Io mi sono dato un ordine, un obbligo, un compito: ricordare ogni anno, nel mio contesto pubblico molto piccolo, quelle due terribili date del 1992, il 23 maggio di Capaci e il 19 luglio di via D'Amelio. A volte preferirei non farlo, perché non mi pare di avere nulla di così importante da dire. Quello che conta almeno è saperlo, conservare come monito il ricordo dell'estate più calda della storia siciliana. A volte però sarebbe meglio il silenzio, vero, non interrotto da ipocriti applausi di alleggerimento della coscienza. Il silenzio che qualcuno dovrebbe infine consigliare sul serio a Crocetta: a tacere davanti agli insulti di Tutino a Lucia e poi rompere il silenzio alle parole incontestabili di Manfredi, non mi sembra si faccia una gran figura. Senza bisogno di tirare sempre in ballo l'anti-antimafia e l'omofobia.
Ecco, su una cosa taccio invece io, e l'ho fatto anche al lavoro, forse per lapsus, o per scelta, o per ragioni di spazio. Nell'articolo che ho scritto sul Quotidiano Nazionale, ho omesso questa frase di Crocetta: «Tutto accetterò tranne che morire come un pezzo di merda in un letto». Non la capisco, davvero. Il silenzio non è solo omertà. A volte è una splendida opportunità.
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