Alla mia età è ancora presto per i rimpianti, ma da anni ne ho uno che purtroppo non riesco a cancellare. Domenica 6 agosto 1995 (compleanno di mia mamma) ero ancora un po' piccolo, non troppo. Avevo 12 anni e mezzo e a parte qualcosa di Beatles, Pink Floyd, Queen e cantautori italiani non ascoltavo granché. Dunque non potevo sapere minimamente chi fossero i gruppi che quel giorno, anzi quella sera, avrebbero suonato allo stadio Cibali di Catania. Tra l'altro dovevano passare altri quattro anni per saperlo, anzi capirlo.
Quella sera, Catania era al centro della scena musicale italiana, europea e forse oltre. In quegli anni la città etnea era considerata la "piccola Seattle d'Italia"; lì si ascoltavano gruppi rock e indie che altrove nella Penisola erano sconosciuti. La scena di Seattle, del grunge, della musica suonata nei locali, arrivava prima a Catania e poi a Milano. Il merito è di una persona che oggi non c'è più: Francesco Virlinzi. Nei primi anni Novanta aveva fondato la Cyclope Records, etichetta che avrebbe lanciato Carmen Consoli, Mario Venuti, Moltheni e artisti catanesi come Brando e i Flor de Mal (poi Flor). Ma il grandissimo merito di Virlinzi è stata un'amicizia. L'amicizia con i R.E.M.
Anni fa, a proposito del rapporto con l'Italia, Michael Stipe ha detto: «Non credo che i R.E.M. sarebbero oggi quello che sono senza l'entusiasmo di Francesco e dei catanesi che ci hanno fatto conoscere al resto del Paese». Se in Italia si vendevano 10mila copie di dischi dei R.E.M., settemila le avevano acquistate a Catania.
Virlinzi riuscì a portare la band di Athens sotto l'Etna. Domenica 6 agosto 1995. Ecco chi suonava quella sera. I R.E.M., pure in eccellente compagnia. Aprivano il concerto i Flor de Mal (consigli per l'ascolto: ReVisioni,1993) e dopo un gruppo inglese ancora non tanto noto. I Radiohead. Capite adesso il rimpianto?!?
Quella Catania però non c'è più, e non solo perché nel 2000 Virlinzi se n'è andato a poco più di quarant'anni. Sono cambiate molte cose, prima di tutto lo spirito. Non sono più i tempi in cui Peter Buck, il chitarrista dei R.E.M., prendeva una chitarra e si metteva a suonare - in incognito - in un pub catanese, così, per diletto. No, non sono quei tempi. Marco Pirrello, con il documentario My Hometown Catania, prova a rievocare quegli anni e quello spirito. Il docufilm è prodotto da Upress, l'associazione per la promozione del giornalismo universitario, insieme a Step1 e Radio Zammù, testate dell'ateneo catanese. Pirrello racconta il rapporto di quattro giovani band (Crabs, Narayan, Introversia, Dossi Artificiali) con la città. C'è nostalgia per quel fermento e per la concentrazione di artisti in un tempo ormai troppo lontano, ma si coglie anche una nota di speranza. Una nota rock.
Sigh
RispondiElimina