Ho letto molti libri di Leonardo Sciascia e molti ancora me ne mancano. Conosco la famosa e triste querelle sui “professionisti dell’antimafia”. Ho sempre apprezzato lo scrittore di Racalmuto (AG), ma su quella polemica la mia posizione è più vicina a quella di chi lo ha criticato. O meglio, da lì è partita strumentalmente una campagna di delegittimazione – che Sciascia non voleva – contro la magistratura; l’obiettivo iniziale di Sciascia era stato un giovane Paolo Borsellino. Per assurdo, lo scrittore se la prese per un avanzamento di carriera del giudice che avrebbe scavalcato “per meriti” colleghi più anziani. Insomma, la retorica della meritocrazia invertita. Ormai si tende a interpretare e contestualizzare quell’articolo del 1987 “assolvendo” Sciascia (lo scrittore e il giudice fecero pace), ma rimangono alcuni aspetti critici – altrettanto giustamente. Senza tanti giri di parole, la polemica sciasciana viene puntualmente riesumata ogni volta che si alza una voce antimafia critica, soprattutto tra gli “intellettuali” (che siano Saviano, Giulio Cavalli o un qualsiasi giornalista sotto scorta). Si dice: lasciamoli perdere, sono i soliti professionisti dell’antimafia. Immagino che Sciascia avrebbe evitato volentieri un futuro postumo da voce dell’anti-antimafia e dell'anti-magistratura.
Ora però Sciascia continua suo malgrado a essere simbolo di questa critica. Proprio in coincidenza del novantesimo anniversario della nascita. E in un modo che non riesco a definire in altro modo se non grottesco. Il sindaco di Racalmuto, Salvatore Gioacchino Petrotto, ha proposto di dare il "Premio Leonardo Sciascia per la giustizia giusta" a Silvio Berlusconi. Al perseguitato Silvio Berlusconi. Inutile dire che la famiglia dello scrittore e la fondazione che porta il suo nome sono contrarissimi. Anche il partito di provenienza di Petrotto non ne vuole sapere. E il partito non è il Pdl né un altro pezzo del centrodestra berlusconiano. Petrotto è stato eletto con una lista civica sostenuta dal Pd ed è stato fino a qualche tempo il coordinatore provinciale dell'Italia dei Valori. Un dipietrista. Che non a caso ha cercato una sponda nel redivivo Domenico Scilipoti, ex collega nell'Idv e probabilmente neo-collega sulla strada della conversione berlusconiana. Per inciso, lo Sciascia politico era stato radicale e indipendente del Pci. La nota del sindaco sulla proposta comunque farebbe impallidire anche il più convinto dei peones: «Ho a lungo meditato sulla lunghissima battaglia per la libertà condotta dal nostro presidente contro ogni forma di potere inquisitorio».
Io non parlerei solo di provocazione, piuttosto sembra che Petrotto stia cercando un riposizionamento politico. E stia provando a far passare l'idea che anche le sue grane giudiziare – ne ha, ne ha... – siano una persecuzione.
Se fosse vivo, Sciascia avrebbe forse liquidato tutto con il titolo di una sua piccola raccolta di racconti: Cronachette.
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