mercoledì 9 febbraio 2011

Spremute di agrumicultori

Negli ultimi giorni l'agricoltura siciliana è scossa da una polemica vibrante e mediatica. Mi riferisco alle accuse televisive del tale Alessandro Di Pietro contro la presunta mano mafiosa dietro la produzione e la commercializzazione dei pomodori di Pachino. Dei legami tra le varie organizzazioni mafiose nelle attività dei mercati ortofrutticoli, sappiamo già da tempo. Vittoria-Fondi-Milano, il triangolo della collaborazione tra tutte le mafie. D'altra parte, poco prima il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso aveva detto più o meno le stesse cose che Di Pietro ha esternato con la sua uscita infelice. Infelice perché solo dopo le inevitabili polemiche il presentatore ha ristretto il campo del "boicottaggio" alle produzioni non Igp, quindi senza disciplinare. Insomma, la politica ha preso a sbraitare, a tutti i livelli. E il centrodestra siciliano ha trovato un altro Di Pietro con cui prendersela. La polemica è strumentale o perlomeno tutto è nato da malintesi e dall'imprudenza di una persona evidentemente non molto ferrata sull'argomento. E infatti la Rai ora chiede scusa per l'equivoco.
Ma in realtà non voglio parlare di questo. Una vera emergenza nell'economia agricola siciliana è nel mercato delle arance. Mio nonno ha coltivato agrumi per buona parte della sua vita e sento parlare da anni della crisi del settore. L’Isola è il maggiore produttore italiano di arance, eppure c’è il problema della raccolta, soprattutto quando la produzione supera le aspettative e abbatte i prezzi già estremamente bassi. La crisi colpisce 25mila produttori (93mila ettari coltivati ad agrumi, 98mila lavoratori tra diretti e indotto, commercio escluso). Soprattutto piccoli proprietari terrieri, con appezzamenti di pochi ettari, che non ce la fanno a far quadrare i conti.
Il calcolo è presto fatto. Per produrre un chilo di arance ci vogliono 30 centesimi, mentre i commercianti le comprano tra i 15 e i 25 centesimi al chilo, per l’alta qualità destinata alla tavola. Per il prodotto destinato all’industria (10%), il prezzo è di 8-9 centesimi al chilo per le arance bionde e 10 cent per le rosse. E la manodopera ammonta a 80 euro al giorno. Ecco perché nel settore si punta alla manodopera straniera, con tutto quello che ne consegue: lavoro nero, caporalato, estorsioni. Anche le arance piacciono alla mafia, insomma.
La colpa è anche della grande distribuzione, che impone ai supermercati l'acquisto di agrumi non siciliani. Che costano meno, perché li coltivano lavoratori che costano meno. In Perù, Sudafrica e Tunisia. E a me una volta è pure toccato sentire dagli spagnoli che sarebbe la Sicilia a manomettere il mercato a suo favore... Non bastano gli incentivi e i contributi europei, né i tentativi di conquista dell'estero (Cina compresa). Provare a espandersi e arrivare lontano non è una cattiva idea, ovvio, ma forse la soluzione migliore è puntare sulla qualità.

I costi di produzione sono quelli che sono, i prezzi al dettaglio li conosciamo un po' tutti. Intanto non ci sembra assurdo pagare nove euro per "le arance della salute" della ricerca anticancro. Giusto e lodevole. Però non so quanti siano disposti a spendere cifre simili (3 euro al chilo) al supermercato. Ci si accontenta di pagare anche meno della metà per biglie cerate israeliane.

Sizilien über Alles?

Tutte le volte che si gioca Italia-Germania, il pensiero corre inevitabilmente alla mitica semifinale dei mondiali di calcio Messico 1970. La partita del secolo, 4-3, i supplementari più emozionanti della storia, la targa commemorativa allo stadio Azteca. Con il tema di questo blog, in effetti non c'entrerebbe molto. Ma faccio lo stesso un paio di considerazioni (pretestuose) e riuscirò a infilarci la Sicilia. Tiè.
A quei Mondiali avrebbe dovuto partecipare il più grande calciatore siciliano della storia, Pietruzzu "u' turcu" Anastasi. Non arrivò a Ciudad con la squadra di Valcareggi a causa di un problema fisico. Non dico infortunio, perché non fu un classico infortunio calcistico. Né parlo dell'appendicite pre-Mondiale di cui si è spesso parlato ufficiosamente. Non partecipò invece per un altro motivo: uno scherzo con un massaggiatore negli spogliatoi durante il ritiro a Toluca. Fu colpito con un asciugamani bagnato ai genitali e fu costretto a operarsi d'urgenza per riparare la torsione di un "funicolo spermatico". Peccato per lui (in tutti i sensi), il catanese era fortissimo (memorabile un suo gol contro la Jugoslavia in finale degli Europei 1968).
Un altro siciliano in quel mondiale c'era, ma giocò poco, entrando solo nel secondo tempo della partita contro l'Uruguay. Il palermitano Giuseppe Furino. Quello era comunque il suo esordio assoluto con la maglia della Nazionale.
Nelle altre storiche partite tra l'Italia e la Germania, cioè finale dei mondiali 1982 e semifinale 2006, niente siciliani. Vabbè, in Spagna c'era pure Claudio Gentile, nato in Libia da una famiglia originaria di Noto.
Ma poi al massimo un giocatore del Palermo (su quattro in rosa), comunque decisivo, l'eroe del mondiale tedesco Fabio Grosso.
Stasera si gioca a Dortmund, nello stesso stadio della semifinale del 2006. Nessun siciliano, ancora tre calciatori rosanero, più la "Formica Atomica" Giovinco, torinese di padre palermitano di Bisacquino.
Ecco, questo post è stato una scusa per raccontare quanta poca Sicilia c'è stata mediamente nel calcio azzurro. Però dopo quella partita del 17 giugno 1970, il Coni regionale si inventò un "Trofeo Sicilia" di calcio. Non capisco che legame potesse esserci, intanto siamo arrivati alla 41esima edizione.
E io ho scritto un post altrettanto scollegato.

lunedì 7 febbraio 2011

L'Orlando appassionato

«Vi racconto il mio SB». Parola di Leoluca Orlando. Non è una improvvisa (e improbabile) dichiarazione di stima e vicinanza al "nemico". SB non sono le iniziali del presidente del Consiglio, ma è l'abbreviazione di Superbowl. Football americano, dunque. Che c'azzecca Orlando (direbbe il suo capo di partito)? Beh, è il presidente della Fidaf, la federazione italiana di questo sport. Sì, proprio lui, l'ex sindaco di Palermo, l'uomo della "primavera antimafia", il volto della stagione della Rete, il pasionario dell'Italia dei Valori, l'intellettuale germanofono.
Da primo cittadino era riuscito addirittura a portare nel 1999 nel capoluogo isolano la prima edizione del campionato mondiale di football americano. Il legame con quello sport è stato tale che dal 2002 Orlando è il presidente federale. Di una disciplina che negli ultimi anni cresce in numero di praticanti e club (76 affiliati) e che da un mese è pure associata al Coni. Per la cronaca, il football americano non è uno sport olimpico. In Italia invece è affiliato al comitato olimpico. Misteri della fede(razione).
Chissà se touchdown e quarterback sono traducibili in siciliano... Per chi non ci credesse, il legame tra Sicilia e football americano però era saldo già prima di Leoluca Orlando.
1978, capolavoro di un regista nato a Corleone, Michele Lupo, un altro palermitano:

venerdì 4 febbraio 2011

Buche nere

Qualche giorno fa Wwf Italia ha diffuso un comunicato in cui rivendica i risultati positivi ottenuti nel 2010 e presenta i progetti per il nuovo anno. Tra le vittorie, la condanna - risalente al novembre scorso - inflitta dal tribunale di Sciacca (AG) ai responsabili dei lavori di costruzione del Golf Resort nella città saccense. L'organizzazione ambientalista aveva presentato una denuncia contro la devastazione del territorio nella Piana del Verdura.
Golf e Sicilia, binomio curioso ma sempre più in voga. Da qualche tempo la Regione Siciliana ha puntato molto sullo sport delle 18 buche come risorsa per il rilancio turistico dell'Isola. Con una legge promulgata alla fine del 2008, l'assessorato al Turismo, Sport e Spettacolo, guidato allora da Titti Bufardeci, ha semplificato le norme per la realizzazione di campi da golf. Basta il parere di una conferenza dei servizi indetta dal comune interessato e dagli altri enti competenti per dare il via libera alla costruzione dei campi e delle relative strutture. Ma la normativa consente «gli sbancamenti, la modellazione dei terreni, i drenaggi, gli impianti d’irrigazione, la formazione del manto erboso e di laghetti artificiali»: in Sicilia si potranno costruire i green anche a 150 metri dalla battigia. Insomma, piena ragione agli ambientalisti.
Negli ultimi anni sono stati presentati 48 progetti per costruire nuovi impianti, ma oltre agli incentivi non mancano evidentemente le mire della speculazione edilizia, anche su terreni vincolati. Il caso del Verdura resort di Sciacca è significativo: due green, palestre, piscine, 200 posti letto, villette a schiera, 230 ettari complessivi e 125 milioni di euro di investimenti. Gli affari e gli interessi sono tali che una settimana fa è stato arrestato un dirigente sanitario di Sciacca per concussione: aveva ritardato la concessione di alcuni certificati chiedendo ai proprietari anglo-italiani del gruppo Rocco Forte l'assunzione del figlio in un prestigioso hotel nel centro di Roma.
Anche la recente costruzione del Donnafugata Golf Resort a Ragusa ha suscitato le polemiche degli ambientalisti per l'impatto idrogeologico e la cementificazione in un'area vicina a una riserva naturale. E intanto molti dei progetti turistici - anche esteri - sulla Sicilia passano dal green. Uno sceicco arabo che ha acquistato dai Costanzo (i "cavalieri") il complesso alberghiero della Perla Jonica ad Acireale, ora promette un porto turistico e naturalmente un campo da golf.
Molinari's e Manassero, fatevi un giro in Sicilia. Altro che siccità, l'Isola è diventata green.

mercoledì 2 febbraio 2011

Fiction victim

«Non leggiamo più per un po' Camilleri, Tomasi di Lampedusa o Sciascia perché sono una sorta di "sfiga" nei confronti della Sicilia. Ci vuole ottimismo»
Così diceva un anno fa il professor Mario Centorrino, assessore regionale all'Istruzione e alla Formazione professionale. Quasi una polemica d'altri tempi, quando la colpa era degli scrittori che diffamavano la bella terra di Sicilia. Polemica aggiornata al Duemila, però: la sfiga al posto della "supposizione calunniosa dei comunisti" (à la Tomasi di Lampedusa o Danilo Dolci) di cui parlava il cardinale Ruffini.
Ora, dopo un anno, Centorrino ha trovato un nuovo bersaglio. E non è la Piovra o qualche altra fiction antimafia o sulla mafia. Il nuovo colpevole è Agrodolce, sceneggiato Rai girato tra il 2007 e il 2009 nell'area di Termini Imerese. Ecco Centorrino: «Non mi piace che la Sicilia finanzi fiction come Agrodolce, che ritengo sia sbagliata nel suo messaggio e trasmette un'immagine alterata della nostra isola». I soliti modelli negativi della Sicilia esportati dalla tv, dunque. Proviamo a capire di cosa si tratta. La prima soap opera interamente girata in Sicilia, prodotta dalla Rai in collaborazione con il Dipartimento siciliano per i beni culturali. La Regione quindi coproduce la fiction, dei cui contenuti si occupa però la tv di Stato. L'ideatore di Agrodolce è Giovanni Minoli che replica a Centorrino, ricordando che anche il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, ha parlato di "esempio positivo". La fiction - anzi, romanzo popolare secondo Minoli - ha portato 600 posti di lavoro a Termini Imerese.
Uno degli attori della serie, il palermitano Ernesto Maria Ponte, ha definito "banale e fuori da ogni logica" l'affermazione dell'assessore: «Agrodolce arriva a chiunque con chiarezza e con un linguaggio immediato. Descrive i vari ceti sociali dell’isola, dai pescatori agli industriali, dall’alta borghesia all’aristocrazia. Propaga insomma un'immagine tranquilla e serena della nostra Isola». Ma a Centorrino non piace e non piacciono i modelli negativi (?) trasmessi dalla soap. Intanto però la regione Sicilia e Rai Fiction hanno firmato una  convenzione per mandare in onda i nuovi episodi a partire dalla prossima primavera.
Qualsiasi punto di vista è legittimo, ovviamente. Però qualcosa davvero non quadra. L'ultimo episodio è andato in onda su Rai3 il 24 luglio 2009. Centorrino avrà visto in questi giorni qualche brutta replica?