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venerdì 20 novembre 2015

Ich bin ein Agrigentiner

Giusto un paio di giorni fa è uscito il suo nuovo libro, Chi ha paura non è libero, in cui racconta, con una prosa molto "istituzionale", la lotta italiana contro il terrorismo. Libro scritto prima dei fatti di Parigi, va sottolineato. Ma quello che mi ha colpito è che nel risvolto di copertina, Angelino Alfano parla di sé citando le sue esperienze politiche ma senza mai nominare la Democrazia Cristiana né Forza Italia. Curioso: solo Pdl e Ncd. Poi, qualche giorno dopo, il nome del ministro dell'Interno finisce sulle prime pagine di tutti i giornali e non solo, per le intercettazioni tra mafiosi corleonesi che avrebbero progettato di ucciderlo. «Deve fare la fine di Kennedy», dicevano più o meno. Naturalmente ad Alfano è arrivata tutta la solidarietà di rito, anche dagli avversari come Salvini (che però ne ribadisce «l'incapacità e l'inadeguatezza»); spicca per assenza Matteo Renzi, in realtà...
Ma è il paragone con Kennedy che cattura l'attenzione. Premesso che la stessa Procura di Palermo nutre dubbi sulla consistenza delle minacce, e considerato che pure lo stesso Totò Riina si lascia ogni tanto andare a improbabili commenti e valutazioni dal carcere, il parallelo tra l'enfant prodige della Dc siciliana e il fascinoso rampollo della dinastia irlandese è interessante. Solo alcuni, a sinistra, hanno sommessamente fatto notare che le motivazioni del presunto attentato starebbero in un "tradimento" di fantomatiche promesse fatte ai boss. Dice uno dei mafiosi intercettati e poi arrestati: «Questo Angelino Alfano è un porco con le persone, chi minchia glielo ha portato allora qua con i voti di tutti, degli amici? È andato a finire là, insieme a Berlusconi ed ora si sono dimenticati di tutti». In pratica gli rimproverano di aver dimenticato i suoi trascorsi politici... Proprio come è successo nel risvolto dell'ultimo libro di Angelino.
E JFK? Semplice: aveva vinto le elezioni con i voti della mafia italo-americana (fatto conclamato) e poi aveva voltato le spalle agli "amici". Secondo questi corleonesi sarebbe stata la mafia stessa a fargliela pagare. Ad Alfano avrebbero voluto dunque riservare la stessa «botta in testa», interpretata dunque come la fucilata che uccise 52 anni fa a Dallas, Texas, il 35esimo presidente degli Stati Uniti d'America, John Fitzgerald Kennedy.
Stavolta però i boss non erano neanche d'accordo sul luogo dell'attentato: Roma o Agrigento? E chi avrebbe recitato la parte di Lee Harvey Oswald?
I motivi di tanto odio risiedono nell'inasprimento del carcere duro (il 41 bis) per i condannati per mafia. Sembra un revival del famigerato papello di Riina... O dello storico striscione alla Favorita di Palermo: 22 dicembre 2002, «Uniti contro il 41 bis. Berlusconi dimentica la Sicilia».
Alfano replica, con una teatralità di linguaggio che ne qualifica perfettamente le origini agrigentine, «la liberazione della nostra amata Sicilia e del nostro Paese da questi maledetti vale più della vita di ciascuno di noi». Kennedy disse pure: «Perdona i tuoi nemici, ma non dimenticare mai i loro nomi».

mercoledì 6 maggio 2015

Dura lex sed Rolex

Dopo aver già scritto al presidente del Consiglio e al ministro dell'Interno, con tanto di cassa di risonanza sulla stampa nazionale, non credo che arriveranno pure a me repliche dalla Rolex. Anzi, Rolex®: tra le lamentele di Gianpaolo Marini, ad della consociata italiana del gruppo svizzero, c'è infatti anche quella per l'utilizzo della parola «in caratteri minuscoli ed in forma sostantivata generica» che «non risponde a correttezza ed è suscettibile di diluire e pregiudicare il suo valore e la sua distintività» (esclusività insita nello stesso nome, che per alcuni deriverebbe dal francese "horlogerie exquise", letteralmente "orologeria squisita", ndr).
La ditta svizzera, simbolo di lusso e stile, e pure di tanti stereotipi sulla ricchezza, si è lamentata perché Renzi e Alfano, dopo le azioni dei black bloc a Milano contro Expo, avevano accusato i "soliti farabutti col cappuccio e figli di papà con il rolex" (un minuscolo che però non so come abbiano fatto a distinguere in video...). Insomma gli elvetici ci sono rimasti male per la pubblicità negativa.
Curioso. Perché, come gente più titolata ha notato prima e meglio di me, la Rolex-marchio-registrato non fiata quando viene fuori che suoi fan sono anche corrotti, corruttori, personaggi controversi e mafiosi di vario cabotaggio.
[Per la cronaca, uno dei più famosi testimonial (postumi) di Rolex è stato Che Guevara...]
La reazione piccata di Rolex, dunque, non è valsa in passato quando boss di spicco della mafia sono stati arrestati con gioielli di meccanica elvetica al polso. Nel 2007, per esempio, Salvatore e Sandro Lo Piccolo, padre e figlio, tra gli ultimi veri capimafia catturati in Sicilia, indossavano un Rolex Daytona ciascuno al momento dell'arresto. Così come l'anno prima Francesco Franzese, ex braccio destro dei presunti eredi di Provenzano, aveva in casa, o meglio nel covo in cui si nascondeva latitante, ben 15 orologi Rolex. Allora non si levò alcuna voce indignata, né dal quartier generale di Ginevra né da Milano, di cui Rolex Italia spa è "cittadino esemplare", come dice Marini. E probabilmente, nel 2013, non gli era arrivata all'orecchio la notizia di un pizzaiolo tra New York, Bagheria e i clan siculo-canadesi, tale Carbone, diventato pentito di mafia: aveva il Rolex d'oro di un defunto boss spagnolo del narcotraffico, e piuttosto che farsi "tradire" dal possesso di quell'orologio preferì confessare tutto ai carabinieri. Anche in quel caso, nessuno ha espresso «profondo rincrescimento e disappunto» per «l'inaccettabile affiancamento».
Il Rolex, checché ne dica il management, è uno status symbol pure per chi vive di crimine. Persino per i mafiosi che con un bell'orologio volevano corrompere Fantozzi (alla riscossa, 1990). Il ragioniere rifiutò. Non so se Rolex s'indignò con Villaggio per la pubblicità negativa...

sabato 18 ottobre 2014

Julius Ebola

L'Ebola è una cosa seria. Se c'è un motivo per cui l'Italia mi fa rabbia è l'approssimazione con cui i miei connazionali, peggio ancora quando sono pure colleghi, affrontano spesso certe questioni. La terribile malattia originaria dell'Africa sub-sahariana, fino a prova contraria, in Italia non c'è. I presunti casi che hanno scatenato solo le solite, inutile e dannose psicosi (soprattutto nella loro variante 2.0), si sono rivelati intanto episodi di altre malattie, perlopiù malaria. Ciò non toglie che l'attenzione sia e debba essere massima. Ma siccome io in Africa ci sono stato, peraltro proprio in Repubblica Democratica del Congo, il Paese in cui quel virus fu scoperto nel 1976, e ho adottato tutte le misure obbligatorie e consigliate di profilassi e prevenzione per le malattie infettive tropicali (ma dov'ero io si muore piuttosto di malaria, dissenteria, malnutrizione), mi infastidisce la sciatteria con cui si tratta l'argomento. In particolare dando voce a chi non ha competenza tecnico-scientifica in materia e finisce, a volte scientemente, per diffondere messaggi più pericolosi dello stesso virus.
Continuare ad additare la Sicilia come luogo a maggior rischio in Europa è un'operazione che comincia a farsi sospetta quando a farlo sono movimenti politici o associazioni di categoria che hanno sempre fatto del populismo, della demagogia e di un razzismo neanche tanto strisciante la loro ragion d'essere. Per non dire di quei banditi che usano i social network come cassa di risonanza delle peggiori schifezze. Come l'imbecille che due mesi fa fece quella cosa oscena su Facebook, con il post che parlava di tre casi di ebola a Lampedusa. Certo, come ti sbagli? Abitanti e istituzioni dell'isola hanno chiesto un risarcimento di 10 milioni per la pessima pubblicità. Una bufala vergognosa che però si era beccata i suoi bei 26mila "mi piace". Perché gli imbecilli non sono mai soli.
L'azienda americana Giant Microbes produce peluche a forma di batteri e virus. Sul serio.
Quello di Ebola è attualmente tutto esaurito. Loro lo chiamano "il T.Rex dei microbi"...
Non si possono agitare certezze né in un senso né nell'altro: la malattia è pericolosissima e la Sicilia si trova in una posizione di debolezza, geograficamente parlando. Epperò i casi finora conclamati, avvenuti tutti in altri Paesi europei o negli Stati Uniti, NON in Italia né figurarsi in Sicilia, riguardano gente arrivata con voli intercontinentali (anche in business class), non con carrette del mare. Guarda un po'. Allora sarebbe meglio non fare allarmismo e impegnarsi in controlli e prevenzione, per evitare di essere stupidamente impreparati quando disgraziatamente dovesse mai arrivare un malato di ebola in Sicilia. E non lasciare a razzisti e incompetenti il potere di decidere. Per questo esistono le tanto vituperate istituzioni: in Sicilia c'è una giunta regionale, per quanto traballante, e c'è un'assessore alla Salute, che si chiama Lucia Borsellino e giustamente informa i 5 milioni di siciliani (e altre decine di milioni di connazionali) che, per esempio, quello svizzero ricoverato a Palermo ha la malaria e non la EVD (Ebola virus disease). Così come ci sta pure che il presidente della Regione, Crocetta, provi a ragionare a mente fredda sulla psicosi: «Chiunque ha un banale raffreddore pensa di avere l’Ebola. Ho visto un allarme eccessivo, un vero e proprio panico. Sarebbe meglio che le persone si vaccinassero contro l’influenza così non pensano al virus in caso di influenza».
La cosa è seria, ribadisco. Parlino scienziati, medici, esperti. Tacciano razzisti, fascisti, xenofobi, allarmisti e complottisti. Parlino i ministri e le autorità. Tacciano quelli a cui non pare vero mettere insieme in un unico indistinto calderone di odio Sicilia e Africa. E tacciano quelli che scrivono «Alfano sarai processato se di ebola morirà un italiano». Se non altro perché, suvvia, la rima è riuscita proprio male.

sabato 12 aprile 2014

Sì, la vita è tutta è un quid

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Ncd: per presidenza partito candidatura unitaria Alfano
(ANSA) - ROMA, 12 APR - È scaduto alle ore 17 di oggi il
termine per la presentazione delle candidature a presidente del
Nuovo Centrodestra e della raccolta delle firme necessarie a
sostegno. È stata presentata la candidatura unitaria di
Angelino Alfano.
   L'elezione avrà luogo domani mattina, nella terza e ultima
giornata dell'assemblea costituente di Ncd. Alle ore 11 di
domani, Alfano terrà il suo intervento conclusivo. (ANSA).
     FTM-COM/FTM
12-APR-14 18:57 NNNN
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Questa valeva davvero la pena metterla per intero... È una di quelle volte in cui il copia e incolla aiuta moltissimo a spiegare. La brevità di un'agenzia di stampa è di straordinario conforto per capire dove sta la vera notizia. E la notizia è che Angelino Alfano ha finalmente trovato il quid: un partito tutto suo in cui è sostanzialmente leader incontrastato. Da vero delfino (post)berlusconiano. D'altra parte il ministro agrigentino può vantare un primato: è e rimarrà l'unico politico nella storia a potersi vantare di essere stato segretario politico del Popolo della Libertà. Se non altro perché è stato davvero l'unico, non solo il primo...
E dunque, leggendo quell'agenzia Ansa (ma anche le analoghe Agi e LaPresse), non ho potuto far altro che richiamare alla mente il 1° luglio 2011. Vale a dire quella volta in cui Alfano fu nominato segretario del Pdl. Eletto per «applauso, a suffragio generale». Una modalità che forse andrebbe inserita anche tra le varie ipotesi di riforma elettorale, perché no. Quell'acclamazione plebiscitaria, a candidatura unica, fu proposta e ottenuta dall'allora padrino (per cortesia: alla latina, nel senso di sponsor) di Alfano. Silvio, rimembri ancora?

P.S. Ncd, oltre che acronimo di Nuovo Centrodestra, nel latino giuridico (e Alfano, d'altra parte, è avvocato) significa "nemine contradicente", cioè "all'unanimità". Appunto.

mercoledì 8 gennaio 2014

I fuochi di Barcellona

Nel 2011 è uscito per Mondadori "La mafia uccide d'estate", libro in cui l'allora ministro della Giustizia Angelino Alfano raccontava la criminalità organizzata vista con gli occhi di un siciliano uomo di governo. Il titolo è simile, molto simile, a quello del film di Pif, "La mafia uccide solo d'estate", che ha sbancato al botteghino e anche nelle critiche. Pare sia solo di una coincidenza.
A distanza di pochi giorni, mi ritrovo a citare ancora quel titolo, sostanzialmente per dire esattamente il contrario. Pippo Fava ammazzato il 5 gennaio 1984: pieno inverno. Beppe Alfano ucciso dalla mafia barcellonese l'8 gennaio 1993: 21 anni fa, ancora pieno inverno.
L'omonimia, d'istinto, mi fa scorrere un brivido. Si chiamava Alfano come il ministro, Beppe, l'ultimo giornalista della lunga e triste lista di quelli ammazzati dalle mafie in Italia. Gennaio 1993, a metà tra le stragi di Capaci e via D'Amelio e l'ultima coda di sangue di Firenze e Milano. La mafia ha sempre ucciso, ha continuato a farlo, indipendentemente che le vittime fossero giudici, giornalisti o cittadini innocenti dilaniati dalla violenza terroristica. Mi fa rabbrividire anche che Beppe Alfano non venga incluso negli elenchi internazionali dei giornalisti uccisi per il loro lavoro.
Giuseppe Aldo Felice Alfano era di Barcellona Pozzo di Gotto, ma ha insegnato anche a Terme Vigliatore, il paese di mia madre nel messinese. Un uomo di destra, giornalista scomodo, di quelli che disturbano con le domande, le inchieste, l'impegno per la verità e per smascherare torti e malaffare. Era il corrispondente de La Sicilia, giornale che neanche si costituì parte civile al processo. Hanno vissuto a Vigliatore, gli Alfano, erano vicini di casa dei miei parenti. Mia madre ricorda ancora quando giocava con la piccola Sonia, la figlia di Beppe ora parlamentare europea ex Idv (eletta nel 2009: faccio notare che prese più voti nelle circoscrizioni Nord Ovest, Centro e Sud che non in quella, siciliana, delle Isole...) e presidente della Commissione speciale antimafia del Parlamento di Strasburgo. Singolare che Sonia Alfano sia dello stesso paese e sia stata nello stesso partito di Mimmo Scilipoti: non ho dubbi che per lei sia un sollievo non essere più dipietrista.
Beppe Alfano va ricordato per tutti i motivi che ci impone il dovere della memoria delle vittime della mafia. Condivide con altri suoi colleghi, come Giovanni Spampinato a Ragusa e Pippo Fava a Catania, un destino particolare: morire per mano di mafia in zone dove la retorica ufficiale e istituzionale ne ha sempre negato l'esistenza. Ragusa e Messina sono sempre finite relegate alla voce "provincia babba", stupida, dove stupidità è ovviamente la mancanza (solo presunta, ormai è risaputo) di quelle forme estreme e illecite di potere. Alfano è morto dopo aver scoperto che il latitante Nitto Santapaola, boss della mafia catanese, soggiornava tranquillo lì, in quell'area del messinese, e ben coperto dalla oscena miopia, scientificamente voluta e non casuale, di chi doveva vigilare, a partire dalla magistratura locale.
E quindi l'8 gennaio 1993 moriva Beppe Alfano, consapevole, come ha raccontato la figlia Sonia, che la mafia non l'avrebbe fatto arrivare vivo al 20 gennaio. Così l'avevano avvertito. Lui è andato avanti.

venerdì 1 luglio 2011

L'Angelino custode, segretario e tuttofare

Niente burocrazia, per favore. Mica abbiamo tempo da perdere. Le nomine si fanno per acclamazione. Quindi Angelino Alfano diventa segretario politico del Pdl in pochi secondi. «Gli organizzatori del Pdl hanno previsto da statuto una votazione che prevede i due terzi, ma io da presidente e fondatore del partito vi propongo l'elezione di Alfano con questo applauso, a suffragio generale», Berlusconi dixit al Consiglio nazionale del suo partito. Basta con le burocrazie interne, facciamo presto, siamo il governo (e anche il partito) del fare. Un solo voto contrario su 1.107, quello del consigliere friulano Antonio Pedicini.
L'Angelino e il santino
Dunque Angelino, il giovane Angelino, il quarantenne Angelino, il ministro Angelino, il "mai menzognero" (cit.) Angelino, il giornalista pubblicista Angelino, l'avvocato Angelino, è da oggi il segretario Angelino. A 19 anni è diventato pubblicista, a 24 è stato eletto consigliere provinciale ad Agrigento, a 26 deputato all'Ars (il più giovane di quella legislatura), dal 1998 al 2001 capogruppo regionale di Forza Italia, a 31 anni eletto per la prima volta alla Camera, a 37 anni e mezzo è il più giovane ministro della Giustizia della storia repubblicana. Giovane, ma da un po' studia da leader. E a 40 diventa il più giovane segretario politico della storia del Pdl. Come dite, è il primo? Ah. E chiede pure che sia il "partito degli onesti"? Ah.

martedì 19 aprile 2011

Volti nuovi Nello esecutivo

Mi ricordo che quando Prodi vinse le elezioni del 2006, c'era una certa aspettativa sulla nomina dei ministri. E non solo per l'inconcludente eterogeneità della coalizione. Fu grande la delusione che onestamente gli elettori siciliani di centrosinistra provarono nel non vedere neanche un ministro dell'Isola nell'esecutivo prodiano. Non credo che occorrano quote regionali per i ministeri, ma è inevitabile che qualcuno si senta tagliato se nel governo non c'è alcun rappresentante del territorio (magica parola che ormai abbonda sulla bocca di tutti i politici italiani, e in Sicilia è un mantra).
Invece nei governi berlusconiani i siciliani hanno sempre avuto una presenza importante e numerosa. Del resto era la regione del 61-0. In passato nomi come Antonio Martino e Enrico La Loggia, forzisti della prima ora. Ora il governo quasi abbonda di miei corregionali. Stefania Prestigiacomo, il delfino Angelino Alfano, il "milanese" Ignazio La Russa, il neo esperto di agricoltura Saverio Romano, più qualche sottosegretario come Gianfranco Micciché. Non si dice nulla di nuovo a sottolineare che le nomine sono spesso spartizioni di poltrone per i partiti, vecchi e/o nuovi. Dopo l'uscita dei finiani, la maggioranza si è puntellata con chi fosse disponibile, pardon responsabile.
E adesso tocca persino a La Destra, il movimento di Francesco Storace, il "fascista col refuso" (© Enzo Biagi). Entra nel governo, come sottosegretario al Lavoro, l'ex presidente della provincia di Catania, Nello Musumeci. Di cui si è sempre detto bene come amministratore, soprattutto quando collaborava con l'avversario Enzo Bianco, sindaco della "primavera catanese". Evidentemente Berlusconi cerca di erodere un po' di consenso a destra, Musumeci potrebbe pescare tra i delusi dell'ennesima svolta di Fini. La generazione di Fiuggi è in perenne diaspora.
Però solo lui saprà e potrà spiegare come mai è ancora all'opposizione del sindaco Pdl di Catania, Raffaele Stancanelli (altro ex An). La generazione di Fiuggi è in perenne diaspora...

P.S. Racconto un episodio curioso, che c'entra solo per chiarire quanto l'ascesa al soglio ministeriale sia importante. Nel 2006 stavo a Ravenna e a casa mia prendevo ogni tanto la frequenza regionale delle Marche su Rai3: un giorno la notizia d'apertura del tg era la nomina di un sottosegretario marchigiano. Ecco, l'importanza delle cariche e forse l'eccessiva tranquillità di quella regione...

mercoledì 6 aprile 2011

Apertura e clausura

Tra le poche cose che ho fatto nella mia vita, ho lavorato per qualche mese in carcere, alla casa circondariale di Modica. Per un po' di tempo ho fatto anche il volontario. L'esperienza è difficile da spiegare, ma mi sono divertito molto. Ho due piccoli rimpianti: non aver potuto prolungare il lavoro con i ragazzi di Piano del Gesù e non essere riuscito a vedere il magnifico chiostro del convento. Eh sì, il carcere di Modica è dal 1865 all'interno del convento francescano di Santa Maria del Gesù. Un monumento nazionale, sopravvissuto ai terremoti del 1542 e 1613 e soprattutto a quello catastrofico del 1693. Il chiostro è tardo-gotico, il prospetto (l'unica parte visibile del complesso, dietro il cancello d'ingresso del carcere) è in stile plateresco-catalano. Un gioiello che ha pochi eguali nell'Italia meridionale. Purtroppo la presenza della casa circondariale rende impossibile visitarlo. Persino io, pur essendo stato lì dentro, non l'ho mai visto. E fino a non troppo tempo fa, nel chiostro si faceva l'ora d'aria.
Il chiostro è stato aperto al pubblico solo per due giorni nella primavera del 2009, grazie a un'iniziativa del Fai. Ora, finalmente, il monumento sarà restituito alla cittadinanza e ai turisti. Il prossimo weekend si apre a Modica la "settimana della cultura" che durerà fino alla fine del mese (ma allora perché "settimana"?, ndr) e la riapertura del chiostro è uno degli eventi. Il 20 aprile sarà a Modica anche l'assessore regionale ai Beni culturali, Sebastiano Missineo. Restauri e lavori lunghi, come sempre. Ma lungo è il percorso che ha portato a questo esito tanto atteso. Già nel 1952 l'allora ministro della Pubblica istruzione Antonio Segni aveva chiesto il trasferimento della casa circondariale. Sono passati quasi sessant'anni ma del nuovo carcere non si scorge nemmeno l'ombra. Da anni esiste il progetto per una nuova casa circondariale in contrada Catanzarello, ma il ministero di Angelino Alfano ha escluso Modica dalla lista delle città dove saranno costruite carceri ex novo.
La riapertura del chiostro è già una buona notizia. Per il nuovo carcere non si sa quanto tempo bisognerà attendere, davvero non si può quantificare. Però molte attività economiche e commerciali del quartiere, uno dei più popolari di Modica, ruotano intorno alla presenza del carcere. Lì davanti c'è anche il capolinea di una delle linee urbane di autobus. Dentro e fuori, un edificio importante per la città.

martedì 25 gennaio 2011

Angelini e demoni

Cuffaro è in carcere e tutti si chiedono cosa potrà succedere adesso. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano avverte i siciliani. Dopo l'arresto di Cuffaro «ci accorgeremo cosa cambierà in Sicilia alle prossime elezioni». Minaccia o promessa? Il problema non è più neanche politico, ma quasi antropologico: «La maggioranza dei siciliani resta di centrodestra e stanno (sta, ndr) subendo una violenza politica di un governatore che ha portato la sinistra, sempre sconfitta alle elezioni, al governo». Ah ecco, si riferisce a Lombardo. Non è chiaro se parli da ministro o stia studiando da futuro leader del centrodestra. Intanto garantisce che «alle prossime elezioni i cittadini (siciliani) si faranno sentire». Chi ha orecchie per intendere...