112 non è solo il numero per chiamare il pronto intervento dei Carabinieri. Centododici sono i bonifici con cui sono stati raccolti 20mila euro per Atika Tahir, vedova di
Noureddine Adnane, l'ambulante marocchino morto il 19 febbraio scorso a Palermo dopo essersi dato fuoco per protesta. La sottoscrizione era stata lanciata da
Repubblica insieme al Ciss (Cooperazione Internazionale Sud Sud). Il presidente del Senato Schifani ha devoluto 5.000 euro dei fondi di Palazzo Madama, il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, ne ha messi 1.000 a titolo personale, altrettanti li ha donati l'associazione regionale degli industriali, la redazione palermitana del giornale altri 500, e così via. Banche, enti, associazioni, comunità religiose. Ma il grosso lo fanno i singoli e le famiglie che hanno
donato poche decine di euro. Poche, ma sincere.
La vedova, 21 anni, è arrivata apposta dal Marocco con la figlia Kadija di tre anni. Il consolato si sta muovendo per far rilasciare un permesso di soggiorno per Atika.
Per una storia che potrebbe concludersi benino, un'altra rischia di finire malissimo. A Vittoria, nel ragusano, Georg Semir, albanese di 33 anni, si è dato fuoco e adesso è in condizioni gravi. Le persone presenti in piazza hanno soccorso subito Semir. Motivo del gesto: pare che da qualche mese non ricevesse lo stipendio dall'azienda agricola per la quale lavorava. Almeno così ha detto lui stesso alla polizia prima di esser portato in ospedale.
Georg come Noureddine e come tanti italiani (e siciliani): lavoratori, disoccupati, non pagati e tartassati, disperati. Dall'inizio dell'anno se ne sono suicidati tre nella sola provincia di Ragusa: Paolo Cannì (poco più che trentenne), Giuseppe Scribano, Salvatore Giannone. Più un imprenditore edile di Scicli che si è ucciso a Noto. I
morti sul lavoro sono anche questi.
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