giovedì 27 novembre 2014

Il paradiso pantesco

Certo, fa sorridere che quanto di più concreto, "terreno" e materiale possa esserci, come l'agricoltura, finisca per meritarsi un riconoscimento come "patrimonio immateriale dell'Umanità"... Però è andata così, e dunque l'Unesco, che oltre a tutte le bellezze artistiche, ambientali e storiche, inscrive nelle sue liste anche beni "immateriali", ha inserito per la prima volta una tecnica di coltivazione. Riconoscendo dunque all'agricoltura la dignità che le spetta. E non lo dico per retorica. Ricordo una delle cose più belle che mi siano mai state dette, sarà stato 25 anni fa: un capoufficio di mio padre mi disse «Ti chiami Giorgio, sai cosa vuol dire in greco? È il mestiere più nobile che esista: il contadino». Avendo due nonni contadini, e uno si chiamava Giorgio, tutto quadrava.
E quindi adesso trovo bello che l'Unesco, all'unanimità, abbia riconosciuto, dopo quattro anni di lavoro, La pratica agricola tradizionale della coltivazione della “vite ad alberello” della comunità di Pantelleria, lo Zibibbo, come meritevole di entrare nella lista (andandosi ad aggiungere alla dieta mediterranea e all'opera dei Pupi, per esempio). La vite, l'uva, la vigna, la coltivazione, anzi l'allevamento, come si dice in viticultura: non il vino, non il passito, non il meraviglioso prodotto enologico dell'isoletta che in arabo vuol dire "figlia del vento". No, proprio la tecnica, il modo di coltivare in quegli spazi angusti, pre-desertici, una grande materia prima, il vitigno che tecnicamente si chiama Moscato d'Alessandria. Si creano buchette profonde una ventina di centimetri e il vigneto prende forma di piccoli alberelli all'interno di queste conche, un modo per sfruttare al meglio le scarse risorse idriche di Pantelleria e reagire al clima tunisino. La vite dunque come simbolo dell'identità pantesca, insieme ai terrazzamenti, ai capperi, ai giardini arabi di agrumi, ai dammùsi di pietra scura. La terra e l'agricoltura, anzi, agri-cultura. La terra è cultura, insomma.
La cultura la spiegano le motivazioni dell'Unesco: la trasmissione orale delle competenze, di famiglia in famiglia, perlopiù in dialetto, in un'isola in cui 5mila persone (su 7.600 abitanti) hanno almeno un pezzetto di terreno coltivato a vite usando metodi sostenibili. Questa viticoltura è, per gli esperti di Parigi, una "pratica sociale".
Complimenti a tutta Pantelleria, a tutta la Sicilia patrimonio Unesco, al ministero dell'Agricoltura, all'Italia e al professor Pier Luigi Petrillo, docente di Diritto pubblico alla Sapienza di Roma e di Teoria e tecniche del Lobbying alla Luiss. È lui l'autore del dossier di candidatura, suo il merito di aver fatto inscrivere nelle liste Unesco anche la dieta mediterranea e i paesaggi vitivinicoli delle colline piemontesi. Brindo alla loro salute. Con un bicchiere di Zibibbo.

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