mercoledì 25 maggio 2011

Lo Saya o non lo Saya?

Gaetano Antonio Maria Saya
Gaetano Saya (si legge Saìa), segnatevi questo nome. Nel Paese dei cento partiti, dei movimenti ultrapersonalistici (che esultano per un 1,3% in un'elezione comunale), dei leader improvvisati e responsabili, Saya si distingue più degli altri. Forse non tutti sanno che esiste ancora un Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale, quello che in pratica Fini fece scomparire a Fiuggi nel 1995. A capo del nuovo Msi-Dn c'è il messinese Saya, un fascista vecchio stampo, uno che avrebbe fatto parte pure di Gladio e che l'anno scorso aveva fondato una "guardia nazionale italiana", una specie di polizia parallela. Tanto per capirci, si autodefinisce "il Capo degli Ultranazionalisti Italiani". In realtà nega di essere fascista, o perlomeno si riconosce nel fascismo dal 1922 al 1943, quello creatore di uno Stato, non in quello repubblichino di Salò.
Dunque un uomo di estrema destra, di quelli che invocano la triade "Dio, Patria, Famiglia". Come spesso succede, chi sta molto a destra ce l'ha abbastanza con chi occupa il centrodestra dello schieramento politico. Berlusconi ha fatto in passato accordi elettorali anche con le destre estreme, ma il presidente del Consiglio piace poco al nuovo Msi. Per questo motivo Saya, o meglio la moglie Maria Antonietta Cannizzaro, presidente del movimento, ha fatto sapere che la Destra Nazionale appoggerà al ballottaggio il candidato sindaco di centrosinistra a Grosseto, anche se non c'era una lista dell'Msi al primo turno. «Meglio appoggiare i nostri avversari e anche il diavolo piuttosto che il Pdl e Berlusconi», parola della signora Cannizzaro in Saya. Ancora più clamorosa la mossa pre-ballottaggio a Cagliari. Lì il movimento dovrebbe sostenere al secondo turno Massimo Zedda, il giovane candidato sindaco di Sinistra Ecologia Libertà. Cosa non si fa in nome dell'odio viscerale per Silvio... L'Msi porta con sé la dote dello 0,28% di voti alla prima tornata, ma perde il proprio candidato Gianmario Muggiri che lascia il movimento perché si sente «bypassato da un'avvilente imposizione dall'alto».
Misteri della contrapposizione politica: l'ultradestra promette i suoi (pochissimi) voti alla sinistra. Immagino, anzi mi auguro, l'imbarazzo degli aspiranti sindaci "progressisti". Ma spero che l'imbarazzo colga l'Italia dei Valori per un'altra sortita brillante di Saya. Il nazionalista messinese ha scoperto chi potrebbe guidare prossimamente la direzione nazionale del nuovo Msi-Dn: è il suo conterraneo Domenico Scilipoti. La nuova star della politica italiana, il responsabile ex dipietrista che ha salvato la maggioranza il 14 dicembre e che da allora imperversa su tv, radio e giornali. L'agopuntore è "uomo probo e onesto", dice Saya. «Ha riscattato con il suo gesto decenni di servilismo parlamentare», testuale. Scilipoti d'altra parte è uomo di sani valori cristiani e patriottici e ha militato nel Fuan (il movimento universitario di destra). Mica ha copiato a caso il manifesto fascista di Giovanni Gentile del 1925 per il programma dei Responsabili. Che Scilipoti accetti o meno la proposta, due considerazioni. Uno: Saya cerca il salvatore nell'uomo che a sua volta ha salvato l'odiato Berlusconi. Due: il legalitarismo alla Di Pietro è molto di destra, attenti a cercare lì l'homo novus della sinistra.

Aggiornamento del 22 agosto 2011. A tre mesi dalle esternazioni elettorali di Gaetano (Antonio Maria) Saya, il nome dell'ultranazionalista messinese è balzato agli onori della cronaca per un proclama contro stranieri, omosessuali, "nuovi barbari". Tra le altre cose è arrivato a proporre la nazionalizzazione della stampa italiana (con annesse minacce a Marco Pasqua di Repubblica) e l'introduzione della pena di morte per "usurai, approfittatori e politicanti". In realtà nulla di tutto quel che ha detto è nuovo, nel programma politico del redivivo Msi di Saya. Anzi, ancora peggio, si tratta di idee e concetti che abitano anche nelle stanze delle altre destre italiane, comprese quelle di governo. Forse bisognerebbe riflettere su questo comune patrimonio culturale di una certa Italia, piuttosto che buttarla sul folklore o sulla macchietta. Non sottovalutare il fenomeno non vuol dire sopravvalutare Saya, ma riconoscere che, al di là dei personaggi plateali, certi messaggi e certe opinioni (r)esistono ancora e sono forti. Pure nell'Italia repubblicana nata sul sangue della Resistenza. E scusate la retorica.

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