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martedì 2 giugno 2015

Lillo e il vago biondo

Sembra un nome da cartone animato o da sketch comico, Lillo. O un vezzeggiativo infantile. Invece no. Ad Agrigento è diffusissimo: è il diminutivo di Calogero, terzo nome maschile più gettonato a Girgenti. E Lillo, cioè Calogero, si chiama anche il nuovo sindaco all'ombra della Valle dei Templi. In questa tornata di elezioni amministrative in giro per l'Italia, infatti, c'erano anche delle comunali in Sicilia. Gli occhi erano puntati su Enna, patria indiscussa del "rosso" Mirello Crisafulli (che a sorpresa va al ballottaggio), o sulla Gela del governatore Crocetta (il suo fedelissimo Fasulo se la vedrà al secondo turno con il grillino Messinese), ma anche sulla città che probabilmente più di tutte rappresenta i paradossi, le contraddizioni e le ipocrisie della Sicilia. Appunto Agrigento, che respira arie pirandelliane, echi del Gattopardo e ironie sciasciane, per non dire degli intrighi à la Camilleri.
E allora partiamo proprio dal papà del commissario Montalbano, per spiegare chi è il nuovo sindaco di Agrigento. Calogero Firetto, detto Lillo, classe 1965, era fino a una trentina di giorni fa il sindaco di Porto Empedocle, appunto patria del suo amico Camilleri (che di secondo nome, en passant, fa Calogero), nonché deputato regionale dell'Udc. Nel 2011, da uscente di centrodestra, era stato rieletto primo cittadino con il 93,31% (sic!), sconfiggendo il povero Paolo Ferrara dell'Italia dei Valori. Ed è forse proprio da lì, da quel trionfo bulgaro, che parte la rincorsa al comune di Agrigento, perlomeno nelle forme politiche. Infatti nel 2011 lo sostenevano (in ordine di voti): la lista civica Città Nuova, Udc, Mpa, Forza del Sud, Fli, Pd, le civiche Lista Sole e Sicilia Vera. Anticipatore delle larghe intese in stile montiano: un debole centrosinistra insieme all'effimero Terzo Polo. Nel 2015, per correre ad Agrigento, Firetto si è dimesso da sindaco di Porto Empedocle il 30 aprile, per poi ribadire ancora l'alleanza tra Pd e partiti di centro (in primis l'Ncd del compaesano Angelino Alfano). Ha vinto con il 59% dei voti.
Ma il bello viene prima, in realtà. Perché Firetto ha costruito la sua vittoria in appena un mese, chiamato in extremis dal Pd a guidare una coalizione di centrosinistra che con un tafazzismo di livello superiore aveva deciso di farsi guidare da un uomo di Forza Italia, Silvio Alessi. Poi Alessi è stato scaricato: l'atto di trasformismo era troppo pure per gli standard siciliani. Alla fine è spuntato il nome vincente di Lillo. Che ha sconfitto, guarda caso, proprio Alessi (oltre a un leghista veneto, tale Marcolin), finito alla testa di liste civiche chiaramente di centrodestra. Non è il caso di chiamarne una "Forza Silvio" e poi negare la vicinanza al mondo berlusconiano... Insomma, ricapitolando: Alessi aveva stravinto le contestate primarie di centrosinistra pur venendo da destra, poi il Pd lo ha gentilmente messo alla porta, dunque è stato arruolato il democristiano Firetto per portare voti moderati e utilissimi a spazzare l'ipotesi Alessi sindaco.
Lillo Firetto, laurea in economia e commercio, "quadro multinazionale" (come recita la sua scheda sul sito dell'Ars), più che vaga somiglianza con Gianni Cuperlo, amministrerà per i prossimi cinque anni la città dei Templi, ennesimo sindaco centrista a siglare una scomoda pax democratica. Di lui l'empedoclino Camilleri dice: «È un innovatore intelligente». Quando la realtà supera la letteratura.

domenica 12 ottobre 2014

Il Megafono di Renzi

Quando Crocetta fu eletto presidente della Regione nel 2012, di fatto non aveva una vera maggioranza e infatti cercò l'appoggio (sui contenuti, si diceva) del Movimento 5 Stelle, sostanziale vincitore di quelle elezioni. Poi, come sempre in Sicilia, i gruppi parlamentari all'Ars hanno assunto nuove fisionomie, con continui cambi di casacca e trasformismi. Fino al capolavoro di Crocetta di oggi.
La sua lista, il Megafono, oggi ha sconquassato definitivamente ciò che resta del presunto centrosinistra siciliano. Il movimento dovrebbe confluire nel Pd, da Roma è arrivato il via libera all'ingresso nel partitone dei deputati regionali che fanno riferimento alla creatura di Crocetta e di Beppe Lumia. Così il gruppo democratico a Palazzo dei Normanni salirebbe da 18 a 25, una bella garanzia di solidità politica per Crocetta e la sua maggioranza, almeno sulla carta (per la cronaca, all'indomani delle elezioni il Pd aveva 14 seggi e il Megafono 5). Nonostante il risultato negativo delle elezioni suppletive, ora il presidente, infatti, sembra poter godere per la prima volta di un vero sostegno da parte del Pd.
Sì, ma quale Pd? Il via libera da Roma esautora di fatto la segreteria e la dirigenza siciliana. Nell'Isola il segretario è Fausto Raciti, "cuperliano". L'ala che fa capo a lui e ai pezzi grossi come Crisafulli e Cracolici si troverà in netta minoranza, numerica e programmatica, rispetto all'alleanza renziana-crocettiana. Grazie a ingressi come quelli dell'ex Mpa ed ex Udc Marco Forzese oppure – udite udite – di Antonio Venturino, vicepresidente Ars, grillino espulso, ora socialista di Nencini, il Pd siciliano svolterà sempre più in direzione della nouvelle vague di Matteo & Saro. E il Megafono potrà diventare, insieme ad altri gruppi di centro-centrosinistra, la porta d'ingresso per chi, provenendo anche dalle fila dei berluscones in cerca di riposizionamento, volesse rinfoltire la truppa del nuovo Pd a Palermo (e non solo: Lumia è senatore Pd ma eletto col Megafono). Una vittoria di Davide Faraone, un'altra sconfitta del Pd "di sinistra". Crocetta era comunista, una volta...
Rimane però un dubbio: Renzi si è preso la Sicilia o la Sicilia si è presa Renzi?

martedì 12 novembre 2013

Mattarellum, Porcellum, Mirellum

Mirello non è bello, è grasso, ed è pure siciliano. Una coincidenza di disgrazie, non c'è che dire. Mirello però è pure molto potente. Mirello a casa sua sta tanto bene, così bene da farsi sempre acclamare. E pazienza se lontano da casa non ha lo stesso successo.
Mirello all'anagrafe fa Vladimiro, bel nome da comunista, ex, post, vetero o quello che è. In effetti nascere nel 1950 ed essere battezzato con quel nome lì, beh, qualcosa vorrà pur dire.
Vladimiro "Mirello" è di Enna. Di cognome fa Crisafulli. Lo zar di Enna, il ras di Enna, una vita da comunista, poi Pds, Ds, Pd, tutta al seguito dell'annacquamento delle sigle. Ma quello che non si è mai annacquato è appunto il suo radicamento sul territorio, questa formula magica che in politica vuol dire tutto o niente, leghismi o autonomismi, clientelismi e partecipazione. E nel caso suo vuol dire che al congresso provinciale di Enna ha vinto con l'ottanta per cento, precisamente il 79,98 (ma in alcuni circoli ha toccato vette del 98,5%: credo insomma che in Bulgaria dovranno abituarsi al concetto di "percentuali ennesi"...). Qualcuno dice che è più facile destituire Fidel Castro a Cuba.
La terra dei Pupi
Crisafulli a questo giro non è in Parlamento, perché, nonostante la dote di voti e nonostante avesse vinto ovviamente l'anno scorso le "parlamentarie" Pd nella sua roccaforte blindata, i garanti del partito gli chiesero gentilmente di farsi da parte. Era il periodo in cui si parlava di deroghe, dispense e candidature discutibili. Mirello faceva parte dell'ultima categoria. Un impresentabile, secondo tanti. Chiacchierato, discusso, criticato: persino intercettato e filmato nel 2002 a un congresso Cgil con un avvocato in seguito condannato come boss mafioso di Enna, Raffaele Bevilacqua. Il procedimento che si aprì allora su Crisafulli fu poi chiuso, perché lui non sapeva che l'avvocato era un mafioso né le sue richieste di favori e raccomandazioni furono accolte (però le chiese, vabbè). Ma siccome siamo garantisti, nessun problema. Certo, la reputazione ne ha risentito. Ormai è risaputo che bisogna stare attenti alle frequentazioni (trovo significativo questo passaggio dell'inchiesta: «Si fa baciare sulle guance»...). Nel settembre 2010, comunque, è stato rinviato a giudizio per concorso in abuso d'ufficio con due dipendenti della provincia. Avrebbe ottenuto la pavimentazione di una strada comunale, che porta a casa sua, a spese della provincia di Enna. Più un altro rinvio a giudizio per truffa e falso in bilancio nell'inchiesta sull'Ato rifiuti.
L'exploit del congresso provinciale torna a far parlare di Mirello. Dal palco della Leopolda di Matteo Renzi è stato anche Pif, la iena Pif, al secolo Pierfrancesco Diliberto, palermitano, a mettere il dito nella piaga. E sono proprio i renziani i più scatenati. Perché Crisafulli è saldamente cuperliano (si fa per dire), cioè bersaniano, anzi dalemiano, insomma sta sempre con gli eredi di quello che fu una volta, e con altri leader, il Pci. O meglio sono loro, i presunti eredi, che stanno con Crisafulli. In fondo non è altro che uno di quei solidi e radicati leader locali che garantiscono, a chi la vuole, la vittoria nei congressi, nella corsa alle tessere, nelle conte interne a un partito come quello Democratico. Perché Bersani le primarie non le vinse solo nelle fantomatiche "regioni rosse", ma anche dominando al sud. Dove persino Cuperlo è avanti, per dire.
Quindi Renzi e i suoi ce l'hanno con Mirello. Lo criticano, dicono che quando il Sindaho sarà segretario metterà ancora sul tavolo la questione Enna. E Crisafulli, stizzito, si lamenta che «Se fossi belloccio come Renzi, se non fossi siciliano e non pesassi 110 chili, non sarei stato coperto di insulti da simpatizzanti renziani negli anni: nei loro attacchi ci sono punte di razzismo». Capito? Lui non è un "fighetto", un modello, né mai farà una dieta, inutile che lo attaccate sul piano fisico. Onestamente non credevo che le critiche si concentrassero sull'aspetto fisico, mi sembrava ce l'avessero con una questione politica e, virgolettiamolo pure, "morale". Ma, seriamente, devo confessare che mi infastidisce quest'autodifesa velenosa laddove Vladimiro Crisafulli, già senatore della Repubblica, tira fuori quel «se non fossi siciliano». Dice che «parlare male della Sicilia fa comodo a qualcuno». Gliene do atto, a volte è davvero così. Però io non mi sento offeso come siciliano se qualcuno critica e mette in dubbio la legittimità dei trionfi politici di un pezzo grosso di provincia. La critica piuttosto è a lui, a quel pezzo di partito e di apparato che sta con lui, a chi una volta lo considerò impresentabile (non per la faccia sicula né per la mole) e oggi ne gradisce il consenso sovietico. La presentabilità a voto alterno. Voto che, peraltro, lo premierebbe comunque. Crisafulli ama ripetere infatti, ed è quasi l'argomento più forte di ogni sua campagna elettorale, che a Enna lui vince «con il maggioritario, con il proporzionale e anche per sorteggio».
Mattarellum, Porcellum, Mirellum.

mercoledì 12 gennaio 2011

Partito e mai arrivato

Percentuali bulgare: 97,4% a Caltagirone, 93% in otto comuni dell'ennese. Non si tratta di un voto dei soviet supremi locali (al centro della Sicilia sono improbabili), ma dei referendum (anzi, referenda) con cui gli elettori del Partito Democratico si sono espressi contro l'alleanza del centrosinistra con il Mpa alla Regione. Il voto è netto, il no all'accordo lo è ancora di più. Il piddì che sta con la quarta giunta Lombardo dice che sono andati a votare anche elettori di centrodestra, giusto per il piacere di mettere in difficoltà il partito guidato da Giuseppe Lupo. Il segretario regionale aveva pure commissariato il circolo di Caltagirone, perché il referendum sarebbe illegittimo. Però anche alle primarie regionali del 2009 poteva votare chiunque, compresi i non tesserati. E poi si è votato a Caltagirone ed Enna e toccherà presto a Gela: le uniche aree della Sicilia dove il centrosinistra ancora prende voti e "governa". A Caltagirone il Pd vince le elezioni, designa deputati, amministra da tempo e bene, con una gestione trasparente ed esemplare, per stessa ammissione dei vertici regionali del partito. Enna è l'inespugnabile feudo di Vladimiro "Mirello" Crisafulli, chiacchierato e discusso onorevole di sinistra, comunque sempre gradito alle segreterie centrali. Gela ha avuto persino un sindaco comunista, Saro Crocetta, ora eurodeputato.
I voti sono simbolici, non avranno alcun riflesso concreto sulla politica del Pd nei suoi rapporti con Lombardo. Però sono il segnale dell'insofferenza, del disagio e della rabbia di un elettorato che in buona parte non si spiega come si sia potuti passare dall'opposizione all'ingresso in giunta al posto del Pdl. Nell'Isola abbondano ormai le amministrazioni "ibride", dove sembra ingenuo distinguere tra destra, sinistra e centro. Si insiste a parlare di laboratorio-Sicilia, ma da certi esperimenti ogni tanto nasce pure Frankenstein.