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martedì 5 aprile 2016

La Lega non Gambia mai

Il Gambia è il più piccolo Paese del continente africano, quasi interamente circondato dal territorio del Senegal. Il suo presidente-tiranno, Yahya Jammeh, al potere dal 1994, ha dichiarato nel dicembre scorso che il Paese sarà una Repubblica islamica (come l'Iran o la Mauritania o l'Afghanistan). E come tutti gli Stati africani governati dai "dinosauri", anche dal Gambia in tanti cercano di scappare.
Yusupha Susso è uno di questi. Ha 21 anni ma era minorenne quando si è sobbarcato la traversata del deserto e del Mediterraneo ed è arrivato in Italia, a Palermo. Qui studia all'alberghiero e fa da interprete per la Prefettura, si occupa di musica e collabora con sindacati e gruppi antimafia. "Amico dei poliziotti", viene definito. Insomma, un profilo che manda in tilt le menti xenofobe...
Yusupha è in coma farmacologico, sparato alla testa in pieno centro da un pluripregiudicato palermitano della zona di Ballarò, tale Emanuele Rubino, 28 anni. Insieme a due connazionali è stato aggredito da questo branco: la Questura parla di "prepotenza più che di razzismo". Mi pare un inutile sofisma. Yusupha Susso è stato colpito e ridotto in fin di vita perché aveva osato chiedere più rispetto e reagito agli insulti di mafiosetti – prepotenti e razzisti.
Ma questo non è bastato. Perché per certi novelli leghisti sbarcati pure loro in Sicilia (qui, come nel resto del Sud, si chiamano "Noi con Salvini": poi uno si lamenta dei partiti leaderistici...) è sufficiente leggere "Africa", "rissa", "sparatoria", "ferito", "migranti", nella stessa frase e subito ribaltare la verità a uso e consumo della più becera propaganda razzista e prepotente. Così Francesco Vozza, leader cittadino del movimento e fino all'anno scorso responsabile palermitano di CasaPound, non ha trovato di meglio che scrivere su Facebook: «La Palermo eccitante e sicura di Orlando (il sindaco Leoluca, ndr): dei #migranti se le danno di santa ragione e parte pure un colpo di pistola. Un giovane è in fin di vita».
Tutto falso: dei #migranti sono stati aggrediti da un gruppo di delinquenti italiani, e il giovane in fin di vita è un ventenne africano. Solo dopo un po' Vozza si è deciso a cambiare versione: «Ecco quello che è accaduto, sabato scorso, nel centro storico di ‪#‎Palermo‬: scoppia una ‪#‎rissa‬ tra ‪#‎migranti‬ e ‪#‎palermitani‬. Alla fine parte un colpo di ‪#‎pistola‬, sparato da un palermitano, che ferisce alla testa un migrante. Chi continua a dire che Palermo è una città "eccitante e sicura", ha dei gravi problemi!». Gli hashtag ora abbondano e ci sarebbero da correggere un po' di imprecisioni. Il giovane in fin di vita è scomparso?
Ma il leader salviniano a Palermo, che intanto incassa una selva di commenti tipo "si ammazzino tra di loro" o auspici di "forni", alla fine resta della sua idea. L'episodio diventa solo pretesto per questioni politiche locali... «I sinistri, sostenitori di Orlando, vorrebbero che mi scusassi con loro, perché sarei razzista, fascista, leghista. Poveretti, hanno bisogno di cure e d’affetto!».
No. Sa chi ha bisogno di cure, Vozza? Un certo Yusupha Susso, 21 anni, ragazzo del Gambia, in coma per un'aggressione mafiosa e razzista nel cuore della sua (e nostra) bella città. Soprattutto ha bisogno di un po' di affetto.

venerdì 9 gennaio 2015

Ìu sugnu Charlie

#JeSuisCharlie
Sono stato in Francia tre volte, due a Parigi, poche settimane in tutto. Charlie Hebdo lo conosco, ma non l'ho mai letto. Forse preferivo Le Canard enchaîné. Perché il punto di partenza è questo: in Francia, il nostro cugino antipatico ma che ci somiglia e a cui in fondo vogliamo bene, la satira è una cosa seria. In Italia ce la sogniamo un'offerta del genere. La questione non è solo editoriale, ma culturale, sociale, politica. Al di là della cronaca e del dolore.
Ecco perché è semplicemente urticante l'ipocrisia e l'incoerenza di molti italiani (anche miei colleghi...) che adesso gridano alla libertà di stampa-espressione-satira, dopo anni e anni di censure striscianti e prese di posizione tranchant contro giornalismo e dintorni. Ma la mia non è una inutile e risibile difesa d'ufficio della categoria, spesso indifendibile. Dio – uno qualsiasi – ce ne scampi e liberi. Mi fa però schifo la solidarietà pelosa agli irriverenti francesi da parte di chi non ha esitato altre volte a buttarla sulla vecchia regola del "se l'è andata a cercare". Magari lo pensano ancora, ma ora non lo dicono. Quello che conta, per loro, è che Charlie pubblicasse vignette che sbeffeggiano l'Islam. Di quelle sul cattolicesimo, sull'ebraismo e soprattutto di quelle che sfottono la destra reazionaria e xenofoba, invece non parlano. D'altra parte, per i latini la satira era la satura lanx, il vassoio ricolmo di primizie offerto agli dèi. Dèi, al plurale.
Il cortocircuito è servito. Torniamo un po' indietro nel tempo – e nello spazio. Nel 1978 la mafia ammazza Peppino Impastato, uno di quelli che con lo spirito della satira faceva informazione contro i poteri violenti e criminali. Uno spirito libertario, politicamente connotato, che sicuramente sarebbe piaciuto a quelli di Charlie più delle varie e strumentali attestazioni di solidarietà di certe destre italiane. Nel 1996, proprio sul settimanale francese uscì un articolo, Dalla caduta del muro di Berlino alla caduta di Totò Riina (anzi, Riìna), firmato da Phil, l'ex direttore Philippe Val, e Riss, Laurent Sourrisseau, il vignettista rimasto ferito nell'assalto che ha ucciso Wolinski, Charb, Cabu, Tignous e Honoré. I due, Phil e Riss, avevano visitato il Centro Peppino Impastato e riprodussero nella vignetta una vecchia foto del gotha mafioso di Cinisi. In ricordo di Peppino, compagno di satira e di lotta.
La libertà, anche quella di sfottere, fa naturalmente paura al potere, peggio ancora a quei poteri informali e fondati sulla cieca obbedienza e sul terrore. Eppure immagino che anche Peppino, per qualche improvvisato paladino della libertà di satira di inizio 2015, potrebbe essersela "andata a cercare". Ecco, io da certi interpreti del cortocircuito mediatico e ideologico non accetterei lezioni né consigli né insegnamenti. Con una sola eccezione. Ormai non fanno altro che ripetere "abbiamo il coraggio di ripubblicare anche in Italia le vignette di Charlie Hebdo". Bene, allora beccatevi questa. Ottobre 2013. Pour ne pas oublier. Jamais.