Urge subito un nuovo presidente della Repubblica.
Ma subito davvero. Mica per la fretta delle riforme, né per garantire la famigerata stabilità. Né tantomeno per un bisogno spasmodico di moniti quirinalizi. No. Vorrei che qualcuno vada a sedersi il prima possibile su quella bella poltrona sul Colle più alto di Roma, perché c'è da (pre)occuparsi subito di questioni molto spinose. Come alcune richieste di grazia, per esempio. La notizia di questi giorni è che ne sia arrivata una firmata Salvatore, detto Totò, Cuffaro. Anche se in realtà la richiesta sarebbe partita l'anno scorso dalla madre dell'ex presidente della Regione Siciliana ormai da quattro anni a Rebibbia per favoreggiamento alla mafia.
Gli restano in teoria tre anni di carcere – nella pratica tra meno di un anno uscirà per i benefici di legge – e ha già fallito la carta dell'affidamento ai servizi sociali (a ottobre 2013: la Cassazione disse di no). Ora la via della grazia, dalla quale però, affettuosamente e rispettosamente nei confronti della mamma, Totò si dissocia. «Disobbedisco», ha detto.
Sarebbe stato comunque interessante l'iter della grazia. La posizione di Totò, infatti, andrebbe infatti nuovamente al vaglio della procura generale di Palermo, il distretto giudiziario nel quale fu promulgata quella condanna, definitiva dal 22 gennaio 2011. Quindi passerebbe per le mani del procuratore Roberto Scarpinato. Tuttavia c'è un'altra indagine a carico di Cuffaro ancora in corso, quella per truffa aggravata e corruzione nel caso dei contratti stipulati tra la Regione e la banca giapponese Nomura. Si parla del 2003, l'accusa è di aver fatto "finanza creativa" con un danno erariale di 175 milioni per le casse siciliane.
Nonostante gli sconti per buona condotta (si dice che sia un detenuto modello), Cuffaro dovrebbe dunque restare a Rebibbia. Ma il problema vero è un altro, e qui si torna al punto iniziale, l'urgenza di un presidente. Perché io, onestamente, non me lo immaginerei il presidente reggente a esaminare la richiesta di Cuffaro. Il presidente reggente, vale a dire Pietro Grasso, lo stesso Pietro Grasso, non un omonimo, che lo fece condannare per favoreggiamento aggravato. Poi si parla di conflitto d'interessi... E se salisse proprio lui al Quirinale? Cosa potrebbe dire Totò? Ma mi faccia il piacere!
Nessun commento:
Posta un commento