«A vent'anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell'età», cantava Francesco Guccini. Invece un mio amico dei tempi dell'università, guarda caso a Bologna, diceva che «a vent'anni sei già vecchio, hai dato tutto nella vita». Inguaribile pessimista. Mi sono tornate in mente queste cose ultimamente, all'idea che sono già passati vent'anni dalla morte di Giovanni Falcone, della moglie Francesca e della sua scorta. Ci penso ogni anno a quel tratto d'autostrada, e non solo in coincidenza con l'anniversario. Quella tragedia mi ha segnato fin da bambino. Come quando se ne va un parente lontano, di quelli che non hai mai conosciuto personalmente ma di cui hai spesso sentito parlare. Familiare, a suo modo. Ora, però, è passato troppo tempo, appunto un'età intera, di quelle che già richiedono riflessioni e bilanci.
E allora cos'è rimasto di tutto quel dolore? Cos'abbiamo imparato da questi 20 anni? Io la risposta un po' ce l'ho e purtroppo sembra ispirata agli opposti pessimismi del Guccio e del barbuto Dario da Crotone. Dopo vent'anni, alla vigilia dell'anniversario che vedrà inesorabilmente scatenarsi le ipocrisie ufficiali, vedo che con il solito rimorso tardivo si preparano cerimonie e celebrazioni.
Il mio ricordo, quest'anno, è fatto di immagini, numeri, mappe. Per tanto tempo ho pensato a una cosa che ho visto una decina di anni fa per la prima volta. Era un ritaglio di un quotidiano inglese. Mentre in Italia i giornali parlavano di orrore, la rassegna stampa estera raccontava della "vergogna italiana". C'ho pensato davvero tante volte a quel titolo, a quel ritaglio. E ho pensato soprattutto alla difficoltà per noi italiani di riconoscere la vergogna, e non solo l'orrore.
So bene che all'estero la considerazione della mafia è strana. Non tutti riescono ad ammettere che si tratta di un fenomeno pericoloso quanto il terrorismo, spesso sembra che lo si voglia derubricare a crimine comune. E invece su questo blog ho scoperto con mia grande sorpresa che forse non è del tutto così. Nell'ultimo anno, il post che ho scritto per il 19° anniversario della strage di Capaci è stato letto oltre 3.000 volte. Il più cliccato. Forse non tutti l'hanno letto, molti ci sono finiti per caso cercando su Google "Giovanni Falcone", soprattutto sue immagini. Ed è proprio questo che mi ha colpito. Che la curiosità di vedere sue immagini da vivo è trasversale, anzi transnazionale.
Mezzo mondo è arrivato qui cercando foto di Falcone, e ci è arrivato cliccando sull'immagine del giudice sorridente che tanto mi piace. Elenco in ordine sparso i Paesi di provenienza delle visite a quel post: Francia, Svizzera (tedesca), Repubblica Ceca, Bulgaria, Tunisia, Estonia, Stati Uniti, Austria, Regno Unito, Croazia, Norvegia, Germania, Australia, Egitto, Malta. Dalla Turchia sono arrivate almeno tre visite digitando "Falcone Gioivanni", ma l'ortografia qui non conta. Su Google Serbia hanno scritto "Giovani Falkone" (anzi "Ðovani Falkone", trascrizione in caratteri latini dell'originale cirillico "Ђовани Фалконе"). A me piace tanto la geografia, in questo caso ancora di più. È persino emozionante. E ci aggiungo pure chi dalla Lettonia ha visitato un altro post dedicato a Giovanni e Francesca Falcone. Qualcun altro mi è sicuramente sfuggito.Ecco, io non mi accodo alle frasi fatte, ai proclami scontati. Preferisco ricordare, nel giorno del suo compleanno (oggi sono 73), l'eroismo umile e silenzioso di Falcone e quelli come lui, prima e dopo di lui. Lo faccio così, notando questo piccolo passo in avanti. La curiosità, la voglia di conoscere chi è Giovanni Falcone, una volontà che va oltre i confini di questo Paese.
Diciamo che quel sorriso mi lascia una piccola speranza, nel buio del pessimismo dei venti(nove) anni.
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