venerdì 3 novembre 2017

Sei gradi di separatismo

Il re Federico, l'aquila sveva, la scuola poetica, il Vespro, Ruggero II, i separatisti del Dopoguerra, il 1848, la Trinacria e le bandiere giallorosse. Persino una (bellissima) maglia di una ufficiosa nazionale di calcio.... C'è tutto questo e anche altro nella simbologia che uno dei partiti in corsa per le regionali, il movimento Siciliani liberi, prova a spendere per raccogliere voti in una terra, appunto la Sicilia, che ogni tanto riscopre, intimamente e pubblicamente, il suo animo indipendentista.
Lasciamo perdere la campagna elettorale, però. Qualche giorno fa, il nome del movimento Siciliani liberi ha avuto una piccola ribalta non solo nazionale ma persino internazionale. Il suo leader e candidato presidente della Regione, Roberto La Rosa, ha fatto sapere che se diventasse governatore darebbe «asilo politico a Carles Puigdemont (il presidente catalano destituito, ndr), assolutamente sì», anzi glielo darebbe da subito, «perché noi siamo solidali coi catalani, che come noi stanno portando avanti una lotta per l'indipendenza col metodo gandhiano».
I sicilianisti sono stati in effetti tra i primi, tra i pochissimi al mondo in verità, a riconoscere l'indipendenza catalana, insieme ad alcuni sardi e a qualche aspirante repubblica del Caucaso, come l'Abkhazia e l'Ossezia del Sud. Sul sito del movimento Siciliani liberi campeggia, tra i riferimenti storici, anche la bandiera del fu Evis, l'Esercito volontario per l'indipendenza della Sicilia creato nel febbraio 1945 da Antonio Canepa, il braccio armato fiancheggiatore del Mis (Movimento per l'Indipendenza della Sicilia). I colori di quella bandiera somigliano notevolmente alla Estelada, il vessillo separatista della Catalogna, con le stesse quattro bande rosse su fondo giallo mutuate dal simbolo della Corona d'Aragona.
Quel che è curioso è che, alla fine, appena sbarcano in Sicilia tutti i partiti nazionali riscoprono il grande mito dell'autonomia. Non ultimo Beppe Grillo che ha addirittura fatto un parallelo proprio con la Catalunya: «Il mondo va verso il decentramento, che è il futuro della democrazia. Con lo Statuto speciale qui si possono fare cose che noi in Italia non possiamo fare, qui si può sperimentare il futuro».
Morale: son tutti siciliani, con l'autonomia degli altri.

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