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lunedì 11 agosto 2014

Very normal populism

Per chi non lo sapesse, RTL vuol dire in origine Radio Trasmissioni Lombarde. Non ho mai sopportato questa emittente, e non per il significato etimologico del suo nome. Ho vissuto due anni a Milano e ho imparato ad apprezzarne gli aspetti positivi più che dileggiarne i tanti negativi (parlo della città). Quindi l'antipatia per RTL non c'entra nulla con il fatto che è milanese, figurarsi. Il modello hit radio, quello per cui vengono trasmessi, così dicono loro, solo i grandi successi, non mi è mai piaciuto. Perché se una canzone è un successo o meno lo decidono in sostanza i discografici, mica l'emittente radiofonica. Ma quello che detesto maggiormente è il "parlato". Apprezzo le radio che passano musica, preferibilmente buona, di qualità, stimolante, interessante, e non quelle in cui si fa della gran chiacchiera. RTL, per come la vedo (cioè, sento) io, è proprio agli antipodi. So che invece in molti la apprezzano. Senza impegno. Risulta la prima radio privata per ascolti. Vado dal barbiere e c'è RTL (magari nella sua versione televisiva), salgo su un pullman e si celebrano via radio le very normal people.
Ecco, ero giusto sull'autobus tra Catania e Modica, nel weekend passato al volo dalle mie parti, quando sento che dalle casse risuonano le voci di quella radio. E anche la mia vicina di posto mi sembrava ascoltasse la stessa emittente. Avrei potuto tranquillamente estraniarmi, ma a un certo punto una frase cattura il mio fastidio. "Siamo da pochi giorni qui in Sicilia e abbiamo visto così tante città in poco tempo, ché ci sembrano tutte uguali". La frase non è testuale, anche perché credo che non avrebbero mai accentato il "che"... Comunque il senso è quello. I chiacchieroni di RTL si trovano in questi giorni a Baia Samuele, un villaggio turistico di Sampieri, borgo marinaro di Scicli, quindi pienamente dalle mie parti. Ammetto che quella frase mi ha fatto sbollire una gran rabbia, oltre a confermare i miei pregiudizi pregressi. Sì, perché dopo queste parole gli speaker in questione dicono di ricordare solo Noto. Luogo comune.
Noto è bella, per carità, ma non ho difficoltà a dire che Ragusa Ibla è meglio. Per non dire di Scicli, che quei chiacchieroni ospiterà fino a fine mese. Non parlo di Modica per evitare di scadere in banalità campanilistiche.
Tutto questo per dire che non sopporto l'atteggiamento di sufficienza di chi magari conosce tutti i nomi degli atolli delle Maldive ma poi butta in un grande e indistinto calderone una delle terre più varie e affascinanti che ci siano al mondo.
Ho deciso di sfogarmi questa mattina dopo aver letto, sulla rivista di bordo del mio volo Meridiana che mi ha riportato a Bologna, alcune parole di Ornella Laneri, presidente di Confindustria Sicilia per il settore alberghi e turismo. La dottoressa Laneri, Mrs Sheraton Catania, ricordava che – al netto delle indubbie carenze dell'industria turistica, infrastrutturali e promozionali – la Sicilia vanta sei siti Unesco (su 50 totali dell'Italia), per un totale di 44 comuni dell'Isola che hanno almeno un monumento riconosciuto nella lista del patrimonio dell'Umanità. Quindi, il 12% dei siti Unesco italiani si trova in Trinacria (per la cronaca, e anche per presa conoscenza dei signori di RTL: Agrigento, Piazza Armerina, le isole Eolie, IL Val di Noto, Siracusa e Pantalica, l'Etna). Inoltre, più dell'11% dei comuni dell'Isola, in sei province su nove, ha almeno un monumento molto "meritevole".
Tutto qua. Templi greci, mosaici romani, un arcipelago vulcanico, architettura tardobarocca, necropoli neolitiche, il vulcano attivo più grande d'Europa. Eh sì, "sembrano tutte uguali"...
Ma va', meglio che mandate la pubblicità. Tanto non si nota la differenza.

mercoledì 2 ottobre 2013

L'ultima spiaggia


Ora, mentre scrivo, il 38% è triste. Fino a ieri invece il 36% (ma prima ancora il 40, il 45, il 46%) si diceva "soddisfatto". Parlo dei lettori del Corriere.it, di quelli che ci hanno tenuto a esprimere il loro stato d'animo sulla notizia della morte di 13 migranti sulla spiaggia di Sampieri, vicino a Scicli, dalle mie parti. Quindi per molte ore, a caldo, la reazione è stata quella: soddisfatti. Altro che indignati o preoccupati. Ho tremato quando l'ho visto. Perché nel mio pessimismo cronico ho trovato conferma a ciò che spesso penso: per un'Italia solidale, buona e pronta a correre in soccorso di chi soffre, ce n'è un'altra – che a me pare maggioritaria, mi spiace per chi è convinto della retorica contraria – che invece è cattiva, razzista, xenofoba, disinteressata, che esulta persino se 13 disperati eritrei e siriani muoiono annegati in uno sbarco tragico. Un'Italia stronza, che ha reagito contravvenendo a quello stereotipo insopportabile degli "italiani brava gente".
Ma basta, finiamola con questi luoghi comuni. In quei commenti – e sottolineo che erano sul Corriere, non su testate che di una certa xenofobia neanche velata fanno la loro ragione sociale e linea editoriale – c'è forse l'Italia vera. Sarà pure un Paese esasperato dalla crisi, dall'instabilità, dai rischi di default, ma se questo deve tradursi nella "soddisfazione" per la morte tragica di 13 eroi (Fabrizio Gatti li ha definiti così; sono quelli morti per aver aiutato i loro compagni di sventura a salvarsi, anche se neppure loro sapevano nuotare), allora torno alla mia immediata reazione. Mi viene da tremare.
Un'Italia stronza, come quel ghigno apparentemente innocente. Con quella faccina sorridente che dice andreottianamente "se la sono andata a cercare". E se la prende con il ministro Cécile Kyenge (ah, per inciso, a me non piace) e con la presidente della Camera Laura Boldrini (capolista di Sel nel mio collegio elettorale), e naturalmente pure con il papa (visto, Santità, cosa succede a lanciare un messaggio rivoluzionario come quello di Lampedusa?). Perché per questa Italia "soddisfatta", ma che pretende pure di essere rimborsata, gli ipocriti sono sempre e solo gli altri.
La vignetta di oggi su il manifesto
Poi, come al solito, mi fermo a riflettere. Penso a come la mia categoria tratta questi temi e quale servizio offre ai lettori. E allora, per la mia solita pignoleria (ma non solo), mi sono innervosito per la sciatteria di chi continua a ignorare la geografia. "Sbarco a Siracusa"??? Bah, Scicli e Siracusa mi sembrano due nomi diversi, oltre al fatto che, ancora una volta, si confondono le province. Ma questa, lo ammetto, è una mia fisima (anche se, sia chiaro, un giornalista questi errori non deve farli).
Molto più serio il dubbio che mi è venuto leggendo le pur belle pagine di Repubblica (decisamente migliori di quelle del Corriere) sul tema: mi ha lasciato perplesso leggere nome e cognome di due migranti salvati a Sampieri. La Carta di Roma del 2008, il protocollo deontologico su profughi, migranti e richiedenti asilo, prevede un trattamento molto preciso e attento in questi casi. Cito testualmente:
Tutelare i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti che scelgono di parlare con i giornalisti, adottando quelle accortezze in merito all’identità ed all’immagine che non consentano l’identificazione della persona, onde evitare di esporla a ritorsioni contro la stessa e i familiari, tanto da parte di autorità del paese di origine, che di entità non statali o di organizzazioni criminali.
Spero che il bravo Francesco Viviano di Repubblica Palermo abbia adottato tutte quelle accortezze...
C'è poi un secondo problema, apparentemente meno serio, ma che mi infastidisce lo stesso. Mi chiedo perché molti giornali l'abbiano buttata quasi esclusivamente su "la strage dei migranti sulla spiaggia di Montalbano". Capisco che fa gioco, che un riferimento del genere si fa leggere, ma i dubbi rimangono. La Fornace Penna ha fatto da sfondo a più di un episodio della fiction, è un luogo suggestivo. Ma sono rimasto senza parole, deluso per la sciatteria appunto, quando ho letto che quella zona si chiamerebbe "'a mànnara", anzi Mànnara con la "m" maiuscola, come se ci fosse una contrada, una località con quel nome. No, non esiste. Quel nome è casomai nei romanzi di Camilleri e si riferisce a un luogo, credo fittizio, dalle parti di Porto Empedocle (la Vigàta del commissario). La Fornace Penna non si trova in una fantomatica contrada Mànnara, ma in contrada Pisciotto. Addirittura qualcuno ha scritto "Fornace Pisciotto". Io sarò pure pignolo, ma con i mezzi oggi a disposizione sarebbe bastata a tanti colleghi una ricerchina su Google. Tutto qui. Anche perché mannara vuol dire mandria, gregge; più precisamente dalle mie parti significa ovile. Un luogo che abbonda di capre e pecoroni.

giovedì 19 maggio 2011

Tenga pure il resto

La Sicilia punta molto sul turismo, perlomeno lo fa a parole o con iniziative plateali. Le bellezze naturali, la varietà dei paesaggi, i siti Unesco, il mare, l'Etna, l'archeologia, l'arte: sono queste le grandi risorse economiche della Sicilia. Senza però dimenticare le altre attività economiche. Ma lo stato dei beni culturali nell'Isola è disastroso, secondo Legambiente. Non basta il rientro della Venere di Morgantina dagli Stati Uniti, ancora c'è molto da fare e alcuni importanti siti turistici sono a rischio di degrado e hanno bisogno di interventi urgenti di manutenzione. La campagna Salvalarte dell'associazione ambientalista ha compilato una "lista nera" dei dieci monumenti che corrono i rischi maggiori. Ville, palazzi, chiese, aree archeologiche: nessuno è risparmiato. E tra questi siti spiccano alcuni luoghi conosciutissimi e molto visitati, come il teatro greco-romano di Taormina e il tempio E (o di Hera) nel parco archeologico di Selinunte. Gli appelli sono stati lanciati ormai molti anni fa, ma nulla è cambiato. Al massimo qualcosa è peggiorato...
Tra i dieci siti, ben due sono nella mia piccola provincia di Ragusa. Una brutta sorpresa – per me solo una conferma. Uno è l'area archeologica di Kamarina, antica città greca fondata nei pressi di Santa Croce Camerina all'inizio del VI secolo avanti Cristo. L'ampliamento del porto di Scoglitti ha cambiato il flusso delle correnti marine, che ora minacciano il promontorio su cui sorgono le mura della cittadella. E poi c'è la Fornace Penna a Sampieri, nel territorio di Scicli. Lo "stabilimento bruciato", come lo chiamiamo dalle mie parti, un'ex fabbrica di laterizi del primo Novecento, incendiata nel 1924. Un capolavoro di archeologia industriale, un edificio che cade a pezzi ma che ha avuto una seconda vita come set cinematografico. Nonostante Il commissario Montalbano, però, la Fornace rimane lì, bruciata, mezza pericolante. Una specie di tempio pagano abbandonato a se stesso. Metafora del turismo in Sicilia.