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lunedì 26 gennaio 2015

La solitudine dei numeri 2

«All primes are odd except 2, which is the oddest of all»
Tradotto: tutti i numeri primi sono dispari, tranne il 2 che è il più strano di tutti. Il gioco sta in odd, che in inglese vuol dire sia "strano" che "dispari". Ironia da matematici (la frase è dell'informatico Donald Knuth). Certo è che il numero 2 è particolare. La vera solitudine di un numero primo.
Il messinese Antonio Martino è un numero 2, anzi il numero due. Non per sminuirlo, eh. Lui stesso, l'ex ministro di Forza Italia, ha sempre rivendicato di aver talmente creduto fin da subito al partito berlusconiano da aver preso la tessera azzurra numero due, naturalmente dietro il leader unico e assoluto. Ma per una volta anche lui finisce, per un momento effimero e warholiano, a giocare il ruolo del numero uno. Si era un po' perso di vista, anzi addirittura stava diventando una voce critica nei confronti di Berlusconi. E invece lo stesso Berlusconi, per una volta (di nuovo) d'accordo con il fu delfino Angelino Alfano, lo ha designato come candidato del centrodestra, pardon "dei moderati", nelle prime tre votazioni per la presidenza della Repubblica. Insomma, gli assegnano il ruolo della vittima sacrificale, ma di prestigio. Candidato di bandiera. Perché poi forse conterà il patto del Nazareno, ma questa è un'altra storia.
A 72 anni, colui che rappresentava l'anima liberale di Forza Italia e si attribuiva il merito di averne scritto il programma politico, torna in pista per non più di 72 ore. Ricordo un vecchio editoriale di Sergio Romano, che lo definiva "Chicago boy". Nulla di male, era ed è lo stesso Martino a rivendicarlo. Ma ricordo perfettamente che l'ambasciatore lo scriveva con una punta di sarcasmo. Eppure Martino, da allievo e seguace di Milton Friedman, "ragazzo di Chicago" lo era davvero. Liberale e liberista. E pure un po' scettico sull'Europa, soprattutto sull'euro. Sì, proprio lui che è figlio di uno dei padri dell'unità europea, quel Gaetano Martino che da ministro degli Esteri nel 1955 ospitò a Messina la conferenza che diede avvio alla Cee.
Nonostante il pedigree e l'esperienza, non si può dire che ci tenga eccessivamente a vivere di politica. «I politici sono come i pannolini: vanno cambiati spesso e per la stessa ragione», ha detto una volta. Berlusconi e Alfano evidentemente non sono del tutto d'accordo.

lunedì 29 dicembre 2014

La quirinabile

Flashback #1
«Faremo come Temistocle che decide di affrontare per mare l'armata persiana anziché aspettarne l'arrivo dietro le spesse mura di Atene». Il 21 aprile 2007 io c'ero, al Mandela Forum di Firenze, ultimo congresso dei Democratici di Sinistra prima dello scioglimento nel futuro Pd. Queste parole introducevano il secondo discorso più applaudito. Il primo era stato quello di Fabio Mussi, che disse "basta, io scendo qui". Ricordo benissimo la standing ovation, sincera ed emozionata. Titolare di quelle parole auliche era invece Anna Finocchiaro. Sembrava proprio un discorso da leader in pectore. Lei era emozionata, ogni tanto la voce tremò in quel discorso. Il piglio comunque ce l'ha, la signora, una bellissima signora, nata quasi 60 anni fa a Modica. L'anno prima, nel 2006, dopo la prima elezione di Napolitano al Quirinale, ebbe a dire: «Un uomo con il mio curriculum l'avrebbero già fatto presidente». Ecco, diciamo che forse Anna Maria Paola Luigia Finocchiaro in Fidelbo ci ha creduto davvero di salire al Colle. E può sperare ancora, in realtà. Piace anche a parte della destra, che tutto sommato subisce il fascino di certi dalemiani. Infatti si dice che lei stessa abbia sondato la disponibilità di Berlusconi a votarla...
Lei, che era inizialmente contraria alla svolta della Bolognina.
Flashback #2
Un anno dopo l'evocazione di Temistocle, l'11 aprile 2008, Anna Finocchiaro era davanti al mio vecchio liceo e al Teatro Garibaldi, a Modica. Scelse quella parte del centralissimo corso Umberto I come piazza, piccola, raccolta e intima, per la chiusura della campagna elettorale per le elezioni regionali in Sicilia. Lei era la candidata che il centrosinistra opponeva a Raffaele Lombardo. Perse, e pure malissimo, ma non se ne fece cruccio perché intanto aveva già pronto il paracadute senatoriale (eletta in Emilia-Romagna). Terza arrivò Sonia Alfano, per la cronaca. Ma io me la ricordo quella sera lì, Anna. Emozionata ancora, nella sua città natale, insieme a tanti amici e compagni d'avventura politica. C'era molta sinistra e lei salutò con affetto sincero il Crocetta comunista sindaco di Gela e persino quelli che non aderirono al Pd restando nell'effimera Sinistra democratica. Presentava la serata un roboante Luca Zingaretti, alias Montalbano. Illusione completa. Era candidata in un sostanziale ticket con Rita Borsellino. Diceva di volersi «prendere cura della Sicilia come farebbe una madre». Testuale.
Il suo nome torna ora nella lista dei "quirinabili". Se davvero Renzi vorrà puntare su una donna, lei sarebbe accreditata (al di là della solita candidatura di bandiera di Emma Bonino). Ma si tratterebbe di una scelta molto "politica", anche in senso negativo. Potrebbe farcela, cioè, se la politica decidesse di fare un favore solo a se stessa e ignorare il sentire comune. Sarebbe cinico soprassedere sulle grane giudiziarie del marito e sulla squallida vicenda della scorta all'Ikea. Della serie: il diavolo fa le padelle ma non i coperchi.

sabato 12 aprile 2014

Sì, la vita è tutta è un quid

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Ncd: per presidenza partito candidatura unitaria Alfano
(ANSA) - ROMA, 12 APR - È scaduto alle ore 17 di oggi il
termine per la presentazione delle candidature a presidente del
Nuovo Centrodestra e della raccolta delle firme necessarie a
sostegno. È stata presentata la candidatura unitaria di
Angelino Alfano.
   L'elezione avrà luogo domani mattina, nella terza e ultima
giornata dell'assemblea costituente di Ncd. Alle ore 11 di
domani, Alfano terrà il suo intervento conclusivo. (ANSA).
     FTM-COM/FTM
12-APR-14 18:57 NNNN
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Questa valeva davvero la pena metterla per intero... È una di quelle volte in cui il copia e incolla aiuta moltissimo a spiegare. La brevità di un'agenzia di stampa è di straordinario conforto per capire dove sta la vera notizia. E la notizia è che Angelino Alfano ha finalmente trovato il quid: un partito tutto suo in cui è sostanzialmente leader incontrastato. Da vero delfino (post)berlusconiano. D'altra parte il ministro agrigentino può vantare un primato: è e rimarrà l'unico politico nella storia a potersi vantare di essere stato segretario politico del Popolo della Libertà. Se non altro perché è stato davvero l'unico, non solo il primo...
E dunque, leggendo quell'agenzia Ansa (ma anche le analoghe Agi e LaPresse), non ho potuto far altro che richiamare alla mente il 1° luglio 2011. Vale a dire quella volta in cui Alfano fu nominato segretario del Pdl. Eletto per «applauso, a suffragio generale». Una modalità che forse andrebbe inserita anche tra le varie ipotesi di riforma elettorale, perché no. Quell'acclamazione plebiscitaria, a candidatura unica, fu proposta e ottenuta dall'allora padrino (per cortesia: alla latina, nel senso di sponsor) di Alfano. Silvio, rimembri ancora?

P.S. Ncd, oltre che acronimo di Nuovo Centrodestra, nel latino giuridico (e Alfano, d'altra parte, è avvocato) significa "nemine contradicente", cioè "all'unanimità". Appunto.

venerdì 1 luglio 2011

L'Angelino custode, segretario e tuttofare

Niente burocrazia, per favore. Mica abbiamo tempo da perdere. Le nomine si fanno per acclamazione. Quindi Angelino Alfano diventa segretario politico del Pdl in pochi secondi. «Gli organizzatori del Pdl hanno previsto da statuto una votazione che prevede i due terzi, ma io da presidente e fondatore del partito vi propongo l'elezione di Alfano con questo applauso, a suffragio generale», Berlusconi dixit al Consiglio nazionale del suo partito. Basta con le burocrazie interne, facciamo presto, siamo il governo (e anche il partito) del fare. Un solo voto contrario su 1.107, quello del consigliere friulano Antonio Pedicini.
L'Angelino e il santino
Dunque Angelino, il giovane Angelino, il quarantenne Angelino, il ministro Angelino, il "mai menzognero" (cit.) Angelino, il giornalista pubblicista Angelino, l'avvocato Angelino, è da oggi il segretario Angelino. A 19 anni è diventato pubblicista, a 24 è stato eletto consigliere provinciale ad Agrigento, a 26 deputato all'Ars (il più giovane di quella legislatura), dal 1998 al 2001 capogruppo regionale di Forza Italia, a 31 anni eletto per la prima volta alla Camera, a 37 anni e mezzo è il più giovane ministro della Giustizia della storia repubblicana. Giovane, ma da un po' studia da leader. E a 40 diventa il più giovane segretario politico della storia del Pdl. Come dite, è il primo? Ah. E chiede pure che sia il "partito degli onesti"? Ah.

mercoledì 25 maggio 2011

Lo Saya o non lo Saya?

Gaetano Antonio Maria Saya
Gaetano Saya (si legge Saìa), segnatevi questo nome. Nel Paese dei cento partiti, dei movimenti ultrapersonalistici (che esultano per un 1,3% in un'elezione comunale), dei leader improvvisati e responsabili, Saya si distingue più degli altri. Forse non tutti sanno che esiste ancora un Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale, quello che in pratica Fini fece scomparire a Fiuggi nel 1995. A capo del nuovo Msi-Dn c'è il messinese Saya, un fascista vecchio stampo, uno che avrebbe fatto parte pure di Gladio e che l'anno scorso aveva fondato una "guardia nazionale italiana", una specie di polizia parallela. Tanto per capirci, si autodefinisce "il Capo degli Ultranazionalisti Italiani". In realtà nega di essere fascista, o perlomeno si riconosce nel fascismo dal 1922 al 1943, quello creatore di uno Stato, non in quello repubblichino di Salò.
Dunque un uomo di estrema destra, di quelli che invocano la triade "Dio, Patria, Famiglia". Come spesso succede, chi sta molto a destra ce l'ha abbastanza con chi occupa il centrodestra dello schieramento politico. Berlusconi ha fatto in passato accordi elettorali anche con le destre estreme, ma il presidente del Consiglio piace poco al nuovo Msi. Per questo motivo Saya, o meglio la moglie Maria Antonietta Cannizzaro, presidente del movimento, ha fatto sapere che la Destra Nazionale appoggerà al ballottaggio il candidato sindaco di centrosinistra a Grosseto, anche se non c'era una lista dell'Msi al primo turno. «Meglio appoggiare i nostri avversari e anche il diavolo piuttosto che il Pdl e Berlusconi», parola della signora Cannizzaro in Saya. Ancora più clamorosa la mossa pre-ballottaggio a Cagliari. Lì il movimento dovrebbe sostenere al secondo turno Massimo Zedda, il giovane candidato sindaco di Sinistra Ecologia Libertà. Cosa non si fa in nome dell'odio viscerale per Silvio... L'Msi porta con sé la dote dello 0,28% di voti alla prima tornata, ma perde il proprio candidato Gianmario Muggiri che lascia il movimento perché si sente «bypassato da un'avvilente imposizione dall'alto».
Misteri della contrapposizione politica: l'ultradestra promette i suoi (pochissimi) voti alla sinistra. Immagino, anzi mi auguro, l'imbarazzo degli aspiranti sindaci "progressisti". Ma spero che l'imbarazzo colga l'Italia dei Valori per un'altra sortita brillante di Saya. Il nazionalista messinese ha scoperto chi potrebbe guidare prossimamente la direzione nazionale del nuovo Msi-Dn: è il suo conterraneo Domenico Scilipoti. La nuova star della politica italiana, il responsabile ex dipietrista che ha salvato la maggioranza il 14 dicembre e che da allora imperversa su tv, radio e giornali. L'agopuntore è "uomo probo e onesto", dice Saya. «Ha riscattato con il suo gesto decenni di servilismo parlamentare», testuale. Scilipoti d'altra parte è uomo di sani valori cristiani e patriottici e ha militato nel Fuan (il movimento universitario di destra). Mica ha copiato a caso il manifesto fascista di Giovanni Gentile del 1925 per il programma dei Responsabili. Che Scilipoti accetti o meno la proposta, due considerazioni. Uno: Saya cerca il salvatore nell'uomo che a sua volta ha salvato l'odiato Berlusconi. Due: il legalitarismo alla Di Pietro è molto di destra, attenti a cercare lì l'homo novus della sinistra.

Aggiornamento del 22 agosto 2011. A tre mesi dalle esternazioni elettorali di Gaetano (Antonio Maria) Saya, il nome dell'ultranazionalista messinese è balzato agli onori della cronaca per un proclama contro stranieri, omosessuali, "nuovi barbari". Tra le altre cose è arrivato a proporre la nazionalizzazione della stampa italiana (con annesse minacce a Marco Pasqua di Repubblica) e l'introduzione della pena di morte per "usurai, approfittatori e politicanti". In realtà nulla di tutto quel che ha detto è nuovo, nel programma politico del redivivo Msi di Saya. Anzi, ancora peggio, si tratta di idee e concetti che abitano anche nelle stanze delle altre destre italiane, comprese quelle di governo. Forse bisognerebbe riflettere su questo comune patrimonio culturale di una certa Italia, piuttosto che buttarla sul folklore o sulla macchietta. Non sottovalutare il fenomeno non vuol dire sopravvalutare Saya, ma riconoscere che, al di là dei personaggi plateali, certi messaggi e certe opinioni (r)esistono ancora e sono forti. Pure nell'Italia repubblicana nata sul sangue della Resistenza. E scusate la retorica.

martedì 24 maggio 2011

Le corna nell'urna

Avete presente Antonio Albanese e Cetto La Qualunque? Qualche mese fa ho visto uno spettacolo in cui Albanese spiegava la genesi del suo personaggio. Il politico rozzo, ignorante, disonesto e misogino non è altro che la trasposizione sul palcoscenico di personaggi realmente esistenti. La realtà supera la fantasia, soprattutto quando si parla di politica locale (nel sud Italia). L'ispirazione per Cetto era un candidato sindaco - forse in Calabria - che si presentò ad un comizio mostrando una foto della moglie del candidato avversario. Il succo del suo discorso era: «Non potete votare per un cornuto». Cetto è un moderato, a confronto.
Il riferimento alla fedeltà coniugale è quasi irrinunciabile nelle campagne elettorali "paesane". Ricordo che a Modica nel 2007 spuntarono manifesti anonimi che svelavano alla cittadinanza (che in realtà già lo sapeva) le scappatelle di un candidato sindaco. E Modica non è un paesino. Le corna, croce e delizia della politica e della società siciliana. Manco la riforma del codice di famiglia è riuscita a cancellare la sacralità del senso dell'onore. Offendere qualcuno dandogli del cornuto va oltre la sfera del semplice insulto.
Sarà per questo che a Campobello di Mazara, in provincia di Trapani, due buontemponi hanno disegnato un bel paio di corna sul manifesto di un aspirante consigliere comunale. Di solito sui manifesti si vede di tutto: baffi, barbe, disegni osceni. Stavolta il candidato però non ha gradito lo scherzetto e ha presentato una querela contro ignoti. I carabinieri sono riusciti a identificare i due improvvisati grafici da marciapiede, che si sono beccati una denuncia per diffamazione. I due hanno offeso il candidato in pubblico, quindi è diffamazione e non semplice ingiuria. Ah, uno dei due disegnatori (ma poi ci vogliono due persone per disegnare un paio di corna?!?, ndr) è candidato al consiglio comunale, nella coalizione opposta al "cornificato".
Se dunque un politico fa il gesto delle corna a un altro, potrebbe scattare addirittura la diffamazione. Pensaci, Josep Piqué.

lunedì 21 febbraio 2011

A ciascuno il suo contesto

Ho letto molti libri di Leonardo Sciascia e molti ancora me ne mancano. Conosco la famosa e triste querelle sui “professionisti dell’antimafia”. Ho sempre apprezzato lo scrittore di Racalmuto (AG), ma su quella polemica la mia posizione è più vicina a quella di chi lo ha criticato. O meglio, da lì è partita strumentalmente una campagna di delegittimazione – che Sciascia non voleva – contro la magistratura; l’obiettivo iniziale di Sciascia era stato un giovane Paolo Borsellino. Per assurdo, lo scrittore se la prese per un avanzamento di carriera del giudice che avrebbe scavalcato “per meriti” colleghi più anziani. Insomma, la retorica della meritocrazia invertita. Ormai si tende a interpretare e contestualizzare quell’articolo del 1987 “assolvendo” Sciascia (lo scrittore e il giudice fecero pace), ma rimangono alcuni aspetti critici – altrettanto giustamente. Senza tanti giri di parole, la polemica sciasciana viene puntualmente riesumata ogni volta che si alza una voce antimafia critica, soprattutto tra gli “intellettuali” (che siano Saviano, Giulio Cavalli o un qualsiasi giornalista sotto scorta). Si dice: lasciamoli perdere, sono i soliti professionisti dell’antimafia. Immagino che Sciascia avrebbe evitato volentieri un futuro postumo da voce dell’anti-antimafia e dell'anti-magistratura.
Ora però Sciascia continua suo malgrado a essere simbolo di questa critica. Proprio in coincidenza del novantesimo anniversario della nascita. E in un modo che non riesco a definire in altro modo se non grottesco. Il sindaco di Racalmuto, Salvatore Gioacchino Petrotto, ha proposto di dare il "Premio Leonardo Sciascia per la giustizia giusta" a Silvio Berlusconi. Al perseguitato Silvio Berlusconi. Inutile dire che la famiglia dello scrittore e la fondazione che porta il suo nome sono contrarissimi. Anche il partito di provenienza di Petrotto non ne vuole sapere. E il partito non è il Pdl né un altro pezzo del centrodestra berlusconiano. Petrotto è stato eletto con una lista civica sostenuta dal Pd ed è stato fino a qualche tempo il coordinatore provinciale dell'Italia dei Valori. Un dipietrista. Che non a caso ha cercato una sponda nel redivivo Domenico Scilipoti, ex collega nell'Idv e probabilmente neo-collega sulla strada della conversione berlusconiana. Per inciso, lo Sciascia politico era stato radicale e indipendente del Pci. La nota del sindaco sulla proposta comunque farebbe impallidire anche il più convinto dei peones: «Ho a lungo meditato sulla lunghissima battaglia per la libertà condotta dal nostro presidente contro ogni forma di potere inquisitorio».
Io non parlerei solo di provocazione, piuttosto sembra che Petrotto stia cercando un riposizionamento politico. E stia provando a far passare l'idea che anche le sue grane giudiziare – ne ha, ne ha... – siano una persecuzione.
Se fosse vivo, Sciascia avrebbe forse liquidato tutto con il titolo di una sua piccola raccolta di racconti: Cronachette.

lunedì 14 febbraio 2011

Cercando un'altra Tunisia

Tunisia, Algeria, Egitto, il Nordafrica è in subbuglio e la gente scappa. A Lampedusa arrivano migliaia di profughi. Sì, profughi, non immigrati, non clandestini, né extracomunitari d'antan. Profughi, perché scappano da paesi, nello specifico la Tunisia, dove cadono regimi e la piazza si anima di rivolte. Non saranno tutti richiedenti asilo, ma una buona parte potenzialmente sì. Le istituzioni italiane - nazionali e regionali - tinte di verde parlano di "esodo biblico" e si dicono abbandonate dall'Europa. E dire che Lampedusa è la più padana tra le desolate lande terrone... Ministri che reclamano l'impiego della polizia italiana per fermare il flusso dei tunisini in fuga, ma poi dicono che devono essere garantite le protezioni di legge. Eh certo, sono le convenzioni internazionali a prevederlo, aggiungo io. Da Tunisi, almeno, rispondono che non ci pensano nemmeno ai poliziotti italiani, che la proposta è "inaccettabile", che Maroni è esponente di una "estrema destra razzista". Poi smorzano i toni, ma ribadiscono di non tollerare interferenze con le vicende interne della Tunisia. Cecilia Malmström, commissario Ue agli Affari interni, parla addirittura di un'Italia che rifiuta l'aiuto europeo, il Viminale smentisce.
E in tutto questo, la Sicilia è lì, al centro del Mediterraneo. Punto d'approdo e focolaio di polemiche. E in Sicilia verranno Maroni e Berlusconi a vedere di persona come vanno le cose. Si prepara il controesodo?