giovedì 17 novembre 2011

Commissario sono

Non ci sono ministri siciliani nel neonato governo Monti. Oddio, che dramma. Certo, a chi si era abituato alle scorpacciate dei decenni berlusconiani, dev'essere sembrato strano non vedere neanche un nome siculo nella lista dei ministri del nuovo esecutivo. A me non cambia nulla, non sto a guardare i numeri.
Immaginavo in ogni caso che in Sicilia partisse la corsa, un po' campanilistica e provincialotta, all'elogio a un'autorevole esponente del governo appena nato. Ovviamente stiamo parlando del neoministro dell'Interno, la romana Anna Maria Cancellieri, nota soprattutto per il suo lavoro da commissario straordinario a Bologna, ma con un passato da prefetto a Catania. Nel 2007, nel periodo successivo all'omicidio dell'ispettore Filippo Raciti allo stadio Cibali. E nel novembre 2009 le è pure toccata la gestione da commissario straordinario, nominata dalla Regione, del Teatro Stabile del capoluogo etneo.
Dopo la sua nomina tutto il gotha della politica catanese si è affrettato a esprimere soddisfazione e felicitazioni. Annamaria è una di noi, dicono. Per di più è sposata con un farmacista di origine siciliana, Sebastiano "Nuccio" (ma per gli amici addirittura "Zezè") Peluso, di Palazzolo Acreide (SR), conosciuto in Libia.
A Bologna le avevano chiesto un po' tutti di candidarsi a sindaco. Lei aveva gentilmente declinato l'invito. Il lavoro del commissario straordinario è un altro. Proprio nel momento in cui Anna Maria Cancellieri trasloca al Viminale, forse alcuni scoprono per la prima volta l'esistenza dei commissari straordinari.
Sono 93 i comuni commissariati in tutta Italia. E non tutti soltanto per mafia, come potrebbe sembrare ovvio ai più. Di questi, 10 sono in Sicilia, sparsi tra le province di Palermo, Catania, Messina e Agrigento. Senza contare i tanti commissari ad acta mandati a risanare certi bilanci disastrati.

- Belmonte Mezzagno (PA). Il sindaco era fino al 6 settembre 2011 Saverio Barrale, zio dell'ex ministro Saverio Romano. Diciamo che le voci sui rapporti della giunta con la mafia erano tante, ma il Viminale non ha sciolto l'amministrazione. Ci ha pensato, dopo un lungo tira e molla, Barrale a dimettersi e al suo posto è arrivata Margherita Rizza.
- Mezzojuso (PA). Dalla metà di agosto di quest'anno Girolamo Ganci è il commissario del comune. Il sindaco Nicola Cannizzaro era stato sfiduciato il 26 luglio dalla maggioranza dei consiglieri (12 su 15).
- Militello in Val di Catania (CT). Nel paese di Pippo Baudo non c'è più il sindaco. Antonio Lo Presti infatti è morto il 16 giugno scorso. Al suo posto è arrivato il commissario Francesco Spataro.
- Palagonia (CT). Il sindaco Francesco Calanducci si è dimesso definitivamente il 24 giugno. Dico definitivamente perché era da febbraio che provava a rassegnare le dimissioni. Alla fine c'è riuscito. Il commissario Antonio Garofalo è entrato nel pieno della dialettica politica, beccandosi pure le critiche e gli attacchi frontali del consiglio comunale contro il suo immobilismo.
- Fiumedinisi (ME). Il comune è commissariato dal 14 luglio. Il sindaco era Cateno De Luca, il deputato regionale finito ai domiciliari per tentata concussione e falso. I domiciliari gli sono stati revocati ma era rimasto il divieto di dimora a Fiumedinisi. Lui è tornato a far politica ma nell'ufficio del primo cittadino in via Umberto I siede il commissario Michelangelo Lo Monaco.
- Furci Siculo (ME). Qui Daniela Leonelli è stata nominata dalla Regione commissario straordinario per la gestione dell'ente addirittura il 7 dicembre 2009, per l'incapacità del comune di approvare il bilancio di previsione. Il sindaco Bruno Parisi infatti era stato eletto senza una maggioranza in consiglio.
- Furnari (ME). Al dicembre 2009 risale pure il commissariamento di Furnari, sciolto per mafia il 27 novembre 2009. Le infiltrazioni dei clan barcellonesi e mazzarroti hanno portato alle dimissioni del sindaco Salvatore Lopes e al commissariamento, che dura tuttora (la gestione straordinaria è di Carmelo Musolino, Gino Rotella ed Elena Scalfaro). Si voterà il 27 novembre 2011, esattamente due anni dopo lo scioglimento del comune.
- Castrofilippo (AG). Dopo l'arresto del sindaco Salvatore Ippolito, avvenuto il 22 settembre 2010 e disposto dal Gip del Tribunale di Palermo su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, i poteri sono stati affidati nel novembre 2010 al commissario straordinario Giuseppe Petralia. Il 15 aprile 2011 è stato sciolto il consiglio comunale.
- Licata (AG). Il sindaco Angelo Graci dal dicembre 2009 sconta un divieto di dimora a Licata per accuse di corruzione. Nonostante la rimozione dalle funzioni comunali da parte del prefetto di Agrigento, la sospensione è decaduta, il consiglio comunale si è auto-sciolto ed è stato sostituito dal commissario prefettizio Giuseppe Terranova (dal 27 gennaio 2010). Ciononostante, in base allo Statuto della Regione Siciliana, Graci mantiene la carica di sindaco di Licata e la esercita da Agrigento, dove risiede.
- Racalmuto (AG). Nel paese di Leonardo Sciascia, il commissario Giuseppe Petralia (lo stesso di Castrofilippo) è arrivato a luglio, dopo che il sindaco Salvatore Gioacchino Petrotto, che si sentiva perseguitato dalla giustizia, si è dovuto dimettere per le accuse di mafia. A ciascuno il suo.

Aggiornamento del 13 dicembre 2011. Dopo le dimissioni del sindaco Giovanni Venticinque del Pdl (questo il suo comunicato stampa del 28 novembre: «Il sottoscritto Venticinque Giovanni, sindaco pro tempore del Comune di Scicli, venute meno le condizioni politiche per espletare dignitosamente il mandato di governo della città, rassegna le dimissioni dalla carica di sindaco»), a Scicli (RG) è stata mandata come commissario straordinario Margherita Rizza, sciclitana d'origine e ormai esperta del settore. Torna a casa dopo Belmonte Mezzagno e ancora prima Pachino (nel 2008). Il presidente della Regione Lombardo ha accelerato la firma del decreto dopo le proteste dei dipendenti comunali e per l'emergenza rifiuti. Il governatore si era rivolto invano a Severino Santiàpichi, ma il noto giudice sciclitano ha rifiutato per «non interferire con le vicende della sua città».

Aggiornamento del 23 gennaio 2012. Per non farsi mancare nulla, un commissario straordinario è arrivato pure nella città più importante di tutta la Sicilia. Il sindaco di Palermo, Diego Cammarata, ha deciso di lasciare con un po' di anticipo la poltrona da primo cittadino, pochi mesi prima della naturale scadenza del suo mandato. Dalla prefettura di Vibo Valentia arriva Luisa Latella. Fino alle attese elezioni palermitane toccherà a lei l'onore e l'onere di guidare il capoluogo siciliano. Una città "bella e devastata", l'ha definita la dottoressa Latella.

domenica 13 novembre 2011

Dalla parte (civile) delle vittime

I morti non sono tutti uguali.
Ne sono convinto.
Per molto tempo mi sono chiesto perché in Italia siano poche le vie o piazze dedicate alle vittime di mafia. Intendo dire intitolate in generale proprio alla categoria, chiamiamola così, delle "vittime della mafia", come i caduti in guerra o sul lavoro. Ovvio che mi va benissimo la strada o la piazza dedicata al giudice, al sindacalista, al giornalista, alla singola vittima di Cosa Nostra – o della 'ndrangheta, o della camorra, o...
Anzi, spero che siano sempre di più gli angoli delle città e dei paesi italiani dedicati a chi è stato ucciso dalle mafie. Dico solo che non mi dispiacerebbe un ricordo generale e complessivo per tutte le vittime della criminalità organizzata, perché oltre ai già tanti nomi noti c'è tutto un esercito di martiri sconosciuti. Giusto per non ammazzarli di nuovo con il silenzio.
Pianosa (foto di Antonella Di Girolamo)
Qualcosa si muove. A Pianosa, l'isola dell'Arcipelago Toscano che ospitava il carcere di massima sicurezza, strade, piazze e giardini sono stati intitolati alle vittime di mafia. A Palma di Montechiaro, nell'agrigentino, diversi uffici del Comune hanno sede in via Vittime della mafia.
In Calabria c'avevano provato l'anno scorso. A Serra San Bruno (Vibo Valentia) però "via Vittime della mafia" è durata pochissimo, perché per i residenti «il nome scelto è inopportuno e inappropriato». Testuale e sottolineato in neretto. Più opportuno e appropriato invece "traversa I via Catanzaro". Ecco una prima risposta a quella domanda iniziale, forse...
Oppure qualcuno potrebbe pensare che il boss e il capobastone ammazzati dal clan rivale o dalla famiglia e cosca nemica siano da considerare pure loro vittime della mafia. No, questa è una cosa che non posso concepire neanche con un complesso esercizio di astrazione. D'altra parte, sono un laico terreno e non spetta a me parlare di assoluzioni, pentimenti e perdono. Ci sono casi in cui la morte non può essere considerata 'a livella, con buona pace dell'amato Totò.
La settimana scorsa i fratelli Benedetto e Giuseppe Graviano, capimafia della famiglia palermitana di Brancaccio, hanno chiesto di costituirsi parte civile in un processo per mafia. Processo contro il capo dei capi Totò Riina e il pentito Gaetano Grado, imputati per 11 omicidi commessi nella seconda guerra di mafia tra gli anni Settanta e l'inizio del decennio successivo. I Graviano c'entrano perché il 7 gennaio 1982 è stato ucciso il padre Michele, schierato con i corleonesi e ucciso dai perdenti di quella guerra.
Non contento, Giuseppe Graviano ha chiesto pure di potersi costituire parte civile per il figlio minorenne ma su questa istanza il giudice si è riservato di decidere. Il processo è stato rinviato al 16 gennaio 2012.
Tocca ai giudici palermitani decidere. Io rimango interdetto. Come fanno notare giustamente i familiari delle vittime di mafia (quelle vere), i Graviano andranno anche in causa civile e chiederanno un risarcimento? Oppure saranno ammessi al fondo di rotazione 512 "per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso"?
Per la cronaca, gli aspiranti parenti di "vittime di mafia" Graviano sono gli assassini, tra gli altri, di don Pino Puglisi, delle stragi di Firenze e Milano, del piccolo Giuseppe Di Matteo.

giovedì 10 novembre 2011

Emme-Zeta, Esse-Esse

Quando in estate il Palermo ha comprato l'israeliano Eran Zahavi, mi sono subito chiesto se la sua esperienza italiana sarebbe stata come quella di Tal Banin o al contrario quella di Ronny Rosenthal. Israele non ha una tradizione calcistica di rilievo e in Italia ha giocato solo Banin, centrocampista del Brescia per tre stagioni, dal 1997 al 2000.
Prima di lui era toccato al centravanti Rosenthal, ma solo per qualche giorno: nel 1989 arrivò a Udine in prova, ma fu rimandato indietro, ufficialmente per problemi alla schiena. Sui muri della città friulana erano comparse però scritte antisemite e fu facile credere che quello fosse stato il motivo che convinse la società bianconera a non ingaggiare Ronny. Nel 1995 il pretore del lavoro di Udine decretò che non c'entravano motivi razziali, stabilendo comunque l'illegittimità della rottura del contratto e condannando l'Udinese a pagare 61 milioni di lire a Rosenthal per mancato guadagno.
Vabbè, nel 2010 ci sarebbe stato pure Eyal Golasa, preso dalla Lazio, ma restato a Roma solo cinque giorni, per il mancato accordo tra la società biancoceleste e il Maccabi Haifa. Non lo conto per ovvie ragioni, anche se non nascondo che mi incuriosiva l'approdo di un ragazzo israeliano al cospetto di una certa parte della tifoseria laziale. Se non altro perché ricordo le contestazioni nel 1992 contro Aron Mohamed Winter. Olandese, nero: bastò un nome di origine ebraica per scatenare il razzismo più becero.
Zahavi, arrivato dall'Hapoel Tel Aviv, è un buon calciatore; sto aspettando di capire se si tratterà dell'ennesimo colpo del Palermo a basso costo, della strategia delle plusvalenze che porta a scovare talenti oscuri, farli crescere e poi rivenderli a caro prezzo.
Compagno Zamparini?
Quando c'è di mezzo la squadra rosanero, c'è di mezzo il presidente Maurizio Zamparini. La parola più comune per definire l'imprenditore friulano è "vulcanico". Mangia-allenatori (ironia della sorte, al momento in cui scriviamo, il tecnico del Palermo si chiama Mangia, ndr), ce l'ha con molti, se non proprio con tutti. Ora si è messo in testa che il passaggio dell'argentino Javier Pastore al Psg è conseguenza di un'estorsione da parte dell'agente del calciatore.
«Una cosa simile, in ambito diverso, accade in America dove ci sono avvocati per la maggior parte di estrazione ebraica che aspettano i propri futuri clienti fuori dai tribunali e ospedali, promettendo consulenze gratuite che poi si rivelano invece con percentuali di provvigioni altissime, anche del 50%». No comment. Se non è antisemitismo questo...
Le reazioni indignate, giustamente, sono arrivate subito. Così Vittorio Pavoncello, presidente della Federazione Italiana Maccabi (l'associazione che si occupa della promozione sportiva nelle comunità ebraiche) e consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane con delega allo sport: "parole inaccettabili", "frase fuori luogo", "parole che disturbano molto, offendono un popolo". Pavoncello ha pure scritto a Figc e Lega Calcio, condannando «il ricorso a una facile ironia su temi delicatissimi, sui quali bisogna saper misurare le parole. Ma soprattutto sarebbe opportuno che Zamparini si limitasse a parlare di calcio o delle sue attività commerciali, senza disquisire di argomenti che alimentano razzismo e antisemitismo». Sottoscrivo in pieno. Anche perché Emmezeta è un tesserato molto in vista, non un ultrà fascista qualsiasi.
Appena arrivato alla Favorita, Eran Zahavi aveva detto di essere stato accolto benissimo dai tifosi del Palermo e infatti non si è mai sentito (né mai si sentirà) parlare di offese o insulti razziali nei suoi confronti. Mi auguro che ancora non abbia imparato l'italiano così bene da capire gli sproloqui del suo presidente.
Domanda ingenua: ma per comprare Zahavi dall'Hapoel, Zamparini non ha trattato forse con avvocati ebrei?

lunedì 7 novembre 2011

61-0, e palla al Centro

Diversi modi di gestire la sconfitta in Sicilia... (da Rosalio.it)
La prima volta che ho votato alle elezioni era il 13 maggio 2001 (sì, quelle elezioni). Io sono un assiduo frequentatore dei seggi, le elezioni per me sono sempre un appuntamento molto importante, nonostante tutto e tutti. Certo, un battesimo di fuoco come quello non lo dimentico: erano le elezioni del famoso e famigerato 61-0, il "cappotto" siciliano dell'armata berlusconiana sulle macerie del centrosinistra. Risultato che ha lasciato più di un trauma. Col tempo, comunque, le risposte al perché l'Ulivo perse così sono arrivate da sole: ad Acireale schierò Vittorio Cecchi Gori, tanto per dirne una. Cecchi Gori? Ad Acireale?!?
Ora quella Sicilia politicamente (forse) non c'è più, ma non per eventuali meriti del centrosinistra, quanto per le acrobazie, i trasformismi e i ribaltoni della sterminata galassia della destra siciliana. La verità l'ha detta Angelino Alfano nove mesi fa, prima di diventare il segretario politico del Pdl, ma già ben consapevole del suo ruolo. Alfano ammoniva che "la maggioranza dei siciliani resta di centrodestra". E non gli si può dare torto. Sono le elezioni a confermarlo. Solo che è cambiato il centrodestra. Frammentato, spaccato, l'un contro l'altro armati.
Spesso si sente ripetere banalmente che la Sicilia è un laboratorio politico: non si può negare in effetti che la Trinacria inauguri fenomeni e tendenze che poi trovano (più o meno) fortuna anche a Roma. Vero che Futuro e Libertà è sostanzialmente Gianfranco Fini, ma tra i nomi di spicco ci sono i falchi siciliani Fabio Granata e Carmelo Briguglio. E l'Mpa è una creatura del governatore siciliano Raffaele Lombardo.
Ed è qui che volevo arrivare. Lasciando perdere le complicate e a volte inspiegabili geometrie dei palazzi palermitani, stavo notando in questi giorni che tra i tanti, veri o presunti "traditori", ex fedelissimi che stanno (starebbero) abbandonando Berlusconi, i siciliani fanno la loro bella figura. Si va dalle ex colombe di Fli Adolfo Urso e Pippo Scalia, che hanno lasciato il gruppo finiano per il misto, hanno dato la loro fiducia l'ultima volta ma ora sembrano insofferenti. Poi c'è il battitore libero Domenico "Mimmo" Scilipoti che, sempre parlando di sé in terza persona, non esclude sorprese. Figurarsi.
Il nuovo approdo dei delusi del Pdl sembrerebbe essere l'Udc. Eppure dai centristi fuoriusciti che facevano capo al ministro Saverio Romano (e ancora prima a Cuffaro) arrivò alla maggioranza la stampella salvifica del Pid. Quel partito-movimento però ha perso per strada pezzi importanti come Calogero Mannino, e ora Pippo Gianni non garantisce nulla sulla fiducia.
Uno dei critici della prima ora era stato Antonio Martino, ex ministro e tessera numero 2 di Forza Italia. Uno degli ultimi è invece suo cugino Francesco Stagno d'Alcontres, barone di Scuderi, nato a Malta. Da qualche mese tra i transfughi miccicheani, ha lasciato poco spazio ai dubbi, con un realismo politico da manuale: «Un sacco di deputati, annusando l'emergenza, vanno a Palazzo Grazioli per ricattare il premier. Io non posso perdere la faccia con i miei elettori, quindi chiedo anche io». Apprezzabile l'onestà intellettuale, diciamo così. E comunque le sue richieste, almeno, riguardano gli aiuti per le zone di Messina sommerse dal fango nel 2009.
I nomi sarebbero ancora tanti, soprattutto se si va ad analizzare cosa succede nelle singole realtà locali, nelle amministrazioni e nei circoli di partito in Sicilia. Quasi tutto sembra muoversi in quel variegato magma che è il centro cattolico, nella migliore tradizione della Sicilia come feudo democristiano (ex-, post-, neo-).
Prima e Seconda Repubblica
Vorrei chiudere però con un'eccezione di grande rilievo. Si chiama Carlo Vizzini, un nome per niente sconosciuto a chi abbia qualche ricordo della cosiddetta Prima Repubblica. Il senatore Vizzini è stato segretario dell'ormai disciolto Partito socialdemocratico (Psdi) e non ha mai dimenticato le sue origini politiche. Il Pdl vuole diventare il raggruppamento dei cattolici moderati, quindi non c'è più spazio per un socialista come lui. E infatti ha precisato, a scanso di equivoci, di aver aderito al Psi di Riccardo Nencini, che sta dalle parti del centrosinistra: «Non morirò democristiano, io che nel 1992 fondai con Craxi e Occhetto il Partito socialista europeo».
Avevo nove anni quando vidi il primo comizio della mia vita: 1992, Achille Occhetto a Modica. Il cerchio si chiude?

Aggiornamento dell'8 novembre 2011.
Il voto alla Camera sul Rendiconto dello Stato per il 2010 ha decretato ormai la fine della maggioranza di centrodestra. Al colpo hanno contribuito anche le assenze di Mannino e Stagno d'Alcontres. Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?

venerdì 28 ottobre 2011

Michelino il Cianciulino

Dalle mie parti quando uno è piagnone, piagnucoloso, lamentoso, si dice "cianciulinu".
Michele Santoro sta per partire con il suo programma Servizio pubblico, trasmesso sul web e da una rete di tv locali. Anche gli spettatori siciliani potranno seguirlo. Basterà sintonizzarsi su Antenna Sicilia.
Un momento. Sono solo io a storcere un po' il naso? Antenna Sicilia è di proprietà di Mario Ciancio Sanfilippo, l'editore-direttore-imprenditore monopolista dell'informazione nella mia Regione.
Non sto mettendo in dubbio le capacità di Santoro. Però dopo essersi paragonato a Mohamed Bouazizi, il tunisino che si è dato fuoco a gennaio e ha dato il via alla Rivoluzione dei gelsomini, ora il campione autoproclamato della libertà di stampa si mette d'accordo con l'uomo che tira le fila del mondo dei media e della comunicazione in Sicilia. Un Berlusconi siciliano, posso azzardare? Uomo di grande potere, Ciancio. Potere trasversale, beninteso.
Ecco, ripeto, chi si lamenta troppo, dalle mie parti, si chiama "cianciulinu"... Mi piacciono i giochi di parole, tutto qui.