venerdì 8 luglio 2011

Più province per tutti

Di abolire le province, in Italia non se ne può parlare. Tutte le volte che viene proposta la cancellazione di questi enti territoriali abbastanza inutili (ma bei poltronifici), si trova sempre un'opposizione trasversale. Quanto è successo alla Camera qualche giorno fa ne è un esempio evidente. Una provincia vuol dire tanti uffici, tante poltrone, tanti posti, tanti altri enti collaterali. Quel che più mi colpisce è una specie di regola non scritta, uno strano rapporto di "proporzionalità": più si parla di abolire le province, più se ne propone la creazione di nuove. Come se 110 fossero poche. Ricordo ancora quando nel 1992 furono istituite otto nuove province, che nella mia mente di bambino curioso delle elementari erano otto nuove sigle e targhe automobilistiche. Crotone = KR fu una grande sorpresa. Poi però col tempo ho capito che le province esistono solo in Italia come ente intermedio e ne ho compreso i motivi. Soprattutto ho capito perché nessuno vuole davvero abolirle.
Una nuova provincia è, appunto, un nuovo insieme di posti di lavoro e di potere. Dal 1992 a oggi ne sono state istituite in tutto altre 15. Il problema è naturalmente a monte. Se non esistesse l'istituto-provincia, non ci sarebbe la corsa a proporne di nuove e talvolta improbabili. D'altra parte le proposte le fanno quasi sempre i parlamentari eletti nelle zone interessate e far creare una nuova provincia immagino garantisca un certo credito elettorale.

Io sono di Modica e ho sempre vissuto come ingiustizia lo "scippo" fascista (1927) della sede provinciale alla mia città, a vantaggio della vicina Ragusa. Il campanilismo che contrappone storicamente le due città si è risolto addirittura con coloriti proverbi in dialetto: Raùsa provincia, Muòrica 'sta mincia. Se Muòrica arritonna, Raùsa 'sta zonna (un po' di filologia: a Modica le parole che altrove in Sicilia hanno il gruppo "-chi", si pronunciano con la "-ci"; zonna è un sinonimo, unicamente modicano, della parola con la "-ci"...). Più di una volta ho sentito parlare di una rivincita modicana, ma l'ho sempre ritenuta inutile e finalizzata solo a creare nuovi posti di potere e sottogoverno. Sarà che ho un'idea dei politici miei concittadini...
Però la voglia di istituire nuove province è forte anche in altre aree della Sicilia. Una regione che ha già nove province. Per creare una provincia di Gela, è stata addirittura presentata - unica in Italia - una proposta di legge popolare. Gela, per la cronaca, ha 77.000 abitanti, 17 mila in più del suo capoluogo Caltanissetta. La provincia avrebbe 21 comuni. Ma i politici gelesi hanno messo in conto anche di allargarla ad altri paesi in altre province già esistenti. Calta-Gela: questo uno dei tanti progetti in campo. E "Calta" naturalmente non è Caltanissetta, ma Caltagirone. Inoltre si potrebbe estendere il tutto a Piazza Armerina e Licata, per costituire una macro-provincia che interessi il sud nisseno, ennese, agrigentino e catanese. Pure la città della ceramica aspira a staccarsi dal suo capoluogo, Catania, e creare una propria provincia, il Calatino-Sud Simeto. Ma il comprensorio non sarebbe sufficientemente popolato per costituire una provincia. Il numero minimo di abitanti richiesto è 180 mila, al quale Caltagirone non arriverebbe neanche annettendosi comuni di altre province. Come Niscemi (CL), che aveva aderito al progetto già negli anni Ottanta. A meno che, appunto, non si opti per quell'unione tra Caltagirone, Gela e gli altri comprensori "insoddisfatti" della Sicilia centro-meridionale. In attesa di sapere come andrà a finire, sta a guardare anche Acate, il comune più occidentale della provincia di Ragusa, a 21 km da Caltagirone e a 24 da Gela.
Insomma, una situazione in continuo divenire. Sulla provincia di Gela l'Ars si è espressa favorevolmente, giudicando ammissibile la proposta di legge popolare. Gela, sesta città siciliana per popolazione, potrebbe dunque diventare la decima provincia dell'Isola. Ma, c'è un ma. Un "ma" grosso e tutt'altro che pretestuoso. Lo Statuto regionale del 1948 (che ha rango costituzionale) prevede, all'articolo 15, che le province... non esistono! Ecco cosa dice il comma 1:
«Le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi nell'ambito della Regione siciliana»
Le province, pre-esistenti all'adozione del modernissimo Statuto, dovrebbero dunque essere abolite già dal '48. Con la legge regionale 9/1986 è stato invece istituito "il libero Consorzio dei Comuni denominato Provincia Regionale". I consorzi sovracomunali dovrebbero intervenire nel riordino e nel trasferimento delle competenze, anche secondo il governatore Lombardo. L'anno scorso il governo nazionale parlava del taglio delle province con meno di 220 mila abitanti: in Sicilia sarebbe toccato a Enna, salvata però dallo status di autonomia della Regione. Di questo passo, le province non saranno mai abolite e ci abitueremo - non tutti malvolentieri - all'idea che al contrario ne nasceranno sempre di nuove.

Aggiornamento del 19 marzo 2013. Alla fine l'ha spuntata un presidente di Regione "vulcanico" come Rosario Crocetta, che è riuscito a convincere anche i battaglieri deputati regionali, pardon cittadini, del Movimento 5 Stelle: province abolite in Sicilia. E così la terra degli sprechi e dello sperpero di denaro pubblico è la prima in Italia a tagliare quegli enti intermedi. Approvato un maxi-emendamento della maggioranza (53 sì, 28 no, un astenuto) e sospese le elezioni provinciali di fine maggio. Gli enti devono essere commissariati ed entro l'anno dovranno essere sostituiti, con una nuova legge, dai liberi consorzi di comuni, per i quali sono previste elezioni di secondo grado (dunque i componenti devono essere indicati dai sindaci e non sono più previste elezioni per presidenti di provincia e consiglieri).

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