L'altroieri tutto il paese di Corleone si è stretto al dolore di una famiglia e i negozi hanno chiuso per lutto, in segno di rispetto. Niente di strano, a dire il vero, nemmeno se il defunto si chiamava Simone Provenzano. Fratello di Binnu-Bernardo. Un emigrante di ritorno, una vita in Germania e una serena vecchiaia nel paese natale. Non aveva nulla a che fare con gli "affari" dell'illustre parente, ma è anche vero che la polizia capì che Binnu era a Corleone dopo aver sentito Simone al telefono riferirsi a "iddu", a lui. Ecco, a Corleone hanno abbassato le saracinesche e tutto il paese in corteo dietro il feretro, vigili urbani compresi.
Qualcuno al contrario si lamenta e si preoccupa. «A Corleone certa gente non perde il vizio di ossequiare i boss e i loro parenti», dice il sindacalista Dino Paternostro.
A Palermo, invece, qualcuno sta cominciando a perdere un altro vizio. Quello di pagare il pizzo. Tutto è partito dai pizzini decifrati dei Lo Piccolo, ma soprattutto dalla denuncia dei commercianti vittime del racket. La vittoria della società civile, della polizia, della magistratura, è anche la vittoria di Addiopizzo, fondamentale nel supporto alle indagini che hanno portato a 63 arresti tra le principali famiglie mafiose della città.
A Palermo i negozi possono riaprire, possono respirare, l'aria sembra cambiare sul serio. Si rialzano le saracinesche dopo le "chiusure per lutto". E qui non c'entra davvero nulla la scaramanzia.
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