martedì 24 marzo 2015

Torna a casa Alessi

Io me lo ricordo bene quando nacque il Pd. Nel 2007 ero a Firenze all'ultimo congresso, quello di scioglimento, dei Democratici di Sinistra. Una delle principali critiche che venivano mosse allora era che il Partito Democratico stava nascendo come una fusione a freddo tra due partiti, appunto i Ds e la Margherita. Ho sempre sottoscritto l'obiezione e, nonostante i risibili tentativi di negare che i partiti fondatori fossero solo l'erede del Pci-Pds e uno dei tanti nipotini della Balena bianca, quando vedo come è finito il Pd di adesso, mi sembra che la vecchia critica rimanga sempre attuale. Soprattutto perché, a qualche anno di distanza, la situazione è degenerata.
Naturalmente lo spunto è il caso di Agrigento con le sue grottesche primarie per il candidato sindaco. Non uso termini come "assurdo" né "incredibile" o simili. Perché ormai, e non lo dico per rassegnato fatalismo terrone, di incredibile e assurdo nella politica siciliana rimane ben poco. Nel senso che anche le più strane situazioni rispondono alle logiche del potere. E così è persino comprensibile che il Pd (tanto quello della "Ditta", quanto quello che twitta), pur di vincere e governare, a più livelli, finisca per accettare e anzi sponsorizzare alleanze indifendibili, glissando su Silvio Alessi, presidente dell'Akragas, legato a Forza Italia e sospinto dai voti degli elettori di centrodestra verso la vittoria delle primarie di centrosinistra. Alessi è lo stesso che due anni fa ringraziò pubblicamente il compaesano Angelino Alfano, senza il cui interessamento la locale squadra di calcio non avrebbe ottenuto la sponsorizzazione dell'Enel. Senza buttarla sui soliti cliché della Sicilia irredimibile sciasciana, dei paradossi pirandelliani o del famigerato laboratorio politico, quello che è successo all'ombra dei templi (d'altronde, il più importante si chiama "della Concordia") è la conferma di ciò che quel partito, che nasceva sotto lo stereotipo della formazione progressista-ma-anche-moderata, è ormai da qualche anno. Una macchina elettorale oliata solo per vincere. In cui la parola "sinistra" provoca reazioni allergiche, o perlomeno fastidi. E basta con questa vecchia politica, gli stereotipi, i luoghi comuni, bla bla bla, sembrano ripetere i nostri eroi democratici. La politica è cambiata. Le ideologie sono morte. Silvio Alessi è legittimamente il candidato sindaco del centrosinistra ad Agrigento, e può continuare a raccontare la favoletta dell'esponente della società civile su cui convergono voti e sostegno dei partiti. Lo confermano le dichiarazioni del presidente della Regione Crocetta, peraltro, secondo cui ad Agrigento «Forza Italia è spaccata in due e non alleata del Pd». Parole e concetti che neppure un renziano di ferro, finanche Renzi stesso...
Nella città che ha avuto per sette anni un sindaco eletto in una spuria coalizione di centro-centrosinistra, Marco Zambuto, riconfermato dopo passaggi vari tra Udc e Pdl, infine approdato al Pd renziano, di cui è diventato uomo di punta nell'Isola (presidente dell'assemblea regionale del partito; a sorpresa trombato alle Europee; dimessosi da sindaco per una condanna a due mesi e 20 giorni per abuso d'ufficio, poi annullata in Appello), ecco, in una città così Alessi è la perfetta prosecuzione del Pd con altri mezzi. Con buona pace di von Clausewitz.

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