Ma il punto è un altro. L'anno scorso Helg, al premio intitolato a Libero Grassi, ammoniva che «racket e usura potranno essere sconfitti solo se le vittime denunceranno e collaboreranno con le istituzioni». Appunto quello che ha fatto il pasticciere dell'aeroporto. E a fine 2014 Helg polemizzava con Giuseppe Todaro di Confindustria e Addiopizzo, negando che il 90% dei commercianti palermitani paga il pizzo. Quello che colpisce dunque è il pericoloso e scivoloso binario di incoerenza (se non molto peggio) su cui viaggiano questi nuovi interpreti della svolta legalitaria delle associazioni di categoria in Sicilia. Quanto ci si può fidare di certi proclami? Duole fare questa domanda, ma è d'obbligo. La Camera di Commercio a guida Helg ha adottato nel 2014 un piano triennale di prevenzione della corruzione, con tanto di sportelli della legalità. Però, una volta che si è trovato in "condizione di bisogno", Helg ha optato per l'estorsione aggravata. «Caro estortore», scriveva Libero Grassi prima di morire...
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martedì 3 marzo 2015
Commercio all'ingrasso
Non più di venti giorni fa esprimeva giudizi netti sull'operato della giunta comunale di Palermo: Leoluca Orlando ha fatto alcune cose positive, ha buoni e cattivi assessori, ma lo stato del settore del commercio è drammatico. Così diceva qualche settimana fa Roberto Helg, presidente della Camera di Commercio e di Confcommercio del capoluogo-capitale. Helg, cognome perlomeno curioso per un palermitano, è da decenni un pezzo da novanta, uno che può dunque permettersi anche giudizi "politici" sulla sua città, ché poi è molto più di una città.
La notizia dell'arresto di Helg in flagranza di reato, per aver intascato una tangente da 100mila euro da un commerciante ristoratore all'aeroporto di Palermo, a Punta Raisi (dedicato, ricordiamolo, a Falcone e Borsellino...), è una di quelle che aprono scenari inquietanti. Perché il tentativo di giustificazione da parte di Helg – «L'ho fatto per bisogno, ho la casa pignorata» – è quasi peggio del fatto in sé, gravissimo. Ai vertici palermitani delle associazioni del commercio, settore tra i più vulnerabili e soggetti a pressioni e minacce, da circa 18 anni (28 aprile 1997) c'è lui, inamovibile, per cinque mandati consecutivi e incontrastati. Eppure l'imprenditore del settore "articoli da regalo", diplomato con la media del 7+, Cavaliere del Lavoro, per un decennio console onorario della Slovacchia in Sicilia, aveva dichiarato fallimento a fine 2012 e nonostante questo è rimasto in sella. E voleva approfittare della sua posizione (è anche vicepresidente della Gesap, l'ente di gestione dello scalo di Palermo). Ora il suo avvocato chiede i domiciliari, perché avrebbe problemi di salute.
Ma il punto è un altro. L'anno scorso Helg, al premio intitolato a Libero Grassi, ammoniva che «racket e usura potranno essere sconfitti solo se le vittime denunceranno e collaboreranno con le istituzioni». Appunto quello che ha fatto il pasticciere dell'aeroporto. E a fine 2014 Helg polemizzava con Giuseppe Todaro di Confindustria e Addiopizzo, negando che il 90% dei commercianti palermitani paga il pizzo. Quello che colpisce dunque è il pericoloso e scivoloso binario di incoerenza (se non molto peggio) su cui viaggiano questi nuovi interpreti della svolta legalitaria delle associazioni di categoria in Sicilia. Quanto ci si può fidare di certi proclami? Duole fare questa domanda, ma è d'obbligo. La Camera di Commercio a guida Helg ha adottato nel 2014 un piano triennale di prevenzione della corruzione, con tanto di sportelli della legalità. Però, una volta che si è trovato in "condizione di bisogno", Helg ha optato per l'estorsione aggravata. «Caro estortore», scriveva Libero Grassi prima di morire...
Ma il punto è un altro. L'anno scorso Helg, al premio intitolato a Libero Grassi, ammoniva che «racket e usura potranno essere sconfitti solo se le vittime denunceranno e collaboreranno con le istituzioni». Appunto quello che ha fatto il pasticciere dell'aeroporto. E a fine 2014 Helg polemizzava con Giuseppe Todaro di Confindustria e Addiopizzo, negando che il 90% dei commercianti palermitani paga il pizzo. Quello che colpisce dunque è il pericoloso e scivoloso binario di incoerenza (se non molto peggio) su cui viaggiano questi nuovi interpreti della svolta legalitaria delle associazioni di categoria in Sicilia. Quanto ci si può fidare di certi proclami? Duole fare questa domanda, ma è d'obbligo. La Camera di Commercio a guida Helg ha adottato nel 2014 un piano triennale di prevenzione della corruzione, con tanto di sportelli della legalità. Però, una volta che si è trovato in "condizione di bisogno", Helg ha optato per l'estorsione aggravata. «Caro estortore», scriveva Libero Grassi prima di morire...
sabato 21 maggio 2011
Ciao Giovanni (e Francesca, Vito, Rocco, Antonio)
Dieci anni fa l'attentato alle Torri Gemelle a New York è stato interpretato da tutti come uno spartiacque, un limite, il passaggio tra epoche, il biglietto d'ingresso molto salato al Ventunesimo secolo. Una tragedia, un evento di questa portata, un fatto eclatante, segna sempre la fine e contemporaneamente l'inizio di un'epoca, ma segna soprattutto le vite delle persone. Vorrei parlare qui del "mio 11 settembre", che in realtà è il 23 maggio. E non era il 2001, era il 1992.
Diciannove anni fa, non importa che fossi un bambino. Il 23 maggio 1992 è la mia data traumatica, il giorno che segna quel passaggio, il giorno in cui credo che sia nata la mia coscienza. Moriva Giovanni Falcone, con la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. La strage di Capaci, anche se in realtà l'attentato è stato compiuto nel territorio di Isola delle Femmine. Per chi non è siciliano, per chi non è nato in una famiglia che ha sempre educato alla legalità e al rispetto delle regole e allo schifo per la mafia, forse non è comprensibile che la strage di Capaci io l'abbia vissuta peggio del crollo del World Trade Center. Ero un bambino e quella è stata la mia formazione. Quando poi ammazzarono Paolo Borsellino, mi chiedevo chi sarebbe stato il prossimo, perché mi sembrava che fosse scoppiata la guerra. La mia terra reagì, ma per troppo poco tempo. A Falcone (e Borsellino) sono state intitolate strade, piazze, scuole. Anche l'aeroporto di Punta Raisi, dove Falcone era atterrato da Roma dieci minuti prima dell'attentatuni, ora è l'aeroporto Falcone-Borsellino. Qualche anno dopo la strage, io sarei andato alla scuola media "Giovanni Falcone" di Modica.
Il 23 maggio 1992 era il giorno in cui mi sono confessato per la prima volta in chiesa. Ricordo che con mia madre e mia sorella tornammo a casa e trovammo mio padre senza parole davanti alla televisione. Quando ci ripenso, ho difficoltà a frenare la commozione, come tutte le volte che vedo le foto di Falcone o le sue interviste in cui parlava di "dovere". E penso dunque al dovere, al lavoro, all'azione della polizia, dei carabinieri, dei giudici. Ma anche al disimpegno della politica, ai depistaggi e ai segreti. All'ipocrisia istituzionale di ogni 23 maggio (e ogni 19 luglio, e ogni altro giorno in cui è morto qualcuno per lottare contro la mafia). Anniversari, parole, ricordi vaghi e poi cosa rimane? Un pezzetto di guard-rail tinto di rosso vicino allo svincolo di Capaci è stato per tanto tempo l'unico segnale che lì c'era stata una strage orribile. Mi è capitato di passarci quando ancora non c'erano lapidi né fiori e l'aeroporto era solo Punta Raisi. Come se nessuno volesse ammettere che lì, in quel tratto della A29 Palermo-Mazara del Vallo, non era morto solo un giudice con la moglie e la scorta.
P.S. Avrei potuto e forse dovuto ricordare quel giorno tragico con un'immagine della devastazione allo svincolo di Capaci. Ho preferito le foto di Falcone da vivo. Sennò mi metto a piangere davvero.
Il 23 maggio 1992 era il giorno in cui mi sono confessato per la prima volta in chiesa. Ricordo che con mia madre e mia sorella tornammo a casa e trovammo mio padre senza parole davanti alla televisione. Quando ci ripenso, ho difficoltà a frenare la commozione, come tutte le volte che vedo le foto di Falcone o le sue interviste in cui parlava di "dovere". E penso dunque al dovere, al lavoro, all'azione della polizia, dei carabinieri, dei giudici. Ma anche al disimpegno della politica, ai depistaggi e ai segreti. All'ipocrisia istituzionale di ogni 23 maggio (e ogni 19 luglio, e ogni altro giorno in cui è morto qualcuno per lottare contro la mafia). Anniversari, parole, ricordi vaghi e poi cosa rimane? Un pezzetto di guard-rail tinto di rosso vicino allo svincolo di Capaci è stato per tanto tempo l'unico segnale che lì c'era stata una strage orribile. Mi è capitato di passarci quando ancora non c'erano lapidi né fiori e l'aeroporto era solo Punta Raisi. Come se nessuno volesse ammettere che lì, in quel tratto della A29 Palermo-Mazara del Vallo, non era morto solo un giudice con la moglie e la scorta.
P.S. Avrei potuto e forse dovuto ricordare quel giorno tragico con un'immagine della devastazione allo svincolo di Capaci. Ho preferito le foto di Falcone da vivo. Sennò mi metto a piangere davvero.
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Giovanni Falcone (1939-1992) |
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