mercoledì 30 marzo 2011

Il derby non è una partita come le altre

Il 2 febbraio 2007 era il mio ventiquattresimo compleanno. Di venerdì, sono uscito con alcuni amici a bere qualcosa. Quel giorno si giocava il derby Catania-Palermo nel campionato di serie A di calcio. Non sapevo nulla del risultato né di come fosse andata la partita. Un amico a un certo punto mi ha chiesto se sapessi cosa era successo al Cibali. Di "clamoroso", quella volta, c'era il dramma degli scontri che portarono alla morte dell'ispettore di polizia Filippo Raciti. Ricordo che prima della tragica notizia, addirittura qualcuno parlava di torti arbitrali (i tifosi si erano incazzati per questo, certo...). Poi si è saputo con certezza che un poliziotto quarantenne era rimasto ucciso. Per quell'omicidio sono stati condannati in primo grado i catanesi Antonio Speziale e Daniele Micale. La vicenda giudiziaria è sicuramente molto complessa.
Di quell'orribile episodio ho un ricordo indelebile, fastidioso, sgradevole. Il funerale di Raciti, tre giorni dopo, il 5 febbraio. A Catania il 5 febbraio è probabilmente il giorno più atteso e importante dell'anno: è Sant'Agata, la festa della patrona, Aituzza, la santa che tutti amano e venerano. Feste lunghe settimane, celebrazioni sentite ed esaltanti. Ma quando c'è Sant'Agata, tutto il resto a Catania non esiste, non conta, passa in secondo piano (quando va bene). Il funerale di Filippo Raciti è stato celebrato nella cattedrale di Sant'Agata. Diretta tv, calciatori del Catania in lutto in piazza - qualcuno era sinceramente commosso. Due file di panche per i familiari in chiesa, otto per politici e autorità: i colleghi di Raciti lo hanno fatto notare con disappunto. Ma io avevo notato un'altra cosa, neanche tanto difficile da scorgere. Migliaia di persone erano lì, non per il povero ispettore capo. Ma per Sant'Agata, ça va sans dire. Ricordo in particolare una signora intervistata dalla tv nazionale sul motivo della sua presenza in piazza. Lapidaria, pragmatica, sicura come tanti altri: sono qui per la Santa. La devozione contava più dell'umana (e non dico cristiana...) pietà. In chiesa la vedova Raciti, Marisa Grasso, e la figlia Fabiana dissero cose forti e commoventi, con estrema dignità e umiltà. Chi celebrò la messa, l'arcivescovo Paolo Romeo, fresco di nomina a cardinale di Palermo, preferì evidentemente un'omelia in linea con la giornata. E con giornata intendo dire Sant'Agata. Si vede che è sembrato meglio parlare della Santa tanto amata, piuttosto che di un poliziotto morto giovane per la violenza cieca e ottusa e malata.
Ora, a più di quattro anni dal fattaccio, finalmente ai tifosi ospiti sarà permesso assistere al derby Catania-Palermo. Già all'andata ai tifosi rossazzurri era stata concessa la trasferta a Palermo, ma questa è la prima volta che dopo la morte di Raciti al Cibali-Massimino ci saranno sugli spalti i tifosi di entrambe le squadre. A Palermo c'era anche Marisa Grasso; a Catania ci sarà anche Marisa Grasso. La vedova Raciti si augura un minuto di silenzio, un piccolo gesto di rispetto per la famiglia e la polizia. Speriamo che per una volta la Sicilia risponda decentemente, almeno questa volta.
Sul rispetto e sulla memoria, vince comunque la scaramanzia. Il presidente del Catania, Antonino Pulvirenti, ha invitato il collega del Palermo, Maurizio Zamparini. Ma il presidente friulano non ci sarà. Non va mai in trasferta, anzi di solito non guarda neanche le partite del Palermo in casa.
Ha ragione, signora Grasso, meglio che i suoi figli ancora non tornino allo stadio. Qualcosa potrebbe davvero turbarli e non è il caso che corrano rischi. E non è detto che debbano temere solo i "tifosi".

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