Gioiosa Marea è un nome bellissimo. È un paese in provincia di Messina, tra Patti e Capo d'Orlando. È il paese di Annarita Sidoti. Lo scricciolo di Gioiosa se n'è andato, a neanche 45 anni. Lo sport, non mi stancherò mai di ripeterlo, è una questione molto più seria di quanto vorrebbero far credere. E quando i nostri conterranei vincono, non è solo il lustro, la fama, la notorietà che anche un piccolo paesino potrà vantare. Anche nel mondo globalizzato, ci sono tante piccole patrie che sentiamo nostre e per le quali ci esaltiamo, anche solo per una vittoria sportiva. E quando Annarita Sidoti, 1 metro e 50 per una quarantina di chili, vinceva con quella curiosa andatura battendo marciatrici apparentemente più forti di lei, era tutto l'orgoglio siciliano a vincere. Lo ammetto. A volte i campanilismi sono risibili, altre volte no. Nel caso della piccola grande donna di Gioiosa, incollati davanti alla tv sentivamo tutti – e lo sentiamo ancora – un senso di partecipazione emotiva che veniva da quel sorriso e da quella forza, quella caparbietà che sembrava impossibile dentro quel corpicino. Annarita Sidoti era una straordinaria atleta, campionessa mondiale ed europea di marcia negli anni Novanta, una donna di carattere come solo certe piccole grandi donne siciliane sanno essere, una mamma, un modello. Ha fatto anche l'assessore allo sport a Gioiosa Marea, giunta di centrosinistra. Dopo le medaglie, il desiderio più grande, diceva vent'anni fa, è «fare una pista e un impianto sportivo al mio paese».
Ora, a 44 anni, Annarita ha lasciato Gioiosa (nata lì, morta lì). Per sempre, ma solo fisicamente. Perché Gioiosa Marea è Annarita Sidoti, e Annarita Sidoti è Gioiosa Marea. La marcia è finita ma il ricordo resterà sempre. Se l'è portata via un tumore al cervello contro il quale combatteva da anni. Mi dispiace davvero tanto. Sul serio. Senza retorica, abbiamo perso un simbolo della Sicilia. Che sa redimersi, altroché. Che marcia a testa alta anche se è più piccola degli altri. E vince tenendo i piedi saldamente per terra.
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