo per chiarire quanto l'ascesa al soglio ministeriale sia importante. Nel 2006 stavo a Ravenna e a casa mia prendevo ogni tanto la frequenza regionale delle Marche su Rai3: un giorno la notizia d'apertura del tg era la nomina di un sottosegretario marchigiano. Ecco, l'importanza delle cariche e forse l'eccessiva tranquillità di quella regione...