Ciaculli, località alle porte di Palermo, è nota per una varietà di
mandarino detto "tardivo", presidio Slow Food e tra i pochi residui della grande Conca d'Oro. Stavo pensando che sui libri di storia e geografia delle nostre scuole è più facile trovare il nome di Ciaculli come ultima propagine della Conca, che non come teatro di una delle prime stragi di mafia ad aver sconvolto la Sicilia.
Era il 1963, il 30 giugno, 48 anni fa. Fino ad allora gli omicidi di mafia erano perlopiù faide tra clan e famiglie, ma quel giorno il tiro fu alzato fin troppo in alto. Sette morti, sette uomini delle forze dell'ordine. Una giornata cominciata con un attentato a Villabate, dove morirono gli innocenti Pietro Cannizzaro e Giuseppe Tesauro, un meccanico e un panettiere. L'obiettivo era un mafioso locale, in piena guerra di mafia. Qualche ora dopo la guerra si sposta a Ciaculli. Quasi un copione recitato ad arte: una telefonata anonima alla questura di Palermo avverte della presenza di un'auto abbandonata in aperta campagna. Naturalmente i carabinieri vanno subito sul posto e trovano l'auto, un'Alfa Romeo Giulietta, con gli sportelli aperti e una gomma a terra. Facile capire che si trattava di un'autobomba. Arrivano gli artificieri che tagliano la miccia, ma non basta: appena apre il bagagliaio, il tenente Mario Malausa innesca il tritolo e con lui muoiono altri sei militari, Silvio Corrao, Calogero Vaccaro, Eugenio Altomare, Marino Fardelli, Pasquale Nuccio e Giorgio Ciacci. Sette morti per mafia, sette "vittime del dovere". Anzi, sei vittime più una. Il maresciallo Nuccio, artificiere dell'Esercito, non è stato riconosciuto vittima del dovere e dunque i familiari non possono ottenere i benefici previsti dalla legge. Impossibile immaginare i motivi per cui il ministero della Difesa ha respinto la loro istanza.
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Funerali solenni per le vittime di Ciaculli (1963) |
Ciaculli è considerata la fine della "prima guerra di mafia". Forse l'obiettivo era il boss Salvatore Greco, nemico dei La Barbera, o forse lo stesso Malausa, autore di un rapporto sugli intrecci tra mafia e politica. Di certo c'è che non si sanno i nomi degli autori né tantomeno dei mandanti. Poi non mancano i contorni da
spy story: qualcuno ha ipotizzato addirittura che per la guerra con le autobombe, la mafia abbia chiesto consulenza tecnica agli artificieri dell'Oas, reduci dalla guerriglia algerina.
A Ciaculli, oltre al mandarino, anche la verità è tardiva. E rischia di far la stessa fine della Conca d'Oro: sepolta sotto il cemento.
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