Ammettere che l'Italia sia diventata ormai terra di approdo per l'immigrazione sembra difficile per molti connazionali (non solo quelli che dicono di appartenere a un altro fantomatico popolo). La retorica in fondo è sempre quella della Grande Proletaria, della nazione povera i cui figli vanno a ripopolare il mondo, terra di emigrati, di lavoratori in uscita e non in entrata. Terra di emigrazione, non di immigrazione.
Sappiamo invece che i tempi sono cambiati, rispetto a quando i cognomi italiani andavano a riempire gli elenchi e gli almanacchi degli altri continenti, dall'Europa alle Americhe passando per l'Australia. Ora sono i cognomi non italiani a segnare la svolta demografica del nostro Paese. La polemica scaturita dal richiamo del Presidente della Repubblica Napolitano sulla
cittadinanza ai figli degli immigrati ha reso ancora più attuale
questo discorso.
Questo però non vuol dire che non ci sia tanta Italia, e con essa tanta, tantissima Sicilia, in giro per il mondo. Lasciando perdere le fughe dei cervelli, l'emigrazione di lusso. Il mondo è pieno di italiani, o meglio di discendenti di italiani.
Avrei dovuto scrivere questo post già alcuni giorni fa, ma aspettavo di ricevere una foto. Una foto che doveva mandarmi proprio un italiano all'estero. Mio cugino che attualmente si trova in Argentina. Ho ricevuto oggi quella foto.
Angelo, mio cugino, me ne aveva parlato qualche settimana fa. A Santa Fe ha visto il volantino di una messa in siciliano.
Una messa in siciliano, in Argentina. Non credo che si siano mai dette messe in dialetto neanche nel più isolato e tradizionalista paesino siciliano, e invece in Sudamerica... La messa, la prima di questo genere, è stata celebrata il 12 novembre a Rosario. Da un prete siciliano, di Sant'Agata di Militello (ME).
Rosario. Nome che evoca molta Sicilia. Se non altro perché è uno dei nomi maschili più diffusi nell'Isola! Ma Rosario e la Sicilia hanno decisamente un legame profondo. Penso ai parenti di mio padre che, prima di trasferirsi in Venezuela, erano passati proprio da qui. E ancora adesso sull'elenco telefonico di Rosario compaiono tre utenti che si chiamano Caccamo. Chissà se è solo un caso?
Ho spesso detto, più o meno scherzando, che l'Argentina è fatta di italiani e tedeschi. Non credo di sbagliarmi troppo. E tra gli italiani abbondano davvero i siciliani. Gente che magari non ha mai visitato l'Italia e la Sicilia ma continua a mantenere un legame genuino, sincero e incredibilmente emotivo con la loro terra d'origine. Ma questi sono soprattutto i figli di quella storica emigrazione. I nipoti, a dire il vero, sono molto più indifferenti. Le nuove generazioni hanno altri interessi.
Non so quanti siano i siciliani, di seconda o terza generazione in Argentina, ma sono sicuramente tanti. Sono infatti molte le associazioni di miei conterranei in quel Paese. Riunite insieme nella
Fesisur (
Federación de Entidades Sicilianas de Buenos Aires y Sur de la República Argentina) sono almeno una cinquantina. Molte portano il nome di paesini e cittadine della Trinacria, alcune sono dedicate a illustri siciliani. Una, semplicemente, alla "Sicilia Bedda". Una addirittura all'attore - vivente - Gilberto Idonea. Gli stessi nomi e cognomi dei presidenti di queste associazioni raccontano la storia, anzi le storie, della Sicilia: provenienti da ogni angolo, anche il più nascosto, dell'Isola, segno di una presenza capillare. E non è un caso che molte si chiamino "famiglie", perché il legame non è a livello di diplomazie. Si tratta semplicemente di affetti.
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