A Campobello di Mazara non è stato facile raccogliere voci e reazioni dopo l'arresto di Matteo Messina Denaro, soprattutto nei primi momenti a caldo. Al di là dei silenzi, delle connivenze, delle omertà e della voglia di farsi serenamente i fatti propri, l'essere catapultati improvvisamente nel circo mediatico ha frenato molto la gente del paese. Più loquaci i giovani, giovanissimi, ma meritano un capitolo a parte. La curiosità c'era, sì, ma non tanto da esporsi. Persino una faccia come la mia, così siciliana da essere a-sud-di-Tunisi, risultava estranea, forestiera. L'ho visto in un bar della via principale, dove il mio ingresso ha subito destato quasi fastidio, quantomeno imbarazzo, a tal punto che la giovane barista mi ha servito velocemente e poi è uscita fuori con altri avventori a proseguire le chiacchiere interrotte dal mio arrivo. Aveva invece più voglia di parlare, e mi ha detto cose molto interessanti, l'edicolante di via Umberto, a pochi metri dallo studio del medico Tumbarello che firmava ricette e certificati al boss. Poco più che quarantenne, l'edicolante mi ha mostrato la pila di giornali invenduti sul bancone e quella ancora imballata sul retro: "Ho venduto solo una trentina di copie in una mattinata, quando in questi casi se ne vendono almeno 300. La gente non ha voluto saperne". Una sorta di silenzio autoimposto. "Un signore non voleva neanche farsi vedere con il giornale in mano". E poi un pacato atto d'accusa collettivo: "Assurdo che ora dicano tutti che non ne sapevano nulla. Io ho visto le immagini dell'arresto e secondo me quel signore con il cappotto di montone in passato è entrato anche qui. Non sapevo chi fosse, ma quanti vestono in quel modo?". Nota a margine: anche quei pochi che hanno voluto parlare quasi mai hanno pronunciato il nome di Messina Denaro, ma "lui", "quel signore", detto anche con disprezzo, chiaro. Il giorno dopo, qualche ora prima della scoperta del secondo bunker, ho fatto due chiacchiere con il benzinaio che si trova proprio di fronte alla famigerata ex via Cb 31, presidiata da tv e carabinieri. "Una giostra, un carosello", e si è messo persino a canticchiare il tema dei clown di Fellini, quello di Nino Rota. Non intendeva sminuire l'importanza dell'evento, ma sottolineare con sprezzante disincanto, molto siciliano, le esagerazioni di quelle ore, lo schieramento di forze (dell'ordine e dell'informazione) e forse anche una certa spettacolarizzazione. Fatalismo e pragmatismo che avevo colto il primo giorno anche a Palermo, a dire il vero. Il resto invece è stato un susseguirsi di smorfie, silenzi, pause, quel linguaggio non verbale siciliano che per fortuna un po' conosco. Per questo ho interpretato molti non-detti, eloquenti tanto quanto, se non più, i balbettii imbarazzati davanti alle telecamere.
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