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venerdì 22 gennaio 2016

Giusi de Beauvoir

Giusi Nicolini è una "leonessa". Lo dicono e scrivono in tanti. Una bella figura di combattente civile per i diritti e la dignità, esponente di una politica che dovrebbe tornare a farsi qualche domanda, oltre a millantare presunte risposte. Da quando è stata eletta, il sindaco di Lampedusa è anche un pungolo alla sedicente sinistra italiana. E infatti io sono ancora qui ad applaudirla per aver rifiutato nel 2014 la candidatura sicura alle Europee con il Pd.
Due settimane fa a Giusi Nicolini sono stati riconosciuti ancora una volta i suoi meriti, stavolta a Parigi. Ha ottenuto il Prix Simone de Beauvoir pour la liberté des femmes, arrivato alla sua nona edizione (nel 2013 aveva vinto Malala). L'autorevole giuria l'ha premiata per la sua «azione coraggiosa e pionieristica a favore dei migranti e dei rifugiati» e lei ha, con il consueto piglio da "leonessa", richiamato l'Europa e l'Occidente intero alle proprie responsabilità.
Giusi Nicolini mi piace molto ed è per questo che mi fa molto piacere che l'edizione italiana di Global Voices, la rete internazionale di giornalismo partecipativo, mi abbia contattato per un mio vecchio post sul sindaco di Lampedusa e Linosa. Post citato nell'articolo di Abdoulaye Bah, anche lui gran personaggio: ultrasettantenne di origine guineana, ha lavorato per anni all'Onu, militante radicale, è finito persino in Habemus Papam di Nanni Moretti (faceva il cardinale dello Zambia!). Grazie ad Abdoulaye Bah e a Global Voices. E naturalmente grazie a Giusi Nicolini.

venerdì 9 gennaio 2015

Ìu sugnu Charlie

#JeSuisCharlie
Sono stato in Francia tre volte, due a Parigi, poche settimane in tutto. Charlie Hebdo lo conosco, ma non l'ho mai letto. Forse preferivo Le Canard enchaîné. Perché il punto di partenza è questo: in Francia, il nostro cugino antipatico ma che ci somiglia e a cui in fondo vogliamo bene, la satira è una cosa seria. In Italia ce la sogniamo un'offerta del genere. La questione non è solo editoriale, ma culturale, sociale, politica. Al di là della cronaca e del dolore.
Ecco perché è semplicemente urticante l'ipocrisia e l'incoerenza di molti italiani (anche miei colleghi...) che adesso gridano alla libertà di stampa-espressione-satira, dopo anni e anni di censure striscianti e prese di posizione tranchant contro giornalismo e dintorni. Ma la mia non è una inutile e risibile difesa d'ufficio della categoria, spesso indifendibile. Dio – uno qualsiasi – ce ne scampi e liberi. Mi fa però schifo la solidarietà pelosa agli irriverenti francesi da parte di chi non ha esitato altre volte a buttarla sulla vecchia regola del "se l'è andata a cercare". Magari lo pensano ancora, ma ora non lo dicono. Quello che conta, per loro, è che Charlie pubblicasse vignette che sbeffeggiano l'Islam. Di quelle sul cattolicesimo, sull'ebraismo e soprattutto di quelle che sfottono la destra reazionaria e xenofoba, invece non parlano. D'altra parte, per i latini la satira era la satura lanx, il vassoio ricolmo di primizie offerto agli dèi. Dèi, al plurale.
Il cortocircuito è servito. Torniamo un po' indietro nel tempo – e nello spazio. Nel 1978 la mafia ammazza Peppino Impastato, uno di quelli che con lo spirito della satira faceva informazione contro i poteri violenti e criminali. Uno spirito libertario, politicamente connotato, che sicuramente sarebbe piaciuto a quelli di Charlie più delle varie e strumentali attestazioni di solidarietà di certe destre italiane. Nel 1996, proprio sul settimanale francese uscì un articolo, Dalla caduta del muro di Berlino alla caduta di Totò Riina (anzi, Riìna), firmato da Phil, l'ex direttore Philippe Val, e Riss, Laurent Sourrisseau, il vignettista rimasto ferito nell'assalto che ha ucciso Wolinski, Charb, Cabu, Tignous e Honoré. I due, Phil e Riss, avevano visitato il Centro Peppino Impastato e riprodussero nella vignetta una vecchia foto del gotha mafioso di Cinisi. In ricordo di Peppino, compagno di satira e di lotta.
La libertà, anche quella di sfottere, fa naturalmente paura al potere, peggio ancora a quei poteri informali e fondati sulla cieca obbedienza e sul terrore. Eppure immagino che anche Peppino, per qualche improvvisato paladino della libertà di satira di inizio 2015, potrebbe essersela "andata a cercare". Ecco, io da certi interpreti del cortocircuito mediatico e ideologico non accetterei lezioni né consigli né insegnamenti. Con una sola eccezione. Ormai non fanno altro che ripetere "abbiamo il coraggio di ripubblicare anche in Italia le vignette di Charlie Hebdo". Bene, allora beccatevi questa. Ottobre 2013. Pour ne pas oublier. Jamais.