Non lo sapevo, lo ammetto. Ignoravo che dal 2005 esiste un'Associazione dei Comuni Virtuosi (Acv). Per iscriversi occorre rispettare determinati parametri sulla gestione del territorio, sul rispetto dell'ambiente, sulla riduzione dell'inquinamento, sul funzionamento corretto della macchina amministrativa e burocratica. Ecologia e buona amministrazione, in pratica. In uno stato con oltre ottomila comuni, solo 53 sono virtuosi. Lo 0,65% del totale, decimale più, decimale meno. E i comuni siciliani hanno una rappresentanza più che esigua: uno. Un solo comune su 390, tremila abitanti: Aci Bonaccorsi, una delle tante "Aci" in provincia di Catania. Dove addirittura il cimitero sarà ecosostenibile. Solo uno, dunque: evidentemente le amministrazioni e gli enti locali siciliani stanno peggio degli altri. Oltre alla burocrazia e alla scarsa programmazione, metteteci pure il clientelismo e i favoritismi. Altro che virtù.
Quello che colpisce nel modello Acv è che l'Anci, l'associazione nazionale dei comuni, non abbia mai pensato di inserire nel suo statuto i parametri di funzionalità e responsabilità dei comuni "buoni". E forse la chiave di lettura principale sta proprio nella responsabilità. Il fatto è che non sono previste sanzioni ai sindaci che hanno gestito male i loro enti. Cioè ci sono comuni falliti e andati in dissesto, soprattutto al sud e in Sicilia, ma i sindaci hanno continuato a governare e fare politica. Virtuosi della poltrona.
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