
Facciamo così: liquidiamo, in senso buono, subito il quinto su cinque. Non ce ne voglia, non è mancanza di rispetto. Anzi. Il quinto, inteso come candidato alle
elezioni regionali siciliane, è
Roberto La Rosa. Autonomista, anzi indipendentista, alla testa del movimento Siciliani liberi, il quinto incomodo che prenderà circa l'1%. "Talmente piccolo che avremmo potuto anche non invitarlo", gli ha detto con sorprendente indelicatezza Lucia Annunziata durante il confronto televisivo con gli altri candidati. Comunque è giusto segnalarne la presenza. Adesso ha anche ottenuto il sostegno di parte dei Forconi, che prima sembravano orientati a schierarsi in massa con il centrodestra (quasi) unito dietro Nello Musumeci.
Dunque, almeno la candidatura di Roberto La Rosa ha il pregio della chiarezza. La faccia, il nome, il movimento, il simbolo, lo slogan. Tutto chiaro, senza particolari equivoci.


Partiamo da lui, dall'outsider, proprio perché sembra che gli altri, al contrario, vogliano lasciare qualche dubbio. Questa riflessione nasce dai manifesti elettorali dei cinque candidati presidente. E dalla centralità delle persone rispetto all'assenza dei partiti. A parte La Rosa, è singolare che il "partito" più radicato sia ormai il Movimento 5 Stelle, il cui simbolo infatti, ovviamente, campeggia sui manifesti di
Giancarlo Cancelleri. In questo caso l'identificazione tra movimento e
candidato-portavoce è assoluta, totale, totalizzante.
Invece mi ha colpito, forse anche perché l'ho visto di persona, il manifesto elettorale di
Fabrizio Micari. Criptico, non so quanto volontariamente. Un slogan apparentemente inoffensivo ("La sfida gentile") e la totale assenza di simboli di partito. Molti ritengono che una chiave fondamentale del voto siculo risieda nella possibilità del voto disgiunto e ciò spiegherebbe la strategia di andare a intercettare delusi e disillusi di tutti gli schieramenti. Già Micari è poco conosciuto, se poi nessun simbolo di partito campeggia nei suoi manifesti... è difficile che sia identificato come il candidato del centrosinistra.


Un po' diverso, ma solo in parte, il discorso per i due candidati rimanenti,
Nello Musumeci (centrodestra) e Claudio Fava (sinistra). Diverso perché sono gli unici due politici di lungo corso in lizza per la presidenza della Regione, e quindi perfettamente riconoscibili come l'uomo di destra e quello di sinistra, indipendentemente dai simboli sui loro manifesti. E quali sarebbero, poi, questi simboli?

Nessuno, nel caso dell'
ex presidente della provincia di Catania. Anzi. La strategia comunicativa di Musumeci cerca platealmente di smarcarsi dalla politica dei partiti, tra hashtag, slogan efficaci per quanto contraddittori (è per esempio uno straordinario sofisma il motto
#noslogan...), una furba personalizzazione. "L'unico pizzo che piace ai siciliani".
Così come Musumeci non ha simboli di partito sui suoi manifesti, anche
Claudio Fava, candidato della sinistra... a sinistra del Pd. L'unico simbolo è quello della sua coalizione, "Cento passi per la Sicilia", un'altra evidente personalizzazione politica, essendo stato lui tra i soggettisti/sceneggiatori del bellissimo film di Marco Tullio Giordana su Peppino Impastato.
Morale: come sempre la Sicilia prova ad anticipare tendenze politiche nazionali. Fingendo che contino più le persone dei partiti. Quando invece lo sanno tutti che gli elettori vanno a votare soprattutto per il "loro" consigliere regionale... In quel caso sì che conta pure il simbolo del partito.
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