Giovanni Brusca, il mafioso autore di almeno 150 omicidi, quello che strangolò e sciolse nell'acido il piccolo Giuseppe Di Matteo, quello che schiacciò il pulsante della bomba di Capaci, quello che ha aperto la strada al processo sulla trattativa Stato-mafia, quello che ha svelato i retroscena delle stragi del 1993, quello "scannacristiani" che semplicemente chiamavano u' Verru, il porco, quello che dice di aver avuto la svolta dopo aver incontrato Rita Borsellino, quello e tanto altro insomma è un uomo libero.
Fa venire i brividi anche solo pensarlo, figurarsi dirlo.
Per chi come me è cresciuto nel culto (sì, culto) di Giovanni Falcone, la notizia non lascia indifferente. Ma è doloroso parlarne, perché se Brusca è libero dopo 25 anni di carcere, pure con 45 giorni d'anticipo, è "grazie" a Falcone. Se non fosse per la legge sui pentiti e i benefici per chi collabora con la giustizia, Brusca starebbe all'ergastolo - immagino ostativo, peraltro. Falcone, come prima il generale Dalla Chiesa con il terrorismo, aveva capito che per sconfiggere quel "fenomeno umano" (parole sue) che è la mafia bisognava minarla dall'interno. La questione dei pentiti è troppo controversa perché ne possa parlare un dilettante come me. Ma è un dato di fatto che i colpi più duri alla mafia sono stati inferti grazie alla collaborazione di boss spietati, criminali senza scrupoli, scannacristiani e porci.
Non sta a me dire se sia giusto o no che Brusca sia libero. Sono indignato anche io, come tutti. Ma - al netto del garantismo a targhe alterne e delle reazioni sbraitanti della politica che forse scopre la mafia solo quando succedono queste cose - purtroppo, e ripeto purtroppo, con assoluto rispetto parlando, ha ragione Maria Falcone, sorella del mio mito Giovanni, quando parla di "grande dolore" ma sottolinea che "è la legge", legge voluta dal fratello, legge senza la quale lo Stato non avrebbe combattuto con intelligenza la mafia. Questa è l'unica trattativa che ha funzionato.
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