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martedì 25 ottobre 2011

Rossella Urru

Quando ho conosciuto Rossella, ricordo che mi ha detto una cosa curiosa e divertente. Non aveva mai sentito parlare prima di Modica, se non da alcuni emigrati italiani conosciuti quando lavorava in ambasciata in Venezuela. Quegli emigrati, con moltissime probabilità, sono miei parenti, dato che Ro diceva di aver parlato con molti Caccamo in Sudamerica. E io ho parenti modicani in Venezuela che si chiamano Caccamo.
Ro l'ho conosciuta a Ravenna, dove ci siamo specializzati tutti e due in cooperazione internazionale, lei un anno prima di me. Questa è la caratteristica di Rossella, sempre in giro per il mondo, a occuparsi di diritti umani e a preoccuparsi delle cose brutte che succedono un po' ovunque.
Ro è Rossella, Rossella Urru. Sono sincero, sono stato molto indeciso (e lo sono tuttora mentre scrivo) se scrivere questo post oppure no. In qualche modo sono un giornalista e in questi giorni il nome di Ro sta occupando le mie giornate per lavoro, anche se so di non riuscire a essere sufficientemente sereno. In realtà, inevitabilmente, se penso a lei è per amicizia, affetto e non per necessità professionale. Mi permetto di scrivere qui qualcosa perché mi piacerebbe dire a chi, per caso o volutamente, legge questo blog, chi è Rossella Urru.
In questi giorni sto ripetendo che Rossella non è solo una cooperante rapita in Algeria, ma è anche e soprattutto una mia carissima amica. Ro non lo sa, ma anche io e tutti gli altri "quattro gatti" di Ravenna siamo lì con lei. E siamo anche a Samugheo, insieme a papà Graziano e mamma Marisa, insieme al Grande Uomo Fausto, fratello speciale, e con Mauro, il piccolo di casa, l'autore della bellissima caricatura che ho scelto come mio ritratto. Siamo tutti una famiglia, adesso. Siamo tutti vicini, in silenzio e con affetto.
Impossibile, tra l'altro, non diventare amico di Rossella, non volerle bene. A Ravenna eravamo in pochi, appunto quattro gatti, la città non è che offrisse troppo a un gruppetto di studenti, quindi era inevitabile che ci si frequentasse tutti. E allora le cene a casa sua, una birra, qualche serata nei pochi locali di Ravenna, anche semplicemente quattro chiacchiere tra amici.
E parlare con Rossella è sempre un piacere. Davvero entusiasta di quello che fa, anche quando sa di essere stanca. Crede davvero nella cooperazione. Si arrabbia davvero quando vede ingiustizie, scorrettezze e discriminazioni. Coraggiosa senza arroganza, ma con la semplicità e la genuinità di una ragazza sarda consapevole che il mondo là fuori non lo si può ignorare.
Adesso in tanti sono andati a ri-scoprire l'amore di Ro per il popolo sahrawi. Beh, credo che solo chi la conosce da un po' di tempo abbia davvero un'idea di quanto le stia a cuore il destino di quella terra lacerata e abbandonata nell'indifferenza generale. Ricordo la sua tesi, in antropologia culturale, sulla "paura dei piccoli numeri": la paura del debole, la violenza sulle minoranze che diventano oggetto della furia collettiva, Ro ne parlava a proposito dei sahrawi. E Ro è molto brava: 110 e lode con menzione speciale per la dignità di stampa.
Negli ultimi mesi ci siamo scritti qualche volta su Skype. Bello leggere dei campi, del lavoro, anche pesante, che fa lì. Del tè prima di andare a letto o delle passeggiate sotto il cielo del deserto. Al cielo del deserto, a quel cielo, pensavo quando sono stato in Congo. Io ero nella foresta, all'Equatore, in un'altra porzione di cielo africano, ma a volte mi veniva spontaneo pensare che poco più su Ro stava lavorando nei campi profughi sahrawi di Tindouf. Io, in confronto a lei, non ho davvero fatto nulla...
Però devo per forza sorridere, se penso a una cosa. Ogni tanto, quando vado a controllare la provenienza dei visitatori di questo blog, trovo una visita, una, dall'Algeria. E non voglio avere dubbi su chi sia!
Bene, voglio tornare presto ad avere una lettrice speciale dal deserto algerino, che magari sorride mentre sorseggia l'ultimo tè della giornata e poi va a fare una passeggiata sotto le stelle.

domenica 5 giugno 2011

La Djerba del vicino è sempre più verde

Chi mi conosce o chi ha visitato ogni tanto questo blog, sa che all'università ho studiato diritti umani e cooperazione internazionale. Anche se adesso mi occupo di altre cose, quel mondo e quei temi rimangono sempre tra i miei riferimenti e i miei interessi. Per molto tempo, da siciliano, mi sono chiesto che cosa aspettasse la mia Regione ad approfittare - in senso buono - della sua posizione al centro del Mediterraneo. L'opportunità sarebbe dovuta essere la dichiarazione di Barcellona del 1995, che apriva la strada alla partnership euromediterranea, «al fine di trasformare il Mediterraneo in uno spazio comune di pace, di stabilità e di prosperità attraverso il rafforzamento del dialogo politico e sulla sicurezza, un partenariato economico e finanziario e un partenariato sociale, culturale ed umano», come recitavano le altisonanti intenzioni dei 27 governi che sottoscrissero quell'accordo, i quindici membri Ue di allora più dodici Paesi nordafricani e mediorientali. La presenza di tutti e 15 gli "europei" aveva un senso a livello organizzativo, ma mi sono sempre chiesto che interesse potessero avere i paesi nordici nei confronti dello sviluppo e della cooperazione nel Mare Nostrum. E infatti è rimasto quasi tutto sulla carta, privilegiando piuttosto il veloce allargamento dell'Unione a est. Tra l'altro anche tra gli extra-europei c'era (e c'è) qualche stato dai discutibili legami con il Mediterraneo. La Giordania ha un solo sbocco al mare, ad Aqaba sul Mar Rosso. Però strategicamente vale...
Europa, Tunisia, Sicilia, Italia
Siccome non è mai troppo tardi, ora stringono i tempi per presentare proposte e progetti nell'ambito della cooperazione transfrontaliera tra Italia e Tunisia, un programma di partenariato per il periodo 2007-2013. Quindi qualcosa sembrerebbe muoversi. Sarebbe assurdo che non si faccia nulla in piena "primavera araba". La Tunisia è molto vicina, non solo geograficamente. I territori "eleggibili", cioè che possono essere coinvolti, sono otto gouvernorats della Tunisia settentrionale e cinque province siciliane: Agrigento, Caltanissetta, Ragusa, Siracusa, Trapani. Le stesse già interessate dal programma operativo Italia-Malta, nel quale potrebbero infilarsi anche Catania e Palermo. E comunque Malta è già nell'Unione Europea dal 2004.
In che cosa consisterà questa cooperazione tra Sicilia - pardon, Italia - e Tunisia? E soprattutto, chi ci guadagna di più? Le voci strategiche sono lo sviluppo e l'integrazione regionale (economia, immigrazione, ricerca), lo sviluppo duraturo (energie rinnovabili, patrimonio culturale, ambiente, risorse naturali), la cooperazione culturale e scientifica (associazionismo, formazione e scambio giovanile e studentesco). Insomma, più o meno quello che da oltre quindici anni è previsto sulla carta. Finora nella lista dei beneficiari la Regione Siciliana figura con progetti che ammontano a quasi 1,1 milioni di euro per il 2009 e 2010. Il budget complessivo è di 22 milioni, 9 dei quali predisposti per i progetti strategici. Si parla ufficialmente di "sfide comuni, obiettivi condivisi".
Però c'è un rischio, abituale in queste occasioni: che sia l'Italia (e dunque la Sicilia) a usufruire delle opportunità economiche vantaggiose offerte dal partenariato. Sono già 744 le imprese italiane o a partecipazione italiana in Tunisia. Il nostro paese è il secondo partner commerciale di Tunisi e il terzo per flussi turistici dall'altra parte del Canale di Sicilia. Non c'è certo bisogno di essere dietrologi, ma è più probabile che un investitore (anche istituzionale) italiano vada in Tunisia e non viceversa.
Purtroppo ho già visto come funziona certa cooperazione nord-sud. Soprattutto se il sud è l'Africa.