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venerdì 12 agosto 2011

Happy birthday, Mr. Balotelli

Con Roberto Mancini
al Manchester City

La prima volta che ne ho sentito parlare non avevo capito bene. Era un servizio di Studio Sport e Antonio Bartolomucci parlava di questo promettente e potente attaccante della Primavera dell'Inter, un ragazzo di origine ghanese. Io, chissà perché, avevo capito "gallese". Era il 19 novembre 2007 e si diceva che poteva "far sorridere" sentire un ragazzo di colore parlare in perfetto dialetto bresciano. Non c'è nulla da fare, quando c'è di mezzo Mario Balotelli, nato Barwuah, l'equivoco o il misunderstanding (in omaggio alla sua attuale esperienza inglese) è sempre in agguato.
Io ho scoperto Mario ancora prima che "esplodesse", grazie al lavoro che dovevo fare per la mia tesi di laurea specialistica. «Black Italians e Bleus Noirs: dall'interdizione razziale all'integrazione dei calciatori di colore italiani e francesi»: una tesi in antropologia culturale sul calcio. Strano, ma vero. Per questo motivo, ho seguito Mario Balotelli via via che diventava sempre più noto, per i risultati sportivi e per le sceneggiate dentro e fuori dal campo - che stranamente sono aumentate dopo la mia laurea... Di Balotelli, e soprattutto del suo carattere, tanto si è detto e si continuerà a dire e scrivere. Non è uno sport che mi interessa. So soltanto che la sua figura è importante nel contesto di cui parlavo nella tesi: lui è adesso uno dei più famosi Black Italians nel mondo dello sport e della società. Con buona pace di quelli che hanno la faccia tosta di dire che con i loro slogan tipo "Non ci sono negri italiani" vogliono solo criticare i suoi modi antipatici e arroganti. Gli stessi modi che, tra l'altro, finiscono per giustificare le pedate di Totti.
Angelo Ogbonna, Mario Balotelli, Stefano Okaka. Italiani
Mario Barwuah è nato il 12 agosto 1990, ventuno anni fa, a Palermo. I genitori ghanesi lo hanno abbandonato in ospedale: aveva problemi di salute e a due anni è stato dato in affido alla famiglia bresciana dei Balotelli. Un affido che non si è mai tramutato in adozione, "grazie" alle arretratissime leggi italiane sull'adozione e sulla cittadinanza. La sua famiglia sono i Balotelli, non i Barwuah, eppure solo dopo i diciotto anni ha potuto finalmente utilizzare sui documenti il nome dei parenti che lo hanno accolto e cresciuto.
Parte del lavoro della mia tesi consisteva nell'analisi della stampa sportiva e di come questa trattava la presenza di "italiani neri" nel calcio. Allora non avevo ancora deciso di intraprendere la strada del giornalismo e non risparmiavo critiche a un certo linguaggio "disinvolto". Le critiche le risparmio ancora meno adesso che in quel mondo ci sono entrato pure io, comunque. Trovavo assurdo che qualche organo di stampa siciliano fosse fissato con la nascita palermitana di SuperMario. Su un supplemento de La Sicilia, Mariella Caruso ha scritto il 16 marzo 2008 che Mario ha "sangue africano, anima siciliana". Per la tesi ho intervistato la sorella di Balotelli. Che si chiama Cristina e non Abigail Barwuah, è una brava giornalista di Radio 24 e non una ragazza in cerca di notorietà come "la sorella di uno famoso". Cristina Balotelli così mi ha risposto sul tentativo di assegnare a Mario una patente di sicilianità:
«Può sembrare paradossale il fatto che si insista molto su una presunta "appartenenza a Palermo" di Mario per il solo fatto che è nato in quella città. Come dimostra anche il suo accento, Mario è cresciuto a Brescia e di Palermo ricorda ben poco perché era troppo piccolo. Se ha un certo legame con una città, questa è senz'altro Brescia»
Faccio gli auguri di buon compleanno a Mario Balotelli, non più Barwuah. E pazienza se non è siciliano come me. Mi basta che sia italiano, come me.

domenica 10 aprile 2011

Figli di Sultana

Dici "sultano" e cosa ti viene in mente? L'insulto di Cartman in South Park che ho preso a prestito per il titolo del post? Oppure atmosfere orientali (orientaliste, a dire il vero)? O "i sultani dello swing" di Mark Knopfler? Pensando alla Sicilia, il grande chef Ciccio Sultano? O il riccone dell'Oman che tre anni fa ha illuso l'estate palermitana? Oppure semplicemente l'uvetta sultanina, amato/odiato corredo del panettone? Insomma, parola che evoca tante cose. E alimenta qualche equivoco.
La notizia che arriva da Caltanissetta è di quelle che allietano anche il più distratto dei lettori. Ma impone pure una riflessione sull'uso delle parole, soprattutto quando c'è di mezzo un mondo che si conosce poco e su cui invece si pensa di avere convinzioni e certezze. Qualche giorno fa, il capoluogo nisseno si è tirato a lucido per accogliere un ospite illustre. Il sultano di Abu Dhabi. Per la visita di Sultan Hasan Al-Zaabi (o Alzaabi, o Alzaabu, 'sti nomi arabi...) si è preparato pure un picchetto d'onore, i vigili schierati in alta uniforme. Peccato che appena il sultano-Sultan si è presentato in giubbotto e senza limousine, si è scoperto l'errore. Malinteso non da poco: altro che sultano, era solo un ingegnere, imprenditore della plastica di Abu Dhabi con interessi a Brescia, verosimilmente ricco - per carità - ma non un capo di Stato. Però a parte il curioso e simpatico (forse non per il sindaco nisseno Michele Campisi) incidente "onomastico", la parole sono importanti.
Abu Dhabi è uno dei sette Emirati Arabi Uniti (Uae). Emiro, non sultano, dunque. Il capo di Stato è l'emiro Khalifa bin Zayed Al-Nahyan, figlio del defunto Sultan, padre della patria, e fratello dello sceicco Mansour, proprietario del Manchester City. Sultano, emiro, sceicco: un po' di confusione sui nomi e i titoli. Il vecchio Sultan si chiamava così; gli unici sultanati sovrani sono oggi l'Oman, il Brunei, parte della Malaysia e una provincia indonesiana. Gli Uae sono appunto emirati, il monarca è l'emiro. E sceicco è titolo onorifico che poco ha a che vedere con simbologie e stereotipi occidentali sul misterioso mondo dell'Oriente islamico. Ricostruire tutte le definizioni non è facile, però sembra proprio che da questo sia nato l'equivoco.
Il comune di Caltanissetta non aveva solo organizzato un'accoglienza degna di un sultano, ma aveva pubblicizzato l'evento sul suo sito istituzionale (il link non è più attivo, stranamente...). Comunicato stampa in burocratese da manuale, condito dalla deliziosa gaffe di un refuso macroscopico:
«La vita (sic!) del Sultano giunge al termine di una intesa raggiunta dal primo cittadino con professionisti italiani residenti in quella regione per una visita ricognitiva delle nostre realtà imprenditoriali e per verificare eventuali opportunità d'investimento nel nostro territorio»
Era a termine la visita e non la vita, naturalmente. Salta una sillaba e cambia tutto il significato. D'altra parte, come poteva finire la vita di uno che in pratica non esiste?

P.S. Il comune ha provato maldestramente a discolparsi. Avrebbero capito male i cronisti che hanno rilanciato la notizia: eh, sempre i soliti giornalisti. In effetti anche quelli dell'ufficio stampa sono giornalisti.